A Varese la vera sfida consiste nel poter mettere la parola fine alla lunga stagione a trazione leghista durata oltre un ventennio. Per vincere non basta però confidare sulla delusione esistente tra gli elettori di centrodestra per l’inconcludenza e i danni prodotti da coloro che per troppo tempo hanno governato e sgovernato Varese. La Lega e i suoi alleati, di prima e di adesso, ci consegnano una Varese declinante, arroccata su stessa e alle prese con mille problemi, una città incerta, impaurita e preoccupata del proprio futuro, sfiduciata e fortemente critica verso i partiti e le istituzioni.
Per vincere la sfida bisognerebbe partire da qui. Perché la sfiducia e il distacco non sono una prerogativa degli elettori di centrodestra, né possono essere superati confidando in un miracolo. Bisognerebbe creare le condizioni politiche e programmatiche capaci di suscitare attenzione, partecipazione, consenso e, perché no, riaccendere passioni e mobilitazioni diffuse.
Rimuovere l’indifferenza e disarmare la sfiducia dovrebbe essere il primo obiettivo di uno schieramento che si propone di realizzare una svolta profonda nella vita della città e non un semplice ricambio di personale politico. Non basta un lifting.
L’attenzione e la partecipazione dei cittadini non si ottengono però facendo leva sul volontarismo o su promesse più o meno mirabolanti e neppure “mettendoci la faccia” di qualcuno. Solo una coalizione dal profilo politico e programmatico identificabile e la chiarezza di intenti possono mobilitare energie e ampliare i consensi tra gli elettori ben oltre i confini dei partiti e i simpatizzanti del centrosinistra.
Le primarie avrebbero dovuto essere lo strumento per creare queste condizioni invece sono diventate una sorta di congresso del PD celebrato con altri mezzi. Al punto che la competizione per le primarie è già partita senza che nessuno le abbia mai convocate. Se questo è l’inizio non è difficile immaginare anche la fine.
Per mesi abbiamo chiesto al PD due cose molte chiare e nette. 1) Un confronto trasparente tra i promotori della coalizione capace di anteporre i contenuti programmatici alle logiche di parte o tutte interne ai partiti e aperto alle persone, alle forze civiche ed ai soggetti che non hanno mai condiviso o partecipato i governi a guida leghista. Una condizione irrinunciabile non per fare un favore a SEL, ma per dare credibilità al progetto stesso di cambiamento che, per essere tale, non può ovviamente contare su soggetti che hanno praticato metodi e contenuti opposti. 2) Un tavolo collegiale paritario in cui cioè non c’è chi dà le carte e stabilisce le regole del gioco, ma ciascuno concorre fattivamente con le proprie idee alla definizione del percorso e del programma della coalizione.
Fino ad oggi, e siamo già in ottobre, il nostro appello è caduto nel vuoto. Il confronto collegiale da noi richiesto non è mai decollato, né da parte del PD sono state superate le ambiguità sui soggetti e la natura della alleanza elettorale. Noi però non ci arrendiamo facilmente anche perché siamo consapevoli della posta in gioco. Continueremo perciò ad insistere fino all’ultimo minuto disponibile. Dopodiché, in assenza di risposte positive, non saremo certo noi ad acconciarci nel ruolo poco esaltante delle comparse.
Rocco Cordì – Consigliere Comunale di Sel
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