Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Presente storico

GLI ITALIANI PRESI IN GIRO

ENZO R. LAFORGIA - 09/10/2015

etiopiaIl 17 novembre del 1935, sulla «Cronaca Prealpina» apparve un curioso comunicato. «Tutti i varesini – si legge – se ne fregano delle sanzioni perché al thè sostituiscono il puro e vero caffè del Brasile che si acquista esclusivamente presso “La Brasiliana” Torrefazione del Caffè – Via U. Foscolo, 6 (dietro il Credito Varesino) Varese. Alla Brasiliana tutti possono ancora degustare la più squisita ed aromatica tazza di caffè sempre a soli Cent. 50. Il caffè della Torrefazione “La Brasiliana” vivifica e ristora. Provate!».

Con sapiente tempismo, l’attività commerciale, che ancora oggi serve il suo caffè ai varesini, seppe piegare a fini pubblicitari la nuova situazione economica che si era venuta a creare con la guerra scatenata da Mussolini all’Etiopia. Mussolini, che dal 1933, alla carica di Capo del Governo, aveva assommato quelle di ministro della Guerra e di ministro della Marina e dell’Aereonautica, il 2 ottobre del 1935 (cioè: ottant’anni fa) verso le 18,45, dal balcone di Piazza Venezia, annunciò agli italiani l’avvio dell’impresa d’Etiopia. Si manifestò solo la sua voce in quella che sarebbe stata la prima delle quattro «adunate oceaniche». E la sua voce, via radio, si diffuse in tutte le piazze della penisola, dove, per l’occasione, attendevano gli italiani mobilitati dal Partito.

La guerra, come si sa, fu ufficialmente conclusa il 5 maggio del 1936, con l’ingresso delle truppe italiane guidate da Badoglio nella capitale Addis Abeba (per l’occasione fu organizzata una seconda «adunata oceanica»). Tre giorni dopo, l’8 maggio, il duce proclamò la nascita dell’Impero (terza «adunata oceanica»), regalando a Vittorio Emanuele III, re pavido e molto modesto, il titolo di Imperatore. Quella guerra, come ha spiegato bene lo storico Giorgio Rochat, non fu una guerra coloniale di tipo tradizionale, ma una vera guerra «nazionale»: fu mobilitato un enorme numero di soldati (oltre mezzo milione) e fu attivata una straordinaria macchina propagandistica. E infatti tutti si ubriacarono per il presunto successo (in realtà gli italiani non riuscirono mai a controllare il territorio e gli etiopi diedero vita ad una intensa ed eroica resistenza).

Le motivazioni dell’aggressione italiana all’Etiopia furono vaghe e tali restarono (ancora oggi, provate a leggere un manuale di storia in uso nelle nostre scuole e vedete se vi riesce di trovarle esposte in maniera chiara). Mussolini si limitò ad affermare che l’iniziativa militare era volta a difendere gli interessi italiani in Africa orientale e a chiudere una volta per tutte una faccenda restata aperta con l’Etiopia da quarant’anni: la solenne sconfitta inflitta da quell’impero all’esercito italiano ad Adua il 1° marzo 1896.

In assenza di una giustificazione, la Società delle Nazioni, in cui aveva un posto anche lo Stato che avevamo aggredito, deliberò delle sanzioni economiche (molto blande, in verità), che avrebbero dovuto colpire l’economia del nostro Paese. Entrarono in vigore il 18 novembre del 1935. Mussolini rispose con un esplicito «me ne frego!» e con nuove iniziative propagandistiche (come quella della Giornata della fede, istituita il 18 dicembre, in cui si donava l’oro alla Patria).

Fu in quel clima e in quel contesto che prese il via la campagna autarchica, che ebbe qualche interessante risvolto sul piano della ricerca di prodotti nuovi e alternativi a quelli di importazione (a Varese, nel 1939, si ipotizzò la creazione di un centro di ricerca e sperimentazione per sviluppare una produzione industriale autarchica). Anche sul piano linguistico si volle lanciare una campagna per la difesa dell’italiano, contro i barbarismi delle nazioni «sanzioniste e ginevrine», cioè Francia e Inghilterra. Su questo terreno, al quale si applicò anche un serio linguista come Bruno Migliorini, i risultati furono decisamente modesti e in qualche caso ridicoli: il canapè fu sostituito con salottino, l’abat-jour con paralume, i flaconi con boccette, il maquillage con trucco, il déjeuner o il lunch con colazione, il menu con lista, il consommé con brodo, il foyer con ridotto, eccetera.

L’Impero, poi, si sciolse in un baleno nel 1941. L’avventura coloniale italiana, che pure aveva appassionato una generazione di italiani (molti videro nell’Africa il nostro Far West), si interruppe bruscamente con l’ultima fallimentare guerra voluta da Mussolini. La quarta «adunata oceanica» fu quella del 10 giugno 1940.

Il sogno imperiale si rivelò una solenne bufala. Se ne accorse subito chi, come Ennio Flaiano, partì per l’Etiopia al seguito dell’esercito del duce e, come annotò nel suo diario di guerra, al suo arrivo dovette scoprire che l’Africa immaginaria, su cui si era esercitata la retorica fascista, ben poco aveva a che fare con la realtà: «Un soldato scende dal camion, si guarda intorno e mormora: “Porca miseria!”. Egli sognava un’Africa convenzionale, con alti palmizi, banane, donne che danzano, pugnali ricurvi, un miscuglio di Turchia, India, Marocco, quella terra ideale dei films Paramount denominata Oriente, che offre tanti spunti agli autori dei pezzi caratteristici per orchestrina. Invece trova una terra uguale alla sua, più ingrata anzi, priva d’interesse. L’hanno preso in giro.»

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login