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Società

LIBERI DENTRO

LUISA NEGRI - 24/09/2015

azar“Come il totalitarismo, anche la democrazia può esistere ovunque, in Oriente e Occidente, e non può sopravvivere senza una immaginazione democratica”. È questa l’idea di Azar Nafisi, autrice di “Leggere Lolita a Teheran” (un bestseller del 2003 tradotto in 32 lingue), in Italia per la presentazione alla stampa del suo ultimo libro “La repubblica dell’immaginazione” (Adelphi). Nafisi, scrittrice e docente universitaria iraniana poi immigrata in America per ragioni politiche, figlia della prima donna parlamentare eletta nel parlamento iraniano, e di Ahmad, ex sindaco di Teheran sotto lo Scià, conosce l’Italia da sempre. Non solo da quando ci venne fisicamente per la prima volta nel 2004, invitata in occasione del Festival internazionale delle letterature di Roma. Conosce in realtà il nostro Paese dalla sua giovinezza, perché fin d’allora lettrice di Moravia, di Calvino, di Svevo, di Ginzburg, e di Primo Levi i cui scritti, dice, “…mi aiutarono a superare alcuni dei momenti più difficili e disperati della mia vita sotto il regime islamico. Capii a fondo solo nel 1979 quanto fosse importante l’immaginazione quando si lotta per conquistare e custodire le libertà individuali e i diritti umani”.

Quell’anno, rientrata in patria subito dopo la rivoluzione islamica, comprese che l’esilio più duro è quello in cui non ci si sente più a casa in casa propria. “Che i regimi oppressivi prima brucino i libri e poi uccidano le persone non era più un concetto astratto e non faceva più parte delle esperienze degli altri. Era diventato un aspetto della mia realtà personale e una parte integrante della mia esperienza quotidiana”.

Dal ’95 dovette lasciare l’Università di Teheran per insegnare letteratura privatamente alle sue allieve migliori, un’esperienza indimenticabile raccontata nel suo primo libro. Le parole di Levi le avevano già insegnato che quando i persecutori cercano di ridurre l’uomo a una bestia “…noi bestie non dobbiamo diventare. Per vivere è importante sforzarci di salvare almeno lo scheletro, l’impalcatura, la forma della civiltà”. Aveva ancora prima imparato ad amare l’Italia attraverso i nostri registi: Visconti, Fellini, De Sica, e più vicino nel tempo anche Tornatore. I film italiani erano proibiti in Iran, ma gli intellettuali iraniani riuscivano a vederli nelle loro case, tra amici desiderosi di libertà e bellezza.

Con parole limpide la scrittrice ha spiegato di recente ai lettori della Stampa, in un ampio intervento dedicato al quotidiano torinese (19 settembre, Tuttolibri) come proprio la lettura dei romanzi e la visione dei film e la bellezza dell’arte in generale le abbiano assicurato la libertà sempre e ovunque. Già da giovane adolescente, e studente di letteratura inglese nella fredda Inghilterra, aveva scoperto che, attraverso i libri, le opere pittoriche o le immagini cinematografiche, poteva portare con sé il mondo. “Grazie ai libri -ricorda- mi stavo già costruendo una casa, una casa portatile, che potevo portare appresso e che nessuno avrebbe potuto togliermi”. Nessun sermone, nessuna forma di correttezza politica può sostituire per Nafisi l’empatia che nasce dall’immaginazione: perché questa ci fa vivere le esperienze di altre persone e ci apre mente e occhi su idee e punti di vista di cui ignoravamo l’esistenza.

Al ritorno in America nel ’97, dove le viene assegnato un posto alla prestigiosa Johns Hopkins di Washington D.C, l’autrice rivela al mondo il suo racconto: emblema di un racconto corale, che dimostra una volta di più come i tiranni, nascosti sotto diverse spoglie, temano davvero più l’immaginazione che non il potere militare. Così come le crisi, economiche e politiche, si fondano sempre su una mancanza di visione: “Ma la visione è, come disse Swift, quel che è invisibile agli altri, e quindi non può esistere senza l’immaginazione”. Molti scrittori, ricorda ancora Nafisi, ci ammoniscono a difendere la nostra libertà, preferendo alla comodità il rischio, all’appagamento alla compassione, all’ideologia l’apertura verso la critica e l’autocritica, alla correttezza politica la curiosità e l’empatia. E invita ad alzare tutti la guardia perché in nessun Paese è scontata la democrazia, e la questione della immaginazione e dei diritti umani non è in pericolo solo in Cina o in Iran o in Arabia Saudita, ma anche in Occidente. Nafisi crede fermamente, come Ray Bradbury, che “…non c’è bisogno di bruciare i libri per distruggere una cultura, basta che la gente smetta di leggere”. L’imperativo diventa allora non solo per il politico, ma per ciascuno di noi: difendere la libertà di tutti, lottando contro l’oppressione, ma anche contro l’indifferenza del benessere, secondo passione e compassione. In questo gli scrittori come Nafisi sono da sempre in prima linea, armati solo della loro testarda penna e della purezza di cuore. Non lasciamoli soli, nei loro libri è il sale della terra.

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