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Cultura

IL DOCTOR MIRABILIS

LIVIO GHIRINGHELLI - 18/09/2015

baconeRuggero Bacone (1214- post 1292), francescano, definito a suo tempo Doctor mirabilis, fiero avversario dei domenicani egemoni nello Studio parigino (Alberto Magno, Tommaso d’Aquino ecc.), ne contestava lo specialismo enciclopedico, ritenendo essenziale l’unità del sapere, affermando la totalità organica della cultura contro gli esiti di una metodologia analitica e predicava la necessità di abbandonare il sapere astratto per aprirsi alla pratica dell’esperienza. Ravvisava nella matematica l’unità di principio, il centro e il fondamento dell’intero sapere. Le leggi matematiche si incarnano nel mondo fisico, di cui sono le forme regolatrici. La struttura matematica del reale non è una pura forma separata dalla corporeità. Bacone promuoveva tra l’altro le leggi geometriche dell’ottica a leggi della realtà tutta. Diffidente com’era nei confronti delle disputationes, intendeva anche riformare gli studi teologici al di là delle disquisizioni logico-formali.

Riteneva necessario il ritorno alla tradizione agostiniana, avversando il prevalere dell’aristotelismo, deplorando l’abbandono della Bibbia quale fonte di ispirazione principale (perciò sostenendo l’importanza dello studio dell’ebraico, come del greco e dell’arabo, della filologia nella ricostruzione dell’autenticità dei testi).Comunque per Ruggero Bacone – ovvio per i tempi- la scienza sperimentale, pur signora del sapere, non è autonoma, ma subordinata alla moralis philosophia nella considerazione del regno dei fini. Scienza e tecnica sono gerarchizzate a teologia ed etica. Teologia e filosofia sono due diverse prospettive ermeneutiche dello stesso testo.

Negative risultavano per lui l’assunzione di modelli esemplari tratti da un’autorità fragile, l’inerzia dell’abitudine e del facile consenso, la supina accettazione delle opinioni della maggioranza. Cieco è l’orgoglio di ritenersi in possesso di verità assolute (l’errore poi sempre si sviluppa in un contesto intersoggettivo). Mentre la verità è infinita, sia come insieme, che singolarmente presa. Nei rapporti fra trivio e quadrivio c’è in lui un rovesciamento di prospettiva : aritmetica, geometria, musica, astronomia assumono un ruolo primario rispetto a grammatica, dialettica e retorica (solo la prima mantiene un rilievo come filologia). La dialettica (la logica) da principio regredisce a strumento tecnico del sapere.

Nel comune lavoro sviluppato per conoscere sempre meglio la sapienza divina anche i semplici indotti saggiano una scienza sperimentale, scoprendo frammenti di verità. L’esperienza è porta et clavis omnium scientiarum, come risulta dalla parte sesta dell’Opus, l’opera principale di Bacone. Ed è fondamento della certificazione intima e vissuta di una verità che risulti costruita per altra via. Nell’esperienza interiore poi si verificano illuminazioni, che si pongono a fondamento della matematica.. E c’è un’unione indissolubile tra necessità logica e certezza psicologica. La scoperta progressiva della verità esige che si proceda a smascherare verità solo apparenti grazie alla spiegazione razionale dei fenomeni che appaiono soprannaturali (non c’è bisogno di ricorrere a maghi, streghe e demoni): vedi quella dell’arcobaleno in base alle leggi dell’ottica (terreno privilegiato della scuola oxoniense).

Nel suo grande disegno di Reformatio della Chiesa e di tutto il genere umano Ruggero Bacone trovò facile intesa nella sensibilità al problema di Papa Clemente IV (1265-1268), che con una lettera apostolica gli chiese di inviargli l’opera cui stava lavorando, articolata in Opus maius, Opus minus ed Opus tertium (1266-1268). Una grave crisi attanagliava la cristianità in quel periodo, rendendola incapace di convertire i musulmani con il fallimento delle Crociate; l’indisciplina affliggeva soprattutto il clero, ma anche i laici; il duello Impero-Papato con la pretesa di attribuzioni contrastanti nell’ordine universale non si esauriva certo con la sconfitta di Manfredi, figlio naturale di Federico II, a Benevento, ad opera di Carlo d’Angiò (1266). Corradino di Hohenstaufen, nipote di Federico, stava per discendere in Italia. I Mongoli (Tartari) di Gengis Khan, grazie all’offensiva del nipote Batu nel 1240 sono riusciti ad espugnare Kiev, avanzando poi in Polonia, Boemia e Ungheria. Nel 1261 è crollato a Costantinopoli l’effimero Impero latino d’oriente, facendo spazio a Michele Paleologo, dell’ultima dinastia degli imperatori bizantini, sovrano estremamente debole (nel 1274 stringerà un accordo riconoscendo il primato di Roma, senza che l’intesa andasse ad effetto). Sullo sfondo la profezia di Gioacchino da Fiore (la fine del vecchio mondo si sarebbe verificata nel 1260 con la liberazione dall’Anticristo).

Di qui, di fronte ad un presente dominato dall’angoscia (avidi, distratti, nepotisti i prelati, la dignità degli ordini mendicanti affralita, mercatura e artigianato le attività predilette con dolo e frode, il diritto laico che sovrasta quello sacro), la necessità di riscattare il mondo dai mali, di riedificare al contempo la Chiesa e la società cristiana e il sapere, la cultura. Questo il senso dell’Epistola fatta pervenire al Papa sul fondamento di tutte le scienze messe in luce organicamente con le loro connessioni. Al centro il cuore, non il nudo intelletto. E pacifica doveva essere la conversione degli infedeli. La persuasione, non l’imposizione come metodo.

Nato in Inghilterra nel Dorsetshire da famiglia benestante, Bacone riceve un’istruzione di prim’ordine. Comincia gli studi superiori a Oxford, per continuarli poi a Parigi, centro indiscusso degli studi di teologia. Qui avverte l’inadeguatezza delle traduzioni di Aristotele in uso e la necessità di uno studio approfondito delle lingue, per meglio accostare gli originali. Solo Guglielmo d’Alvernia gli lascia un’impressione positiva, non così Alessandro di Hales e Alberto Magno. Intorno al 1240 diventa magister artium ed è tra i primi a commentare i testi di Aristotele. Dal 1241 al 1246 dà alla luce le Quaestiones sui libri di fisica di Aristotele, la Summa grammatica e le Summulae dialectices. Ma è trasferendosi presso la scuola di Oxford, promotrice dello studio delle lingue e interessata ai problemi della scienza, che Bacone trova il suo orientamento. In particolare influiscono su di lui i principi professati da Roberto Grossatesta (1175- 1253) (ispirazione agostiniana e studio dei fenomeni naturali).

Torna poi in Francia presso l’Abbazia di Saint-Denis. Vietando le Costituzioni di Narbona del 1260 ai frati francescani la pubblicazione di opere se non previo permesso specifico dell’Ordine, Ruggero Bacone coltiva i suoi studi nel silenzio. Da cui emerge grazie alla corrispondenza con Clemente IV. L’interesse per l’astronomia e l’alchimia (egli però sostiene che la natura è verità, non magia) fa da pretesto per una condanna alla prigionia nel 1278. Nel 1272 ha composto il Compendium studii philosophiae, violentissimo attacco alla cultura dei maestri parigini, fautori solo di contese. Ultima opera nel 1292 il Compendium studii Theologiae.

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