“Viste da vicino” nei lunghi anni di mia presenza in Consiglio Comunale. Molte persone tra quelle che hanno lasciato un segno se non nella Storia, indubbiamente nella storia “domestica” della città di Varese. Mi piace ricordarne alcune incominciando dai tre Sindaci coi quali ho condiviso o dei quali ho contrastato numerose scelte che hanno caratterizzato lo sviluppo o l’immobilità della nostra comunità. L’avvocato Ercole (Lino) Oldrini, il dottor Mario Ossola e l’avvocato Giuseppe (Pippo) Gibilisco.
Cominciamo da Oldrini. Fu, alla fine degli anni ’50, un personaggio prestato alla politica dal Foro giudiziario di Varese del quale era certamente uno dei “Principi” se non addirittura “il Principe”. L’avvocato Lino Oldrini era stato presentato candidato ed eletto nelle file della Democrazia Cristiana, la quale a quei tempi ricorreva ancora ampiamente alla rappresentanza di persone stimate nelle professioni, ma iniziava l’avvio in avanti di qualche giovane di belle speranze. Penso, tra gli altri ad un certo ragionier Giuseppe Zamberletti che prometteva bene e… non si rovinò nel crescere. Oldrini non era iscritto al partito della DC, ma garantivano per lui gli anni giovanili passati nel Collegio dei Rosminiani e il successo nella professione. Portò subito in Consiglio il suo contributo di persona preparata culturalmente con un cipiglio che incuteva soggezione soprattutto ai più giovani eletti. E, forse per confermare al partito che gli aveva dato fiducia la bontà della scelta, non risparmiava espressioni di duro contrasto con gli oppositori. D’altra parte le contrapposizioni di carattere ideologico a quei tempi erano notevolmente accentuate tra i partiti e non potevano che trasferirsi dai temi generali della politica a quelli più ravvicinati dell’amministrazione della città.
Si lasciavano i più duri anni del primo dopo guerra e Varese si avviava lentamente ad affrontare la vera ripresa economica. Per la città purtroppo il boom si rivelò quasi esclusivamente edilizio mentre lo storico apparato industriale si vedeva destinato al trasferimento, al ridimensionamento se non addirittura all’estinzione. Erano comunque anni intensi per l’Amministrazione comunale alle prese ogni giorno con l’aggravarsi di tanti pubblici problemi. Veniva ricoperto il trincerone delle Ferrovie Nord tra le due stazioni (esattamente quello recentemente rifatto in Viale Milano che ha rivoluzionato il traffico per oltre un anno), veniva realizzato il primo impianto di depurazione fognaria sotto Masnago per evitare l’ingresso di liquami nel lago di Varese, già aggredito dalle immissioni inquinanti della Ignis, di tante industrie e addirittura dell’Ospedale di Circolo (di questi giorni la notizia che gli scarichi fognari del torrente Valle Luna non raggiungeranno più il lago! Non male dopo cinquant’anni). Veniva approvato il piano della legge 167 per l’edilizia economica e popolare che avviava la costruzione dei quartieri di San Fermo e di Avigno. Soprattutto, a seguito del Patto di Roma, la Comunità Europea sceglieva la nostra città quale sede sia di una Scuola Europea sia dei complessi residenziali del Sangallo e del Montello al servizio degli addetti all’impianto di ricerche atomiche di Ispra. Nasceva anche tra Viale Milano e Via Rainoldi, nel bellissimo Parco di Villa Grassi, la bruttissima ed ingombrante palazzata, paradigma di tante speculazioni edilizie che hanno aggredito la città grazie a norme lassiste, perdipiù lassisticamente interpretate. Non mancavano quindi i motivi di scontro fra opposte visioni.
L’opposizione era condotta particolarmente dai consiglieri comunisti, socialisti ed anche dai missini Vermi e Bombaglio. Il Sindaco Oldrini non si tirava certo indietro negli scontri se era sicuro della bontà della sua soluzione. Talvolta in modo fin troppo deciso, ai limiti dello sgarbo. Avvenne una sera quando si rivolse con parole offensive verso i consiglieri del gruppo del PCI. Certamente non per malanimo, trascinato dalla foga del suo dire, eccedette come spesso capitava tra avvocati di parti avverse nelle aule dei Tribunali. Dove gli scontri si risolvevano qualche ora dopo con reciproche manate sulle spalle ed un caffè consumato insieme. Ma qui eravamo in un Consiglio Comunale, dove le parole sono pietre e le offese personali sono offese. Il ragionier Lanciotto Gigli lasciò la sala per protesta insieme a tutto il gruppo dei consiglieri comunisti. Una rottura clamorosa. Non ci sarebbe stato alcun rientro se non si fossero ottenute pubbliche scuse da parte del Sindaco. Un contrasto quasi insanabile che fu superato soltanto quando il partito della DC convinse Oldrini a riparare il torto, appunto scusandosi. D’altra parte non è che i consiglieri comunisti, con l’eccezione dell’aplomb del ragionier Gigli, usassero il massimo della tenerezza. Spesso con battute e domande estemporanee interrompevano il Sindaco costringendolo talvolta a perdere il filo del discorso con grande suo disappunto.
Col tempo anche i rapporti migliorarono. Forse Oldrini conobbe meglio i comunisti che aveva in Consiglio Comunale, forse ne conobbe qualche simpatizzante in casa propria, quando il figlio studiava filosofia a Firenze con Eugenio Garin. Fu poi un vero piacere conversare e confrontarsi con un uomo dal grande cuore e di grande intelligenza. Un uomo che avrebbe indubbiamente dato molto di più se non fosse mancato troppo presto.
La città ha voluto ricordarlo dedicandogli il Palazzetto dello Sport di Masnago, da lui fermamente voluto per premiare la squadra di pallacanestro che aveva portato il nome di Varese agli apici dello sport italiano ed europeo. Purtroppo è rimasta solo una targa all’ingresso. Quello che doveva essere il Palazzo dello Sport “Lino Oldrini” è diventato, e diventa di volta in volta, Pala.. frigoriferi o lavatrici A e B.
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