Che Varese2.0 partecipi alle primarie del centrosinistra è una bella notizia. Perché: 1) nel centrosinistra ci sarà competizione autentica, e non un re incoronato a prescindere dalla competizione; perché: 2) il movimentismo civico trova uno sbocco politico, e questo giova agl’interessi generali della città; perché: 3) la voce popolare che negli anni scorsi s’è alzata a contestare i troppi errori del governo municipale – uno per tutti: il parcheggio bunker alla Prima Cappella – prova a ricevere un ascolto elettorale. È il minimo auspicato nell’epoca della mediocrità massima. Così suggerisce, e anzi vuole, la democrazia quando trattasi di democrazia vera: partecipare, proporre, confrontare, infine decidere da chi farsi rappresentare per essere rappresentati al meglio.
Tutto chiaro, semplice, elementare. Benvenute, le primarie del centrosinistra. Benvenute sarebbero quelle del centrodestra. Benvenute le liste civiche che, oltre a Varese2.0, annunciano d’iscriversi alla partita municipale del 2016. In più ci si presenta, in più si gareggia, in più ci si mobilita per svegliare l’opinione pubblica da torpore, indifferenza, conformismo e meglio è. Per l’opinione pubblica innanzitutto. Cioè per i cittadini, per tutti noi, per Varese che dà segnali di voler cambiare, trasformarsi, ricominciare.
Ricominciare da dove? Da lontano, non da vicino. Dal passato ottocentesco. Non per buttarla nello storicismo retoricista, però uno spiraglio della memoria indica che bisognerebbe guardare proprio all’incipit, al primo sindaco della bosinità, allorché passammo dal Lombardo Veneto all’Italia.
Si chiamava Carlo Carcano, nobiluomo e ingegnere, sin da giovane versato agli studi tecnici, con la passione dell’amministratore pubblico. Fu a lungo consigliere comunale e deputato provinciale, sino a diventare il podestà locale al tempo del governo austriaco. Quando cambiò la titolarità del potere statale, i suoi meriti non finirono del dimenticatoio ed egli venne riconfermato in un incarico che mutava di nome e però non di fatto. Un caso di riconoscimento della bravura, di affermazione della fiducia, di prevalenza della qualità.
Celebrandolo in un necrologio sulla Cronaca Prealpina nel maggio del ’99, Luigi Zanzi diede del compianto un’immagine rivelatrice ed eloquente con queste parole: “Richiesto di un cumulo di personali servigi, rispondeva burberamente e clamorosamente, ma affrettandosi ad eseguirli”.
Schivo, brusco, solitario. Ma che forte senso della comunità. Che umile spirito di sacrificio. Che accesa anima coinvolgente. Non per caso presiedette l’ospedale Del Ponte, l’asilo infantile, la Banca di Varese, istituti di carità e beneficenza. Ed ebbe un’attiva partecipazione nel promuovere importanti iniziative varate dalla municipalità. Ad esempio alcune modifiche dell’assetto urbanistico e viabilistico (la pavimentazione di vecchie strade e l’apertura di nuove, la via Cavour, la via Staurenghi, il viale Milano, la piazza del mercato), l’ordinamento delle scuole primarie e secondarie, l’avvio dell’istituto tecnico per ragionieri e la creazione d’altre sedi d’insegnamento nelle diverse castellanze, la nascita della linea ferroviaria Gallarate-Varese. Sotto la sua gestione venne costruita anche la caserma intitolata proprio a Garibaldi – al quale l’inquilino di Palazzo Estense aveva conferito la cittadinanza onoraria – destinata a marchiare fortemente il profilo urbano. E infine a macchiare d’insensibilità i reggitori contemporanei della cosa pubblica.
Ecco, è di un Carcano del terzo millennio che abbiamo bisogno. Lo cerchiamo invano da decenni.
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