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Cara Varese

ROTTAMATORI E ROTTAMI

PIERFAUSTO VEDANI - 09/10/2015

Lungo tormentati percorsi del rinnovamento, la grande politica in questi ultimi anni ha fatto più strada di quanto si potesse immaginare. Tutto ebbe inizio nei giorni in cui il termine rottamazione affiorò sui mass media e si propose in aule, circoli e salotti agli antipodi dei microcosmi dei venditori di auto e degli ultimi strascée di periferie sopravvissute alle invasioni dei nuovi ultimi.

Tutti i partiti hanno in qualche misura attuato la loro rottamazione: ne verificheranno gli effetti attraverso i passaggi elettorali in calendario. Anche Varese si sta preparando a questo esame che vedrà contrapposti schieramenti che hanno avuto problemi diversi, risolvibili solo con formule innovative.

Visti da lontano e senza avere la pretesa di insegnare a rampegà a vecchi micioni, è comunque possibile anche ipotizzare un cambio della guardia nel Centrodestra per la guida di Varese: fine cioè dell’era leghista, iniziatasi con grande entusiasmo e terminata con l’adagio di Albinoni, cioè una grande suonata, particolarmente adatta ai funerali.

Potrebbe però essere un problema l’avvicendamento a Palazzo Estense in chiave azzurra se consideriamo l’interminabile gregariato di Varese nei confronti di Gallarate e Busto Arsizio, sedi e vitalizi di eccellenti colonnelli dell’ex armata berlusconiana.

Sul fronte opposto al momento ci sono interessanti chicchirichì di vivaci galletti nostrani, ma pure grevi silenzi su quello che appare indispensabile per un corpo di spedizione che vuole conquistare la piazzaforte: un omogeneo e credibile gruppo di lavoro che abbia credito dove si comanda veramente, cioè da Gazzada a Roma con sosta e rifornimento a Palazzo Lombardia.

Se infatti non ci saranno stati una rivalutazione e un risarcimento per Varese e territorio nell’ambito della politica regionale e nazionale, se non si sarà stretto un vero patto d’azione con gli altri gradini dell’organizzazione istituzionale, non ci sarà mai un recupero autentico della nostra città nelle graduatorie nazionali. Un riscatto che Varese attende dagli Anni 60, quando era la quarta città italiana, cioè un vero simbolo per chi scalava le vette del mondo del lavoro.

Oggi entrambi gli schieramenti hanno il dovere morale di favorire il riscatto di Varese. Mai infatti la Regione è stata così lontana dal nostro territorio: infatti anche l’opposizione è stata a guardare mentre il nostro capoluogo veniva depotenziato nella sua esemplare offerta sanitaria.

Saranno allora indispensabili gruppi di lavoro preparati, affiatati e certi di avere risposte dai loro partiti nel momento in cui si deciderà del futuro della comunità. Davanti a tanto programma sembriamo invece una pasciuta città nel silenzio di regioni che non conoscono il dinamismo; eppure la primavera elettorale è più vicina di quanto non si creda.

Se il Centrodestra pensa che con Maroni governatore tutto si appianerà nel migliore dei modi e avremo anni felici, davvero rischia grosso. L’avvilente episodio della conquista militare della Fondazione Molina ha ricordato ai varesini che in tanti anni nulla è cambiato nei partiti di governo di casa nostra.

E a sinistra se pensano di conquistare Palazzo Estense con la semplice applicazione della formula renziana poco o nulla sanno di bosinità. Da noi conta solo e sempre la cultura del lavoro, magari ristretto all’orticello di casa, dopo di che se non ci sarà lo squadrone, ma solo il sindaco, a garantire impegno diretto e continuo per la città, avremo modo di raccontare in forma moderna, attuale, la vicenda di chi andò per rottamare e venne rottamato. E che problema raccontarla a chi aveva deciso di dare ad altri il consenso dopo la lunga narcosi del governo cittadino.

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