Conosco un buon gruppo di amici pensionati, “relativamente” attempati – dicono loro – che si incontrano abitualmente a metà mattina dei giorni feriali, in Corso Matteotti durante la stagione temperata, nell’androne delle Corti durante la stagione invernale. Raramente si ritrovano in un bar: loro sono virtuosi e vogliono risparmiare.
Tutti vivaci “opinionisti” si scambiano pensieri, osservazioni, giudizi su fatti della realtà o su articoli dei quotidiani, già letti prima di incontrarsi. Sono in giro perché le mogli (quelli sposati) li invitano a uscire da casa con la scusa di fare un po’ di movimento, ma di fatto per toglierseli di torno mentre loro sfaccendano, “Se non lo butto fuori me lo trovo sempre tra i piedi e mi intralcia, magari mi critica anche e io ho da fare” dicono. I non sposati, i “single” come si dice adesso, escono da casa alla ricerca di qualche ora di compagnia per addolcire la solitudine.
Il lunedì mattina l’argomento delle conversazioni è prevalentemente lo sport, negli altri giorni gli eventi della politica, i fatti della vita, o problemi di salute; in realtà quest’argomento si cerca di evitarlo per non scivolare in depressione.
Più spesso è la politica che vivacizza il loro parlare e non può essere che così, perché gli errori della stessa creano grossi problemi alla qualità della loro vita. È sempre doloroso costatare che loro devono solo subire e non possono fare nulla per reagire. A proposito di sbagli, si adirano nel constatare i vantaggi di cui godono certi figuri per via del favoritismo troppo disinvoltamente praticato da parte dei politici. Ovviamente trovano più scandaloso il nepotismo, molto presente nel pubblico, nella sanità, in particolare nelle Università. Che strano, osservano, nelle private è quasi assente.
Il malcostume è talmente presente che si arriva a confondere il favoritismo con la strategia politica; infatti recentemente un quotidiano locale ha lodato, enfatizzato la capacità, la saggezza nel dare incarichi (oltre tutto molto ben retribuiti) a persone vicine al Presidente di Regione, dimenticando il dovere di ricercare le capacità professionali adatte, necessarie per coprire certi ruoli importanti sia dal punto di vista tecnico che politico. L’articolo è stato stilato come risposta a un servizio apparso su una rivista a tiratura nazionale che denuncia l’episodio. “Robe da matti, si è persa la misura … il livello morale è sotto il pavimento,” mormorano pur sapendo di pronunciare l’ennesimo luogo comune.
A sostegno del loro essere scandalizzati citano un altro articolo, comparso sul Corriere a firma di un notissimo opinionista, in cui invece non si loda, ma si stigmatizza il fenomeno, sottolineando gli effetti negativi e devastanti sull’economia della Nazione provocati dalla grande corruzione legata appunto al favoritismo dei nostri giorni.
“Si, ma non c’e bisogno delle parole di quello lì per capire che siamo da troppo tempo in crisi anche per la corruzione, oltre naturalmente ad altri errori”. Brontolano contro queste male abitudini ma notano che sono talmente infiltrate nella vita dei nostri giorni che l’opinione pubblica, in modo nemmeno molto sommerso le accetta, cercando d’adeguarsi. Solo gli sprovveduti come loro non ne approfittano. L’errore è diventato virtù ripetono: grande abilità è usarlo invece di combatterlo. “Ma cosa possiamo fare noi” si chiedono nuovamente, magari guardando di sottecchi uno di loro la cui brillante carriera professionale è stata vissuta in un ente pubblico. “Uella, calma! Io il mio posto me lo sono guadagnato con un lungo tirocinio, con studi, con pubblicazioni, e ho dovuto fare un concorsaccio io …..”. Gli altri lo guardano, sorridono “Ma mica parlavamo di te. Ma però ammetti siamo ben dentro il guano se anche sui giornali le idee son confuse e i privilegi non sono considerati immorali”.
Alla fine della mattinata i miei amici pensionati, terminata la chiacchierata, si avviano, come si suol dire, con la coda fra le gambe verso casa per consumare il pranzo. Dopo guarderanno il telegiornale non più obiettivo diffusore di notizie della vita nazionale ed internazionale, ma ridotto, a causa della ricerca di audiens, a enfatizzare spot capaci di suscitare emozioni, troppo spesso senza rispetto degli ascoltatori ma anche delle vittime degli eventi. Il lutto, il dolore, la sofferenza fanno spettacolo: chi se ne frega di chi soffre. Poi dopo le lacrime, il tele diventa fatuo e ti raccontano, generalmente in chiusura, di scandaletti, di amorazzi, usando possibilmente scollacciate immagini di protagoniste del jet set. Non più austero telegiornale ma fatuo rotocalco che pubblicizza raccomandati (ma proprio non se ne può far a meno?) cantanti o attori, protagonisti di quel che si considera il successo nella vita.
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