Chi sarà il nuovo sindaco di Varese? Gli organi di informazione locale hanno dato numerosissime indicazioni. Nessuna mi ha convinto con forza anche perché ho dei dubbi che, con la sola indicazione del nome ovvero del curriculum vitae, possa essere fatta una scelta convincente.
Sono stati, infatti, elencati liberi professionisti, professori universitari, politici navigati e non. Penso, però, che il nuovo sindaco possa essere scelto all’interno della categoria del terzo settore, che è molto forte nella nostra città. Una persona che conosce i problemi di Varese, saggio, esperto nel gioco di squadra e capace di farsi sentire come un allenatore e di individuare progetti vincenti. Un uomo che sappia guardare lontano (molto al di fuori dei limiti amministrativi della città) capace di scelte in grado di far letteralmente volare Varese. Un uomo o una donna, che sia un organizzatore e che sappia pure ideare ascoltando anche chi sia opposto alla sua fazione.
Non ho usato dei termini a caso ma dietro ognuno di questi si nasconde qualcosa.
Per allenatore, intendo colui che sappia non solo farsi sentire, ma anche ascoltare e al contempo motivare; ipotizzare la strategia; guardare a quello che viene fatto altrove e fare i conti. Il nuovo sindaco non dovrà fermarsi alle condizioni attuali della città, limitandosi a fare il marciapiede o ad asfaltare le strade, ma dovrà saper innovarla rischiando con oculatezza e valorizzando le numerosissime attrattività del territorio facendole fruttare.
Dovrà certo guardare al suo orto, traendo dallo stesso forza e consapevolezza, ma anche altrove, per farlo fiorire al meglio. Dovrà così – riporto Isaiah Berlin – avere un occhio per la lezione di Giovanni Battista Vico, (ogni società, per lui, ha una visione propria della realtà, del mondo in cui vive, di se stessa e dei suoi rapporti col proprio passato, con la natura, col domani) ampliata da quella di Herder, spinta oltre e più in grande (una concezione per la quale sono molti e differenti i fini cui gli uomini possono aspirare cercando il vero, restando pienamente razionali, pienamente uomini, capaci di comprendersi tra loro, di solidarizzare, di attingere luce l’un l’altro, così come noi ne attingiamo dalla lettura di Platone o da quella dei romanzi del Giappone medioevale, mondi, mentalità così distanti da noi).
Al contempo, il nuovo sindaco dovrà saper anche guardare anche a Machiavelli. Non a quello più ovvio che ha scritto sul modo di conquistare e conservare il potere politico o sulla forza o l’astuzia che i governanti devono usare. Ma a quello che ha discettato sulle principali qualità che devono possedere i governanti perché i loro Stati prosperino. Credeva infatti che occorresse una classe dirigente di uomini coraggiosi capaci, intelligenti, dotati, capaci di cogliere le occasioni e usarle.
Il nuovo sindaco dovrà guardare non solo al palazzo di potere, ma anche alla crescita dei cittadini e a far sì che questi siano sufficientemente protetti dalla natura sempre più abusata, educati con spazi sufficientemente ampi per poter partecipare con possibilità di consiglio alla gestione della cosa pubblica.
Non ci dovranno più essere decisioni discusse e prese solo all’interno del palazzo comunale.
Sarà un processo lungo e complesso da realizzarsi, ma è un passo fondamentale da compiere. I cittadini debbono essere riavvicinati alla politica e le deliberazioni politiche non dovranno essere più il frutto di decisioni distanti e alle quali non sia stato possibile partecipare.
La legge se bene interpretata (basterebbe solo attuare, nella sua interezza, la Convenzione di Aarhus come è applicata in Italia) fornisce gli spazi perché questo riavvicinamento possa essere possibile. Un assessore regionale come è stato il professore Leonardo Salvemini ha dimostrato, nel suo breve mandato, come la legge, se applicata in tutto il suo potenziale, sia in grado di garantire spazi a un’ampia partecipazione popolare alla vita politica.
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