Infinitamente (avverbio, senza fine né limite)
“L’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo” sono stati al centro di una conversazione proposta da RMF a un vasto pubblico presso la sala delle Romite ambrosiane al Sacro Monte, lo scorso sabato.
Non potrei esporre in modo sistematico quello che è stato detto dai relatori, docenti e ricercatori di fisica perché, nonostante i fitti appunti, riconosco di possedere conoscenze ancora piuttosto incerte sul piano scientifico.
Però posso raccontare il mio vissuto di quel pomeriggio. Mettere nero su bianco alcuni pensieri, primo tra tutti la consapevolezza della mia inadeguatezza in materia. Riferire di alcune sensazioni, ancora da rielaborare, basate su una felice intuizione il cui senso profondo però al momento ancora mi sfugge.
Normali reazioni del profano che si accosta ai misteri dell’universo. Prima della conoscenza del tema arrivano la meraviglia e lo stupore per l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo di cui ci hanno parlato Chiara Meroni e Marco Bersanelli.
A queste conferenze capita spesso che qualcuno dal pubblico chieda agli esperti se l’incontro con la vastità dello spazio procura loro sgomento. La domanda è arrivata anche qui. Gli interpellati rispondono che no, non provano sgomento.
Perché mai sgomento, mi chiedo anch’io? Semmai sperdimento, forse una sorta di vertigine all’idea che stai viaggiando, guidato dalle immagini della sonda che s’inoltra tra i sistemi solari e le galassie, in una dimensione dove spazio, tempo, distanza, età del mondo, tutto si dilata e si confonde fino a sfuggire alla mente.
La stessa vertigine ti prende quando ti spiegano che ciascuna delle cellule che compongono il tuo corpo può essere scomposta in particelle caratterizzate da segni matematici inafferrabili come “alla meno 34”. Ancora meraviglia provi imparando che in una goccia d’acqua ci sarebbero 1.660.000.000.000.000.000.000 (circa) di atomi.
Il racconto della storia dell’universo, così come la si conosce oggi, fa sorgere l’idea che possa esista un ordine di tutte le cose, anche di quelle invisibili e immateriali, che sono tanto piccole da sfuggire non solo alla diretta esperienza ma anche al concetto stesso di misura.
Dunque, ogni corpo presente nell’universo custodisce dentro di sé una quantità enorme di informazioni, fino a poco tempo fa ignote, come lo scrigno delle fiabe custodisce gioielli e pietre preziose. Dentro ogni cellula alberga la spiegazione dei principi della vita. Anche se non sono in grado di spiegare che cosa questo significhi concretamente, capisco che grande e piccolo si ricongiungono dentro e intorno all’infinito.
Quanto all’infinitamente grande, va riconosciuto che siamo i figli neonati degli antichi che studiavano con timore riverenziale il cielo, le stelle, la struttura dell’astronomia. Oggi noi veniamo a sapere che esistono distanze siderali, che escono da ogni parametro spazio/temporale: il numero di stelle in una galassia – centinaia di miliardi – o il numero di galassie nello spazio per ora noto – centinaia di miliardi anche queste – o corpi celesti grandi migliaia di volte il nostro già enorme Sole, nebulose che si estendono per anni luce.
Buchi neri, nuove forme di materia, un universo forse chiuso, forse no, il vuoto, la materia oscura, l’antimateria. Ancora oggi siamo agli albori della conoscenza che, come lo spazio e il tempo, si dilata all’infinito. Quindi siamo ancora dentro al mistero quasi totale.
“… così tra questa Immensità s’annega il pensier mio: E il naufragar m’è dolce in questo mare. (Leopardi, “L’infinito”)
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