Fatta salva la libertà di ognuno di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto o qualsiasi altro mezzo di diffusione eccetera (art. 21 della Costituzione italiana), suscitano un certo disagio le dichiarazioni di un giovanotto che appartiene alle file di un partito da più di vent’anni manovratore delle leve del potere della nostra città, considerata pure la permanenza di esponenti dello stesso partito nel governo centrale romano: “È sufficiente pensare per dieci minuti all’indipendenza di un Paese nuovo, diverso dall’Italia, per accorgersi di come tutta l’impalcatura di questo Stato sia falsa come la scenografia di una soap opera, vuota la sua retorica, ridicoli i suoi poteri: dall’insegnante autoritario al dirigente raccomandato su fino al Presidente della Repubblica”. (Ndr, la dichiarazione virgolettata è ripresa pari pari da un recente articolo del quotidiano “La Prealpina”). Una cinquantina di parole che lette così, in molto meno di dieci minuti, quanti quelli necessari per le riflessioni del dichiarante, sono un ristrettissimo Bignami di sciocchezze. Il disagio e l’imbarazzo, ovviamente, sono solo di chi ascolta, perché chi parla a ruota libera non se ne dà per inteso. Il giovanotto in questione, per di più, sarebbe persona (sufficientemente?) acculturata e non un badilante dell’arte.
Non sappiamo a quale Paese di “recente indipendenza” (il Togo? Il Niger? Lo Zimbabwe?), almeno rispetto all’Italia, il giovane faccia riferimento. Rimanendo nella nostra Italietta, in quanto a “scenografia falsa come una soap opera e a vuota retorica”, ci farebbe poi piacere conoscere lipperlì, vista la brevità dell’assunto, a quali eletti esempi di padri costituenti e alla nascita di quale Stato alternativo egli abbia mai pensato: a uomini che indossano elmetti di latta o di cartapesta con corna sporgenti come quelli degli antichi vichinghi? a spedizioni sul Monviso per raccogliere in un’ampolla le acque sorgive del dio Po?
È, crediamo, innanzitutto una questione di scelte. Ed è vero che la storia, dovunque la si legga, non sempre dà prova e sufficienti garanzie di serietà e di buona volontà. Ma la storia, in definitiva, buona o cattiva che sia, si fa sempre da sé per responsabilità diretta degli uomini.
Tacciamo, per carità di patria, sui “dirigenti raccomandati” (tutti coloro che vivono in Lombardia, a proprio modo, potrebbero dire qualcosa) ma che infine il nostro passato (quello antico e, purtroppo, quello a noi più vicino, anche come tempo) assomigli a una soap opera, il giovanotto dovrebbe andare a dirlo ai parenti del milione e passa di vittime delle ultime due guerre mondiali.
Nessuna retorica, solo una constatazione di fatti. Non che la morte e gli atti di eroismo “per la Patria”, magari per una Patria che nemmeno lo merita, significhino valori da difendere, anzi. Ma il rispetto sì: del sacrificio, del senso del dovere, del ricordo, del silenzio… Ci sono nomi – ce ne vengono in mente due o tre a caso, che probabilmente al giovanotto non dicono nulla, come il Carneade di manzoniana memoria.
Pensiamo al generale Luigi Reverberi che, in Russia, a Nicolajewka, nel gennaio del ’43, riuscì a condurre gli alpini della Tridentina fuori dalla sacca… Per parlare di Varese pensiamo al professor Nelson Cenci, per lunghi anni tacito, operoso e generoso primario di otorino nel nostro Ospedale di Circolo, che di quella Tridentina era ufficiale; e, rimanendo nell’ambito, pensiamo a Mario Rigoni Stern, il suo sergente, che poi in Patria con i suoi libri fu uno dei più grandi dispensatori di pace, di amore per la natura e di buoni sentimenti…
Non vorremmo uscire dal seminato. Tutto si può criticare, fare e rifare meglio. Ma “soap opera” è proprio un termine sbagliato. E forse offensivo. Il giovanotto se ne dovrebbe ricordare magari in più di quei suoi dieci minuti canonici quando, dopo gli sproloqui, le serate dei nuovi e più intelligenti “patrioti” si chiudono di regola in pizzeria.
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