Di aria fresca, caro Galimberti – mi riferisco a un suo intervento su RMFonline –, ne ho sentita tanta, io la stimo molto ma come lei sa, sono state molte le arie fritte degli ultimi vent’anni, da Piazza Repubblica, alla Città Giardino che tutti i migliori partiti vorrebbero ancora coperta di cemento (si veda l’ultimo PGT).
Certo riconosco che le primarie sono una cosa positiva, ma avrei preferito che le stesse cose le avesse scritte il “rottamato” Marantelli, persona che stimo e che ammiro per la sua apertura al mondo della società civile cui appartengo. Ma non è di Marantelli che voglio parlare, né di Daniele Zanzi, la cui determinazione sui parcheggi della Prima Cappella mi ha positivamente impressionato, e di altri candidati alla carica di sindaco. Ma delle scelte future su questa città perché solo così si possono avere le idee più chiare.
Perché le cose possibili si rincorrono da decenni, urlate da ogni lato e mai effettuate. Ben venga Galimberti (ma attenzione alla vicenda Marino… mio povero collega fatto fuori dagli “odiatori”), ben venga chiunque e di qualsiasi parte politica ma che sia in grado di dare una svolta alla vita di questa città, che non manca di attrattive turistiche, ma sta in coda alle città smart d’Italia, perché sporca, vecchia, decrepita.
Io credo invece che linfa vitale ce ne sia, bisogna saperla individuare, basta uscire la sera dei fine settimana per capire che non tutti i giovani si ubriacano e fumano spinelli (si veda proprio un recente articolo scritto da diciottenni sul quotidiano la Provincia) e si possono fare crescere intorno ai nostri laghi piante ancora preziose e non solo giardini di cemento e aree verdi riempite di case inutili. E non sedano o salvia o foglie di plastica ma prati veri con dentro querce maestose.
La politica del “ventennio leghista” ha deluso, e non per colpa dei singoli come Attilio Fontana, uno dei pochi avvocati di “partito” che con Bobo Maroni ho sempre stimato anche in momenti di visioni contrapposte e di costruttivi dibattiti politici.
Alla mia età con tutto quello che ho visto, adoro ormai l’intelligenza delle persone e non l’appartenenza politica. Certo su una cosa sono d’accordo con Galimberti, che Varese non debba diventare una città per vecchi, questo sarebbe deleterio per le nuove generazioni che nonostante tutto hanno resistito alla “chimera” esterofila (mio figlio incluso) e sono rimaste a difendere la città che tutti dicono di amare ma poi nessuno resta alla sua guardia.
Eh sì perché dare contro al territorio e chi ne fa parte è un po’ controproduttivo (come fa il bravo Saviano) ma poi bisogna fare i conti con le reali possibilità nonché con le risorse economiche.
Alle ultime elezioni sono stato contattato da esponenti di un partito per candidarmi come uomo della società civile alla carica di sindaco e se non ho accettato non è stato per spocchia o altro, anzi devo dire che la proposta mi ha lusingato molto, ma ho risposto che in politica gli uomini migliori hanno sempre la peggio… E per me stesso e per ciò che rappresento nell’ambito professionale, ma soprattutto per l’enorme “sbilanciamento” verso i vecchi sistemi non me la sono sentita e ho gentilmente declinato. Ora che spira un vento nuovo anche su Varese (primarie del centrosinistra a dicembre) mi metto a disposizione (non come sindaco) come cittadino che ha a cuore le sorti di questa città ma soprattutto la difesa della cultura del territorio e dell’ambiente. In primis contro le speculazioni edilizie che hanno portato a un censimento disastroso con più di diecimila da qui a Busto Arsizio, tra appartamenti invenduti, sfitti, vuoti, case, condomini, capannoni, inabitati dove vivrebbe una città di altre centocinquantamila persone, che possiamo utilizzare per chi ne ha bisogno di ogni ceto sociale, colore e razza.
Un fantasma demografico a scapito di un verde spremuto e cementificato fino all’inverosimile. E la provincia non ride certo, pensiamo a come è diventata la sua periferia, Gallarate per esempio… Spero davvero che l’assessorato all’Urbanistica venga soppresso e sostituito con quello della ristrutturazione e della bellezza, per la pulizia e la conservazione di quel poco “Giardino” rimasto nella “Città”. Per fare questo bisogna dare nuovi poteri agli amministratori, si devono confiscare aree dismesse (guardate le mal frequentazioni e il degrado dell’area abbandonata di via Carcano…) e farne parchi, parcheggi, giardini, scuole, verde pubblico.
Di case non ce n’è più bisogno per i prossimi vent’anni!
Il potere del sindaco e di un consiglio comunale deve essere anche questo, non si possono lasciare carcasse e capannoni simbolo di una insulsa quanto folle “corsa all’oro” che la crisi economica ha polverizzato e destituito a futura memoria. Da anni ci troviamo infatti davanti ai cadaveri di aree un tempo orgoglio del nostro periodo industriale e oggi salme di calcestruzzo marcio, detriti e sporcizia e non parlo solo di via Carcano o della caserma Garibaldi o dell’ex Malerba. Il degrado chiama degrado, soprattutto sociale e culturale, quindi questo simbolo di contumelie urbane e civili deve essere rase al suolo e restituite alla terra, unica vera madre delle nostre vite.
E non è una vittoria neanche fare sorgere come funghi i supermercati che se da una parte hanno tolto i “bottegai” dall’altra sono l’inno al consumismo autofagico e distruttivo. Colpisce più un prato verde pulito e ben curato in centro città che non un Ipermercato o un ennesimo e orribile palazzo.
Ora nutro davvero la speranza che il vento in poppa sia quello giusto, ma perché questo accada dobbiamo invertire anche la distribuzione dei quattrini, pubblici, in primis la cultura, l’istruzione, e il sociale, e in ultimo a quello che oggi occupa i primi posti! Dobbiamo farlo, altrimenti saremo noi i veri responsabili dell’incuria e non i giovinastri, noi cittadini che abbiamo paura a uscire dalle case consegnando la città ai delinquenti, votando gli interessi di partito e non un progetto di riqualificazione “mentale”della città, che deve essere innovativo, ecologico, sostenibile.
Se le piazze fossero costantemente “occupate” da persone oneste e normali,dalle madri coi loro figli, dai pensionati (Piazza Monte Grappa o Podestà per esempio) piuttosto che da quelli del malaffare e dal cicaleccio alcolico, dei perditempo (Piazza Repubblica) questi ultimi sarebbero costretti a traslocare, o lasciati al proprio destino perché non è con le ruspe o coi muri che si difende un territorio, ma con gli spazi aperti dove si possono vedere a vista i nascondigli urbani in cui si annidano e si “formano” i “ladinos”, i teppisti e sfrontati che fanno del bullismo intimidatorio la propria fragile arma vincente.
Caro futuro sindaco, è dalle scuole che bisogna iniziare, luogo imprescindibile di riscatto urbano e civile, perché solo da lì può partire una nuova cultura, dall’insegnamento dell’educazione civica e sociale, della poesia e della bellezza, questo è il presidio irrinunciabile di una nuova rivoluzione per una società più equa e più giusta.
Non solo parole, perché non so quante volte l’ho scritto, ma la mia scuola Augusto Righi di via Rainoldi ha lo stesso intonaco esterno degli anni ’60… Così non si va da nessuna parte. La speculazione edilizia sarà tollerata solo se saranno le scuole di ogni ordine e grado a beneficiarne e nuovi spazi per giovani (lo skatepark) e anziani (campi di bocce) o biblioteche (digitali). E quando vedrò ancora una scuola, scusate se insisto fino alla nausea su questo vocabolo, come la vecchia Silvio Pellico (in via Sacco) essere abbattuta per lasciare posto a un giardino e a una palazzina della Cultura, allora dirò davvero un’altra volta che Varese è cambiata ed è iniziata un’altra era.
Non prima.
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