ZAINO: sostantivo maschile [dal longobardo zaina «canestro»]. – Originariamente, piccolo sacco di pelle di capra o di pecora, con la parte vellosa all’esterno, in genere munito di spallacci e di tasche, che i pastori usavano per riporvi e portare con sé cibi, vestiario eccetera.
“A scuola senza zaino” è un progetto del Ministero dell’istruzione a cui hanno aderito in tutta Italia 14.000 alunni, bambini e ragazzi della primaria a della media.
Ci siamo! Forse sono finiti i tempi delle diatribe senza soluzione tra detrattori e sostenitori dello zaino. In passato fior di pediatri si sono schierati a supporto dei genitori angosciati per l’eccesso di chilogrammi caricati sulle spalle dei piccoli studenti: la somma dei quaderni di italiano, storia, geografia, studi sociali, matematica e geometria, religione, arte, musica, inglese e informatica con i relativi libri e le annesse suppellettili cresce di anno in anno con il passaggio da una classe ad un’altra.
Comunque fino ad oggi avevano vinto (si fa per dire) gli insegnanti: libri e quaderni di ogni disciplina sono indispensabili in classe e quindi devono essere sempre reperibili sul banco scolastico. Con le conseguenti lamentele dei genitori per il peso da caricare sui figli ogni santo giorno.
Sul tema non ci siamo risparmiati dibattiti, lettere infuocate ai giornali, sedute straordinarie dei Consigli di Istituto. Oltre alle petizioni alle case editrici scolastiche perché riducessero la quantità di pagine nei libri. Certo che, a vedere lo spessore dei volumi, viene più di un dubbio sulla reale necessità di infilare così tanto sapere nello zaino dei giovani studenti.
Ma oggi si apre una nuova prospettiva: ci si può recare a scuola senza zaino. Sempre che l’istituto aderisca all’iniziativa nazionale e si impegni a strutturare le attività didattiche in modo diverso.
Al posto dei famigerati zaini gli allievi portano con sé una cartelletta che contiene il minimo necessario per i compiti a casa mentre libri di testo e pennarelli restano in classe, in un unico spazio condiviso, messi in comune per il lavoro collettivo. Il clima di collaborazione, a detta del Ministero, faciliterebbe la socializzazione di bambini e ragazzi, riducendo allo stesso tempo la spesa delle famiglie per i materiali.
Anche se non mi è chiaro questo concetto di risparmio (quello dello zaino, forse ma quello dei pennarelli?), scopro che per questa sperimentazione sono già scese in campo due fazioni.
Esperto A, pediatra: favorevole. Esperto B, psicoterapeuta dell’età evolutiva: contrario.
Il sondaggio tra le famiglie, commissionato da un diffuso settimanale femminile, ha dato i seguenti esiti: 41% favorevoli, per motivazioni varie tra cui il risparmio, l’aumento della socializzazione, la condivisione del materiale didattico; 59% contrario perché “ognuno impara da sé a rispondere delle proprie cose”, perché “con la scelta dello zaino il bambino esprime i propri gusti”, perché “preparare lo zaino giorno per giorno abitua ad organizzare il proprio tempo”.
Certa che il mio parere non sposterà l’ago dei sondaggi di qua o di là, credo che cartella, o zaino, o cartelletta sottile, così come un mini tablet (per le scuole più ricche) contenente programmi, materiali di studio, compiti e quanto altro serva a scuola, sono falsi problemi.
A parte la notizia che finora nessun bambino – leggo su un testo qualificato – ha sviluppato disturbi alla colonna vertebrale a causa del peso di uno zaino senza averne la predisposizione, non sarebbe più utile mettere la scuola al centro del dibattito per discutere di educazione, di istruzione e di formazione? Scontrarsi, se serve, sui metodi e sugli strumenti per potenziare la lettura, dividersi sulle idee per appassionare alla matematica un numero maggior e di studenti, sul supporto da fornire ai diversamente abili, o sulle tecniche per insegnare presto e bene la nostra lingua ai bambini stranieri. E tutto questo senza ricorrere in ogni momento, per le piccole questioni pratiche, al sacro parere di esperti ben pagati per fornire consigli superflui.
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