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Cultura

SCRITTORE INDOMITO

MANIGLIO BOTTI - 24/09/2015

zanziTrent’anni di scrittura sono un anniversario importante, specie per chi sta per far suonare il gong dei sessanta, e potrebbe già annoverare poco meno di mezzo secolo di impegno e di dedizione alla vita: marito e padre – e da qualche tempo nonno –, educatotore, poeta dialettale e scrittore certo (tra i suoi esiti, sulla carta stampata e no, possiamo citare anche una collaborazione al nostro RMFonline). Ma anche atleta, almeno a considerare le sue annuali risalite in mountain bike e ski roll al Campo dei Fiori, ormai a migliaia: le risalite e le discese ardite, per dirla con il verso di una famosa canzone di Lucio Battisti… Un altro record.

Tutto comincia ufficialmente nel 1985 – da qui il compleanno che si sta per celebrare – con un libro poi pubblicato dalle Paoline, “Papà a tempo pieno”e continua oggi con “Il giorno che tremò la notte”, racconti pubblicati da Pietro Macchione editore. Il libro del “compleanno”, e che sarà presentato a breve, passando però attraverso più di trenta pubblicazioni, comprese le rubriche diaristiche del “Calandari” della Famiglia Bosina.

L’ampio preambolo per dire che stiamo parlando di Carlo Zanzi, per gli amici Carletto. Un personaggio che  se non esistesse, bisognerebbe inventarlo.

“In principio scrivevo di tutto – si schermisce un poco Carlo Zanzi –. Desideravo sperimentare, riuscire a pubblicare un libro era un obiettivo che mi gratificava, al di là del consenso dei lettori. Ma nel corso degli anni ho fatto una scelta che si va sempre più consolidando: e la scelta è per la narrativa, soprattutto il racconto breve, come è dimostrato anche da “Il giorno che tremò la notte”. E anche la pubblicazione non è più l’obiettivo primario”.

“Perché scrivo? Per me scrivere è un bisogno, mi viene naturale, è la modalità comunicativo-espressiva  che preferisco, sia per parlare a me stesso (tengo infatti svariati diari) sia per comunicare con gli altri. In taluni passaggi difficili della mia vita la scrittura è stata anche terapia, medicina, conforto. E probabilmente, me lo auguro, ancora lo sarà. Scrivere e pubblicare, ricevere l’approvazione dei lettori ovviamente soddisfa quel bisogno – che è di tutti – di riconoscimento, di stima. Per un certo periodo ho pensato che la scrittura avrebbe potuto diventare anche fonte di guadagno, ma ben presto ho abbandonato quell’illusione, e ciò a tutto vantaggio della mia libertà. Scrivere significa lasciare un ricordo, in un certo senso attenuare la paura della morte, ritardare per un poco l’angoscia della dimenticanza”.

Carlo Zanzi scrive a qualsiasi ora e in ogni luogo, e scrive di getto. Rubando gli attimi alla sua attività di insegnante. “Un tempo – spiega ancora – scrivevo solo al mattino presto, oggi non ho orari. Ma non riesco a scrivere a lungo, anche per questo ho difficoltà con il romanzo oltre le cento pagine. Un romanzo lungo richiede costanza, continuità, più ore di lavoro tutti i giorni, non sono ancora in pensione ma anche lo fossi, non credo di esserne capace”. Carlo, dunque, scrive perché è innamorato della scrittura, del racconto. Molto noto tra i suoi seguaci è anche il blog http://terzopensierieparole.blogspot.it , una sorta di continua confessione pubblica. Ma soprattutto è innamorato della vita, e Carlo sta nella vita: sia nei sacrifici e nei dolori che essa spande a piene mani, sia nelle piccole e grandi gioie che ogni tanto concede.

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