Generosità: nobiltà di animo, altruismo, capacità di sacrificio; dal latino generosus, persona di buon lignaggio, di natura nobile.
Generoso, e dunque nobile, il popolo islandese. Il governo si era impegnato ad accogliere cinquanta rifugiati siriani come contributo alla crisi umanitaria in Siria, ma quest’offerta non è piaciuta ai cittadini islandesi.
Forse che un piccolo paese, sperduto nei mari del Nord, con soli 323.000 abitanti, teme la contaminazione?
No! Al contrario, numerosi cittadini (il 10%) hanno ritenuto l’offerta insufficiente.
Sui social network è stato lanciato un appello, firmato da 12mila persone: in meno di ventiquattro ore migliaia di islandesi si sono offerti di aprire la propria casa ai richiedenti asilo siriani. Con lo slogan affidato a Facebook “Solo per il fatto che non sta succedendo qui, non significa che non stia succedendo”.
Le persone offrono vestiti, cibo, medicinali, posti letto e aiuto di vario genere.
Una donna scrive su Facebook: “Sono una madre single, ho un figlio di sei anni. Possiamo prendere in casa un bambino che ha bisogno. Sono insegnante e posso offrire lezioni di islandese e aiutare il bambino a inserirsi qui. In casa ci sono vestiti, giocattoli, un letto e ciò di cui un bambino ha bisogno. Posso pagare anche per il biglietto aereo”.
Un altro afferma: “Ho una stanza in più in un appartamento spazioso e sarei più che contento di condividerlo. Insieme al mio tempo e al mio sostegno”.
Dopo la reazione dei cittadini, il governo ha dichiarato che riconsidererà le quote di richiedenti asilo siriani che il paese è disposto ad accogliere.
Islandesi, gente ospitale? Sembrerebbe di no, a leggere le fiabe della tradizione nordica, piene di fantasmi di visitatori respinti e morti di freddo che tornano a punire i padroni di casa inospitali.
Anche dando uno sguardo al recente passato dell’Islanda, dove si sono registrate vicende di protezione ad ogni costo dell’identità di questa piccola nazione che potrebbe rischiare di scomparire. Nel 1939 fu impedito alla dottoressa Katrin Thoroddsen di salvare alcuni bambini ebrei. La paura della contaminazione è durata per tutta il tempo della presenza di basi Nato: nel paese non si accettavano soldati di colore della US Army.
Oggi i giovani hanno cambiato il paese, viaggiano, studiano, conoscono il mondo. Come conseguenza, in buona misura sanno esprimere solidarietà e mettere in atto pratiche di accoglienza.
Il premier progressista Sigmundur Gunnlaugsson ha confermato che il suo governo intende proporsi come forza positiva nella politica estera internazionale, volendo contribuire a dare una risposta alla questione più urgente di questo momento: gli arrivi dei migranti.
Viene da pensare che potrebbero essere i migranti a rifiutare l’invito: proprio loro che vengono da zone mediterranee, ricche di luce e di calore, avranno difficoltà ad accettare il sostegno offerto dagli islandesi. O troveranno difficile adattarsi a vivere in un paese freddo e dalla natura poco benigna. O forse invece troveranno il calore necessario dall’ospitalità di questi abitanti dell’estremo nord dell’Europa.
Staremo a vedere. Intanto possiamo fare tesoro di questa lezione di generosità, semplice e spontanea che ci arriva da un popolo da cui non ci saremmo aspettati solidarietà e calore umano.
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