L’affare Volkswagen potrebbe sintetizzarsi nello slogan pubblicizzato in America dalla casa tedesca: “Questo non è il diesel di tuo padre”. Da troppo tempo il motore a combustione interna – diesel in particolare – è sotto accusa per i danni alla salute, per le emissioni nocive e per il consumo di suolo che le autovetture occupano in relazione al trasporto di persone assai spesso singole. La “bomba” esplosa dopo le prove fornite dall’International Council on Clean Transportation (http://www.theicct.org/) non è molto lontana a mio parere dall’effetto di Fukushima, con l’aggravante che nel caso delle emissioni i consumatori hanno un ruolo diretto e assai più stringente dei governi nello scegliere le alternative. A poco vale il ricatto su centinaia di migliaia di lavoratori occupati e il coinvolgimento dei “potenti sindacati” nel solito giochetto per cui sarebbero loro i più ostinati oppositori ad una riconversione ecologica. Che invece va avviata con urgenza, partendo dagli effetti spaventosi che il trucco ha già procurato e dai vantaggi occupazionali che si potrebbero trarre da una transizione governata alla mobilità sostenibile. L’inganno perpetrato dalla casa automobilistica rischia di aver prodotto quasi un milione di tonnellate di emissioni di ossidi di azoto (NOx), grosso modo quanto ne producono tutte le centrali elettriche, le auto, le industrie e l’agricoltura del Regno Unito. La società tedesca ha ammesso che il dispositivo potrebbe essere stato montato su 11 milioni dei suoi veicoli in tutto il mondo, con conseguenze da 10 a 40 volte quelle stimate per gli Stati Uniti.
Certamente, come appare nella pubblicità, una “Passat” di oggi non richiama immediatamente il puzzolente pick-up dei film degli anni cinquanta. Ma non per questo si può tacere su questioni, come le quattro sotto riportate a cui si è data ancora poca attenzione
Le case automobilistiche giapponesi e americane hanno invece sostenuto ricerche di auto ibride ed elettriche, quando la Commissione europea era fortemente spinta dalle grandi case automobilistiche tedesche BMW, Volkswagen e Daimler, ad incentivare il diesel. Il trade-off tra la riduzione delle emissioni climalteranti e l’aumento dei problemi di salute non è stato ampiamente dibattuto e le case automobilistiche di conseguenza hanno adottato la soluzione facile di ingannare il sistema attraverso i malware informatici.
Il clamore della questione qui riportata accelererà riflessioni profonde sul trasporto, a partire dalla necessità di ridurre non solo le emissioni, ma anche il traffico e la potenza per unità di peso trasportato. Nell’immediato la mobilità elettrica sembra destinata a svolgere un ruolo centrale nello scenario climatico che prevede drastiche riduzioni delle emissioni al 2050. Con le fonti rinnovabili che alla fine del prossimo decennio garantiranno la metà della domanda elettrica in Europa e che sono in forte espansione in tutto il mondo, questa tecnologia contribuirà significativamente a decarbonizzare il settore dei trasporti. In più, la presenza di un rilevante numero di auto elettriche con batteria rappresenterà un formidabile sistema di accumulo diffuso, prezioso nella gestione delle elevate quote di elettricità intermittente come quella solare ed eolica, con la connessione alla rete elettrica dei veicoli per la ricarica.
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