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Pensare il Futuro

CAMBIARE LE COSTITUZIONI

MARIO AGOSTINELLI - 06/11/2015

Il premier giapponese Shinzo Abe

Il premier giapponese Shinzo Abe

Sono tempi in cui le Costituzioni nate dopo la tragedia della seconda guerra mondiale e dopo la sconfitta del nazifascismo vivono di attacchi e di difficoltà che toccano al cuore la loro natura: costituzioni che ripudiano la guerra e che si fondano su governi parlamentari. Sono questi i punti sotto tiro anche nel nostro Paese e sotto pressione anche culturale nel pianeta della globalizzazione con meno diritti e più armi. Riporto qui di seguito una testimonianza di un’amica giapponese residente in Italia, turbata dall’approvazione da parte del governo Abe (sempre più presidenzialista) di una modifica costituzionale che consente all’esercito giapponese di intervenire con missioni di guerra all’estero.

“Così a caldo, dopo l’approvazione del pacchetto sulla sicurezza che attenta al carattere pacifista della nostra Costituzione giapponese, mi sento solo di dire due cose che credo siano importanti.

1) A dire il vero, almeno da 14 mesi mi ero psicologicamente preparata al peggio e mi immaginavo profondamente disperata e delusa per questo “lutto”. Invece, è successo, stranamente, un esatto contrario: oggi, ho più speranza e fiducia nella democrazia e nella società giapponese di quanto ne avessi 14 mesi fa. Perché?

Per due motivi.

Il primo: i metodi cosi meschini (inganni, minacce e una spudorata mancanza di rispetto alle regole) adottati dal governo e i dibattiti parlamentari negli ultimi mesi (da cui Abe & co escono veramente miseri smascherati dalla loro falsità e ignoranza) dimostrano chiaramente da che parte stia la ragione. In altre parole, senza ricorrere a questi mezzi e ragionamenti autoritari, non ci sarebbero riusciti. Questo sembra molto più chiaro oggi a tanti cittadini e anche ai parlamentari rispetto a diversi mesi fa.

È stato quindi utile, direi quasi salutare, per la nostra democrazia.

Poi, credo che le cose intrinsecamente contro natura – come questo attentato alla Costituzione – non durino a lungo.

Il secondo motivo: mi sono resa conto solo negli ultimi due anni quanto io sia profondamente legata alla Costituzione giapponese, non credo di esagerare nel dire di averla “in ogni cellula del mio essere”. E mi sembra di capire che il mio caso non sia cosi isolato. Come succede sempre, quando sei davanti al rischio di perdere qualcosa ti rendi conto di quanto essa sia importante per te.

E ho l’impressione che attraverso le ultime esperienze non sia solo il nostro amore per la Carta a uscire rafforzato ma anche la nostra consapevolezza, la nostra coscienza della democrazia. Molti, soprattutto giovani, hanno capito che la democrazia è una cosa tosta, molto impegnativa ma molto preziosa, probabilmente più di quanto avevano sperimentato le generazioni precedenti. I movimenti popolari in passato erano più o meno organizzati e la maggioranza si muoveva seguendo l’ordine di qualcuno o ripetendo gli slogan pensati da qualcuno, mentre oggi, i giovani si esprimono ognuno con le sue parole, si sforzano a pensare con la propria testa. Ho notato questa attitudine anche in una parte dei parlamentari dell’opposizione.

Sento perciò che oggi è il primo giorno di vita del nuovo germe della democrazia, questa volta veramente nostra, non più regalata, ma conquistata con le nostre mani.

2) Un’altra cosa che volevo dire riguarda specificamente noi giapponesi residenti all’estero. Si tratta del serio rischio a cui la nuova posizione del Giappone (anche se tutto resta ancora da vedere se non venga annullata dalla Giustizia) ci espone, soprattutto nei paesi “instabili” come l’Afghanistan, l’Iraq ecc. dove ci sono i miei connazionali che (con o senza un’ONG) lavorano da anni per il bene della popolazione locale. La nostra cittadinanza era per noi una grande garanzia, cioè, come paese neutrale, “disarmato” godere della fiducia di tutti.

Invece, da domani le cose cambieranno. Perciò credo (e non sono l’unica) che abbiamo doppiamente il diritto di indignarci e di ripudiare il governo Abe, a prescindere dalle nostre opinioni politiche”.

Credo che queste riflessioni tocchino un po’ anche noi.

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