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Società

IL PRESEPE E LA RUSPA

don ERNESTO MANDELLI - 16/10/2015

ruspaIn un piccolo paese delle valli lombarde Antonio frequentava la 5° elementare. Si avvicinava il Natale e in paese c’era molta attesa e grande fermento. Con altri ragazzi era andato nei boschi a raccogliere il muschio per il presepio della Chiesa e anche per quello di casa sua. Quell’anno però a scuola c’era una sorpresa, non si sarebbe fatto il presepio. Il maestro,venuto da lontano, non riteneva opportuno un simbolo religioso così importante nella scuola statale. Parlava di laicità, di neutralità, di rispetto per le altre religioni.

A casa quando Antonio riferì la novità, la nonna, di sentimenti religiosi molto forti, era rimasta scandalizzata. Ma suo padre, che lavorava in una fabbrica a fondo valle, insieme ad operai venuti da varie parti del mondo, non osava criticare la scelta del maestro. Antonio rimaneva alquanto confuso e non riusciva a capire chi avesse ragione.

Un giorno, poco prima di Natale, a scuola si presentò un gruppo di persone venute dalla città. Il loro atteggiamento appariva molto determinato e il tono anche imperioso quando parlavano con il maestro. Uno di loro portava un presepio, che presentò al maestro dicendo: “Il presepio fa parte delle nostre tradizioni, lei non ha diritto di cambiarle”. Il maestro dovette accettare quel regalo non voluto. Antonio, pur contento che nella sua scuola si fosse, come negli altri anni, il presepio, era rimasto comunque scosso dall’atteggiamento di quelle persone venute da fuori, che avevano avuto il potere di far recedere il maestro da quella scelta che aveva suscitato molto scalpore.

Venuta l’estate il padre portò Antonio a visitare la grande città, come da tempo aveva promesso. Antonio rimaneva stupito nel vedere quelle lunghe e interminabili vie, affiancate da enormi palazzi, che non finivano mai. Entrati nella piazza principale si fermò incantato quando vide una chiesa altissima, ricca di tanti slanciati campanili. Suo padre spiegò: questa meraviglia si chiama il Duomo. Nel pomeriggio, suo padre, senza nulla anticipare, lo portò in una lunga strada sterrata nella periferia della città.

Ai margini una serie di numerose roulottes e di baracche di legno. Lo scenario era impressionante: precarietà, disordine, povertà. Dal prato adiacente proveniva un gran vociare di ragazzi che giocavano al pallone. Un tiro sbagliato buttò la palla proprio dove si trovava Antonio, che la raccolse e la portò ai giocatori. Uno di loro lo prese per mano dicendogli: “Gioca con noi, nella mia squadra ne manca uno”. Antonio corse tanto e si divertì per quella occasione imprevista e fortunata.

A un certo punto si udirono forti grida: un folto gruppo di persone si stava avvicinando con aria minacciosa, sorreggevano cartelli con delle scritte: “Via dalla nostra terra” “Andate al vostro paese” “Non rompete i…(impronunciabile)”. Su un cartello era disegnata una grande ruspa con la scritta “vi spazzeremo via”. Antonio tra quelle persone riconobbe alcuni di quelli che al paese avevano portato il presepio. I ragazzi fuggirono verso le loro baracche. Un cordone di polizia teneva a distanza quel corteo minaccioso. In fretta il padre portò Antonio lontano da quel luogo diventato pericoloso.

Sulla strada del ritorno Antonio riempì di domande suo padre. Una cosa soprattutto non riusciva a capire, come era possibile conciliare quella ruspa minacciosa con il presepio. Sulla capanna del Bambino stava scritto: “Pace in terra agli uomini di buona volontà”. Il commento di suo padre fu molto severo: “L’ipocrisia è dura a morire”.

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