Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Cultura

IL ROMANZIERE DIMENTICATO

SERGIO REDAELLI - 16/10/2015

Salvator Gotta in una foto autografa

Salvator Gotta in una foto autografa

Trentacinque anni fa moriva a Rapallo Salvator Gotta (1887-1980), scrittore di storia per i ragazzi, un romanziere finito nel dimenticatoio più per ragioni politiche che letterarie. Convinto monarchico e stimato dal duce, Gotta fu marchiato dall’aver scritto il testo dell’inno fascista “Giovinezza”, anche se non aderì alla Repubblica Sociale Italiana e ciò gli costò la proibizione di far circolare i suoi libri. Non sono valsi a “riabilitarlo” gli oltre settanta volumi con i quali sono cresciute generazioni di ragazzi e non solo: come Ottocento, affresco del Risorgimento Italiano affollato di migliaia di personaggi, Piccolo alpino e la trilogia patriottica Gloria sui campi, Camicie rosse e Italia 1861.

I suoi romanzi vendettero oltre un milione di copie e furono tradotti in una decina di lingue. Nel 1959, per i cento anni della seconda guerra d’indipendenza, la RAI incollò davanti al televisore migliaia d’italiani per cinque puntate con lo sceneggiato di Anton Giulio Majano tratto da Ottocento con un cast di rilievo (Sergio Fantoni, Mario Feliciani, Lea Padovani e una giovanissima Virna Lisi). Fu forse l’apice del suo successo. Gotta era nato a Montalto Dora, nei pressi di Ivrea, studiò legge a Torino e ammirava Antonio Fogazzaro, Guido Gozzano e Giuseppe Giacosa, drammaturgo e librettista di Puccini, cui dedicò il libro autobiografico Tre maestri.

Allo scoppio del primo conflitto mondiale, si arruolò volontario nella Croce Rossa, guadagnò il grado di tenente d’artiglieria e una medaglia d’argento al valore. Dal 1920 si dedicò alla letteratura, promettendo all’editore di produrre un romanzo l’anno; con l’avvento del fascismo, entrò nella SIAE partecipando ai lavori della commissione che preparò la nuova legge sul diritto d’autore. L’anno successivo pubblicò il primo romanzo per la gioventù, Piccolo alpino. Intanto collaborava con il Corriere della Sera. Nel 1933 si trasferì da Ivrea a Milano e vi rimase fino al 1943 quando, per sfuggire ai bombardamenti alleati, si stabilì a Portofino.

Così egli spiega la sua fortunata tecnica di “scrittura per i giovani” presentando Gloria sui campi, nel 1959: “Questo libro è fatto per illustrare ai ragazzi d’Italia in modo piacevole quegli avvenimenti che determinarono le lotte per la liberazione e l’unità della nostra patria. Tutto quanto vi si narra trova la sua precisa documentazione negli archivi di Stato, nei libri di storia e nelle testimonianze di coloro che ai fatti storici del 1859 parteciparono. Ma affinché il racconto non riuscisse arido, ho introdotto accanto ai personaggi storici dei personaggi di fantasia, accanto agli avvenimenti reali degli avvenimenti romanzati in modo che questi facessero rivivere quelli”.

Nella dedica del suo capolavoro, Ottocento (Mondadori, 1949), precisa: “Pure avendo voluto scrivere un romanzo – ossia un’opera di divulgazione per tutti – mi sono discostato il meno possibile dalla verità storica. Né ciò mi fu difficile, ché abbondantissima è la letteratura intorno agli avvenimenti che prepararono la nostra guerra del 1859. Il carteggio Cavour-Nigra, pubblicato dalla Commissione Reale, dà modo, a chi voglia, di seguire giorno per giorno l’azione diplomatica e politica del mio eroe”. Romanzo storico, dunque, e non storia romanzata: “E’ arricchimento del sapere – chiosa l’autore – e insieme piacevolezza di racconto avventuroso”.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login