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Società

RICCARDO SCEGLIE LA VITA

VINCENZO CIARAFFA - 02/10/2015

Riccardo in allenamento

Riccardo in allenamento

Era un limpida ma fredda mattina del 5 novembre 1998 quando, alle ore 9.30, nel reparto ginecologia dell’ospedale di Busto Arsizio avvenne l’ennesimo miracolo della vita: da Marinella e Piero Maino nacque un bambino cui sarebbe stato imposto il nome di Riccardo. Il travaglio era stato breve, il parto veloce e dopo due femminucce era arrivato anche il maschietto. Insomma si poteva dire che stava andando tutto bene. Almeno così pensavano i genitori durante i concitati momenti che sempre precedono il taglio del cordone ombelicale dei nascituri. La gioia di Marinella, però, si tramutò in angoscia quando osservò che l’ostetrica esitava ad adagiarle, come d’uso, il neonato sulla pancia prima di tagliare il cordone ombelicale… Si era materializzato l’incubo di ogni donna in stato interessante: il figlio era down.

Non crediamo esistano parole capaci di descrivere efficacemente che cosa si agiti nella mente e nel cuore di una mamma che si è appena accorta che la creatura tanto desiderata, tanto amata ancor prima di poterla stringere tra le braccia, non è “normale” e perciò preferiamo ricorrere alle sue stesse parole, estrapolandole dal libro “La letterina di Natale” che ha scritto su di questa vicenda: «Per fortuna il ginecologo prende in mano la situazione. Mi accarezza i capelli dicendomi che c’è questo sospetto, che non è niente di sicuro, mi invita a stare tranquilla. Come se fosse facile! Voglio morire! Perché mi lasciano ancora la flebo nel braccio? Perché devo spingere per espellere la placenta? A cosa serve?».

Poi, Marinella trovò finalmente il coraggio di guardare il bambino e capire che vivere serviva se non a lei, certamente al figlio, quell’esserino che la guardava dalla culletta con gli occhi sbarrati che imploravano amore. «Sì – pensò –, se è vero che si vive per ricevere e dare amore, questo è il momento di darlo l’amore. D’altronde, se lo avessi saputo prima che mio figlio era down avrei abortito?» e il solo pensarlo la fece stare peggio di quanto già non stesse. No, di certo non avrebbe abortito. E da quel momento tutto cambiò: Riccardo divenne il maschietto che i genitori e le sorelline aspettavano, e poco importava se aveva gli occhi a mandorla.

Ma la vita aveva in serbo altre prove difficili per la famiglia Maino, perché il loro bambino dovette subire anche un intervento a cuore aperto all’ospedale di Bergamo da cui, nonostante le fosche previsioni di alcuni congiunti, fu dimesso guarito dopo diciotto giorni… Era scritto che Riccardo dovesse vivere.

A quel punto s’impose una diversa organizzazione della famiglia e della vita di ognuno dei suoi componenti, perciò Marinella lasciò la precedente attività nella piccola fabbrica di confezioni che gestiva con i fratelli a Busto Arsizio per dedicarsi al “suo” bambino. Non voleva divenire soltanto il sostegno di Riccardo come fanno alcuni genitori nella stessa situazione, ma la sua fonte ispirante, il vento che avrebbe sospinto la vela della sua vita fino a renderlo autosufficiente.

Il problema che si pose a Marinella, infatti, non fu quello di agevolare la vita del figlio quanto di renderlo il più possibile capace di fare le medesime cose degli altri ragazzi, di fargli acquisire quelle abilità che gli avrebbero consentito un buona esistenza anche “dopo”, quando lei non ci sarebbe più stata per poter badare a lui.

Grazie alla sua guida solida e priva di rimpianti Riccardo diviene un ragazzo dalla buona complessione fisica, uno studente attento e anche un atleta promettente. Infatti, nelle gare di ginnastica artistica per normodotati (pensate!) di Mortara del 2012, conquisterà la medaglia d’argento nelle parallele.

Ma Riccardo, “il diverso” secondo alcuni, avrebbe ben figurato anche in altri sport come nuoto, equitazione e sci, anzi, in quest’ultima disciplina vinse anche una coppa nelle gare di Sauze D’Oulx, in Piemonte.

Detto con onestà il libro “La letterina di Natale” (marinella.calcaterra63@gmail.com), non è di quelli che cambieranno la storia della letteratura italiana, ma una volta letto, cari lettori di RMFonline, potrebbe consentirvi di capire meglio che cosa deve affrontare la famiglia, soprattutto la mamma, di un ragazzo down.

Brutte notizie come quella della Russia di Putin che va a fare un po’ di guerra a favore del dittatore siriano Assad, la fiumana inarrestabile di migranti disperati che corre verso il nord dell’Europa senza sapere neppure il perché; in un mondo che sembra andare a rotoli perché l’umanità ha perso il senso dei propri doveri, arriva una madre “normale”, perfino fragile in apparenza, a dare a tutti noi una lezione di fede e di coraggio con un libricino di appena 93 pagine che trasudano senso delle responsabilità, gaiezza e dedizione.

La Letterina di Natale di Marinella Calcaterra non ha nulla di retorico ma soltanto la semplicità delle cose vere, l’umanità e la forza spirituale di una madre che, nonostante un figlio down, riesce a guardare al futuro senza emettere mai un lamento, senza indugiare nel vittimismo neppure un attimo. Che cosa la sorregge? La fede? Una splendida famiglia? L’amore punto e basta?

Probabilmente la risposta si trova più in alto di noi, molto più in alto.

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