Purtroppo il tempo scorre veloce e la nostra storia si dissolve se non ne curiamo per tempo le testimonianze. Un luogo prezioso, anche abitato fino a pochi decenni fa, si avvia alla difficilmente rimediabile condizione di rudere.
Riprendo in considerazione lo stato dell’impegno varesino per il Castello di Belforte che, con decreto ministeriale dell’agosto 1970, veniva dichiarato “di interesse particolarmente importante” e quindi sottoposto a tutte le leggi di tutela e in particolare alla legge 01/06/39 n. 1089.
Eravamo arrivati con un impegno consolidato ed esteso al convegno dell’11 aprile scorso, durante il quale gli interventi di studiosi come Alfredo Lucioni, Daniele Cassinelli dell’Assessorato comunale alla Cultura, della restauratrice Valeria Villa che illustrava nuovi eccezionali reperti pittorici, di Carlo Massironi della Fondazione Comunitaria del Varesotto che proponeva ipotesi di finanziamento della spesa necessaria per un organico intervento, di Carlo Mazza presidente di Italia Nostra, di Marco Tamborini dell’Istituto italiano dei Castelli, del sottoscritto che con Paola Fedeli presentava la condizione e le ipotesi di intervento: ma purtroppo tutto procede con una preoccupante lentezza.
Ancora non sono state acquisite alla proprietà pubblica parti minori del complesso trascurate dalle proprietà residue per le quali il Comune non ha affrontato con la necessaria determinazione possibili richieste di rinuncia alla disponibilità attuale priva di cura, in condizione di pericolo pubblico per crolli con evidenza previsti.
Durante il convegno si è avanzata, in assenza di disponibilità privata, l’ipotesi di urgente esproprio, di emissione di ordinanze comunali di messa in sicurezza. Ogni giorno incombe su viale Belforte la possibilità di caduta di parti rilevanti dell’edificio soprastante, uno dei più antichi del complesso. La stessa cosa può avvenire per le parti più interne.
Il progetto presentato di tutela dell’esistente prevedeva una urgente presentazione alla Soprintendenza di un progetto organico di conservazione con la proposta di istituzione di un Parco archeologico che valorizzerebbe, con l’accessibilità interna all’edificio del ‘600 e l’area circostante organizzata a verde pubblico, questa parte della città.
Ma vi è anche la necessità urgente di interventi conservativi che proteggano le strutture murarie delle parti che hanno perduto la copertura e rendano accessibili anche le aree esterne piantumate convenientemente. Ciò richiede la realizzazione di tratti di copertura che riprendano i profili preesistenti e proteggano le murature. Senza escludere la necessità di reintegrazione parziale muraria. Arturo Bortoluzzi di Amici della Terra lamentava il ritardo con cui l’Amministrazione pubblica procede.
Il convegno, coordinato al mattino dal prof. Giuseppe Armocida della Società Storica Varesina e al pomeriggio dalla dottoressa Monica Abbiati della Regione, evidenziava quindi i valori di una storia eccezionale e l’urgenza di operare per la sua residuale ma preziosa conservazione. Il convegno aveva sottolineato anche la rilevanza ambientale e paesistica del luogo da valorizzare liberandolo dalla foresta di rovi esistente. Creando con gli interventi necessari e la cura degli spazi esterni, finalmente, un luogo che rispetta la nostra storia, la ricchezza che il passato ci trasmette di avvenimenti, di persone che qui hanno vissuto.
Il Sacro Romano Impero che Federico Barbarossa difende contro la borghesia milanese che cerca la sua affermazione libera, che porta alla distruzione di Milano nel 1162, dovrà accettare la sua rivincita dopo la battaglia di Legnano del 1176.
Belforte è qui, lungo il percorso strategico del fiume Olona che dal fiume Po avviava verso il passo alpino del Lucomagno, con una permanente presenza militare. Qui convergono i feudatari della Val Camonica e del Monferrato fedeli all’imperatore il 4 e 5 ottobre 1164 per ricevere attestati di benemerenza intercedente et postulante Karissima consorte nostra Beatrice Romanorum imperatrice augusta.
Qui è la presenza permanente della famiglia Biumi che riscuote la fiducia dell’imperatore e che manterrà per secoli la sua disponibilità distinta da una Varese che ha riferimenti diversi, arcivescovili. Qui la famiglia Biumi avvierà agli inizi del ‘600 la costruzione di un palazzo ambizioso, senza eguali nell’area varesina, la cui costruzione verrà interrotta forse a causa dell’epidemia di peste degli anni ’20 del Seicento.
Forse per progetto dell’architetto Richino affermato in Milano, o forse ad opera del nostro Bernascone, autore negli stessi anni della Via Sacra verso Santa Maria del Monte.
Il nostro monumento ha ormai, rispetto ad altre presenze monumentali nell’area varesina, una sua condizione estremamente precaria, che negli ultimi vent’anni è precipitata rapidamente. Contro l’ingiuria del tempo e della lentezza di avanzamento della procedura richiesta, sta la forza della nostra volontà di conservazione e valorizzazione della storia.
Che non si arrende.
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