Per raccontare la vita di san Francesco (1182 c.-1226) attraverso la storia dell’arte, bisogna conoscerne non solo la vita nei suoi dettagli, attraverso le biografie da Tommaso da Celano alla Leggenda Maggiore di san Bonaventura scelta nel 1266 dal Capitolo generale, come biografia ufficiale dell’Ordine, ma anche rintracciare i capolavori più significativi nelle chiese e nei musei e non solo quelli già noti nei manuali. Questa impresa è riuscita a Rosa Giorgi, storica dell’arte, direttrice del Museo dei cappuccini di Milano, che ha pubblicato un bel volume (Francesco. Storie della vita del Santo, Mondadori – Electa, Milano 2014, pp. 120 euro 29,90) che non dovrebbe mancare nelle casa degli italiani perché si tratta del nostro Santo protettore.
Il libro inizia con la presentazione delle più antiche e più celebri immagini del santo, la prima si trova in un affresco di un artista di scuola romana, datato 1228, nel Sacro Speco di Subiaco, dove Francesco era stato a venerare san Benedetto, fondatore del monachesimo occidentale. Segue il celebre ritratto di Cimabue in piedi accanto alla Maestà di Assisi, dove il santo affianca Maria con il Bambino in trono, tra gli angeli (1278 c.) da ammirare insieme a quello altrettanto famoso di Margaritone di Arezzo del XIII secolo, conservato nei Musei Vaticani. Poi, dopo avere ricordato che l’immagine del santo si modifica con le divisioni e le riforme dell’ordine, l’autrice presenta e commenta opere del ‘500 e del ‘600 (Ludovico Carracci, Francisco de Zurbaran, Francisco Ribalta, Guido Reni) nelle quali la purezza ieratica delle prime rappresentazioni si risolve in scenografie narrative, più funzionali alla devozione che alla contemplazione, fino a quella di Caravaggio, ricca di una intensa spiritualità del Museo civico di Cremona.
In questa tela, Francesco, che amava ritirarsi in chiese isolate o nei boschi a pregare, è rappresentato in meditazione, una luce, che scende dall’alto sul volto e sulle vesti del santo, ad illuminare in basso una Croce posizionata in modo da tenere aperto il Vangelo, la regola prima del francescanesimo.
Ma veniamo alla vita del santo che posso segnalare solo in alcuni episodi, alcuni reali, altri immaginati dagli artisti a scopo didattico per raccordare la vita di Francesco alla vita di Gesù. Il primo, molto originale, è un affresco a doppia scena del grande ciclo di dodici riquadri, che Benozzo Gozzoli dipinge a Montefalco in Umbria nel 1452. Rappresenta la nascita di Francesco, proprio con l’asino e il bue, in un ricco ambiente architettonico rinascimentale. Un soggetto molto raro che rimanda al presepio, per la prima volta sceneggiato da san Francesco a Greggio, nel libro c’è anche la rappresentazione che Giotto ne ha fatto ad Assisi.
Il secondo, “La rinuncia degli averi”, è tratto dal ciclo di affreschi della Cappella Sassetti nella chiesa di Santa Trinità a Firenze, considerato dalla critica il capolavoro che Domenico Ghirlandaio dipinse negli anni 1482-1485 che si snoda in sei episodi raccontati in ambienti diversi rispetto ai fatti avvenuti. Giotto nel 1325 aveva rappresentato in modo contestuale all’epoca originaria gli stessi episodi nella Cappella Bardi in Santa Croce a Firenze, quasi il testamento del grande pittore. L’autrice annota, “normalmente la scena è ambientata ad Assisi, qui il pittore la colloca fuori dalle mura di un città ideale con tanto di porto”. Il confronto tra questi due cicli fiorentini, paralleli, bene evidenzia il passaggio da un arte fedele al soggetto da rappresentare, preoccupata della fruizione che ne farà lo spettatore, ad un arte fine a se stessa che stravolge in soggetto alla ricerca di una bellezza fine a se stessa.
Rosa Giorgi illustra la vita di san Francesco con opere di tutti i tempi e di modi espressivi appartenenti alle diverse correnti della storia dell’arte ma è significativo che dopo l’affresco del Ghirlandaio, con gli uomini in ricche vesti, inserisca un episodio poco noto, “La scelta dell’abito”, rintracciandone un’immagine in un codice miniato inglese del XIV secolo e rilevando come il santo abbia “scelto una stoffa ruvidissima per crocifiggere la carne con i suoi vizi”.
Questo contrasto tra realismo ed estetismo è ancor più marcato e superato nell’episodio “Lo sposalizio con Madonna Povertà”, dipinto dal Maestro delle vele, un discepolo di Giotto nella Basilica inferiore di Assisi (1325). In una della quattro vele centrali, l’artista rappresenta Cristo che sposa Francesco con Madonna Povertà “una donna dal volto allungato, indossa vesti bianche (che indicano la purezza) e stracciate, che posa sopra rami spinosi, che la feriscono (le difficoltà della vita) ma in alto fioriscono i rose e gigli”. La povertà, nell’universo francescano diventa la quarta virtù teologale.
Dopo la descrizione di questo affresco l’auttrice commenta “questo atteggiamento del Santo viene assimilato ad una relazione di amore sponsale”. Non solo un’allusione alla letteratura cortese, ma un rimando al Cantico dei Cantici, perché la Chiesa, sposa di Cristo, per essere autentica, dev’essere povera, e questo amore sponsale, a chi lo comprende, è il vertice della bellezza, ben al di là della perfezione delle forme e della piacevolezza dei colori.
Proseguendo in questa biografica per immagini, utilizzando il ciclo di affreschi che orna la basilica superiore di Assisi, opera di Giotto e della sua scuola tra 1285 e i1 1270, vengono riportate alcune scene tradizionali, molto note, come “Il sogno di Innocenzo III” che vede Francesco sostenere una Chiesa che minaccia di rovinare e “La conferma della regola”.
Il volume è interessante perché riporta opere meno conosciute e su episodi minori della vita del santo. Nella sacrestia di Santa Croce a Firenze c’era un armadio,ora purtroppo smembrato, le cui ante erano decorate da una doppia serie di ventotto formelle quadrilobate, dipinte su fondo oro, in un stile tardogotico, da Taddeo Gaddi nel 1340 c., a illustrare in parallelo la vita di Cristo e di Francesco. Il libro presenta la formella San Francesco e il sultano, ora in un museo a Monaco, con a commento un frammento della Regola non bollata che raccomanda ai francescani in terra di missione tra gli infedeli di “non fare dispute e liti, ma di confessare di essere cristiani”.
Vengono anche presentate, collocandole nella sequenza biografica, due delle sette formelle, ora a Londra, del grande polittico su san Francesco che il Sassetta ha dipinto nel 1450 per i francescani di Sansepolcro, andato in parte perduto, che è il complesso più grande del quattrocento italiano con cinquanta tavole disposte sulle due facciate. Un altro recupero è la predella con cinque storie francescane che il domenicano Beato Angelico ha dipinto nel 1435 circa per una pala di altare andata perduta, un documento molto significativo della collaborazione tra i due ordini religiosi.
Il libro presenta “L’incontro di san Francesco con san Domenico”, avvenuto a Roma, tra il 1219 e il 1221 a casa del cardinale Ugolino, quando era papa Onorio III. Il Beato Angelico colloca l’incontro davanti a una chiesa che ricorda le architetture romanico-gotiche ed in alto rappresenta il sogno di san Domenico, il quale la sera precedente, ha la visione di Maria che è esaudita dal Signore, perché i due suoi servitori avrebbero visto approvare dalla Chiesa la loro regola. Infatti Onorio III il 21 gennaio 1217 approva quella del domenicani e il 29 novembre 1223 quella dei francescani.
Nel 1224 mentre si trovava nei boschi a la Verna il Santo ebbe una visione “che gli portò insieme gioia e profondo dolore, perché si sentiva inondato dall’amore di Gesù, ma soffriva nel vederlo crocifisso”, quando la visione terminò si accorse di avere i segni della Passione, le ferite alle mani, ai piedi, al costato. Un fatto mai accaduto prima nella vita di un santo. Nel libro l’immagine di questo avvenimento è tratta da un quadro di Gentile da Fabriano (1420 c)
Infine ci sono alcune opere che riguardano santa Chiara, raccordate a testi di commento tratti dalla Vita di santa Chiara secondo le Fonti francescane. L’autrice confronta il “Lamento sulla morte di san Francesco” del Beato Angelico (1440c) con “Il pianto delle Clarisse” del ciclo di Assisi (1295 c.,) rilevando la diversità di stile delle due opere pur motivate da una medesima ispirazione religiosa. Giotto a fianco alla facciata della chiesa di san Damiano, dove è stato portato il corpo del santo, disegna un albero sul quale si è arrampicato un ragazzo per staccare rami, un ricordo della entrata festosa di Gesù a Gerusalemme, perché la morte è la nascita aduna nuova vita. È auspicabile che Rosa Giorgi estenda questa ricerca fino all’arte contemporanea, artisti come Michel Ciry e Pietro Annigoni, per ricordarne solo alcuni, hanno fatto opere notevoli sui testi francescani.
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