sgambetto (1 sm l’attraversare intenzionalmente il passo a qualcuno per farlo cadere; 2 sm
colpo di lotta giapponese; nel gioco del calcio, tentativo di far cadere l’avversario).
A quale delle due accezioni di sgambetto, in italiano naturalmente, perché in ungherese non si sa, si sarà riferita la signora Petra Laszlo, reporter di una TV di estrema destra? Chissà.
In tanti abbiamo visto una giovane donna bionda, tonica e scattante, che correva intorno al gruppo di migranti in fuga da una delle stazioni ungheresi dove erano approdati i profughi siriani, per riprenderne le immagini, in mezzo a una folla di poliziotti, giornalisti, fotografi, fotoreporter. Ad un tratto Petra si stacca dal gruppo, insegue un bimbetto che fugge insieme con altri, lo sgambetta. Il piccolo cade, il padre, il fratello e altri adulti si bloccano, le immagini del video mostrano concitazione e disorientamento.
Il mondo ha visto in diretta Petra Laszlo, con la telecamera in spalla, avventarsi contro il piccolo tenuto per mano dal papà e farlo cadere. Non contenta dello sgambetto, Petra si accanisce su di lui prendendolo a calci.
Io ricordo solo sgambetti tra noi bambini, fatti per gioco, per riuscire ad arrivare primi al muro dell’“Un due tre, stella”, o per staccare il gruppo e toccare da vincitori il muro o il tronco dell’albero del nascondino.
Io non ho memoria di sgambetti “materiali” tra adulti, e nemmeno di sgambetti fatti da adulti a bambini. Di sgambetti metaforici, sì, come tutti; gli sgambetti di quelli che corrono verso il traguardo tagliando la strada agli altri, per soffiare il posto al collega, mettersi in bella mostra agli occhi del capo…
Licenziata in tronco dal direttore della sua TV, Petra si è difesa sostenendo che è stata la paura di essere aggredita a muovere il suo istinto. Una giustificazione piuttosto fragile. Diciamo, meglio, che a muoverla sarà stata, piuttosto, l’avversione per il diverso, il migrante minaccioso e pericoloso, stracciato e sfinito da tanti giorni di viaggio, la rabbia se non l’odio, per lo straniero portatore di indicibili nefandezze.
Ma che cosa c’entra questo con un bambino in fuga dalla polizia di uno stato ostile, sperso in un prato, trascinato via dal suo papà? Fare lo sgambetto a un bambino per far cadere il padre. Se l’obiettivo è fermare ad ogni costo lo straniero, il mezzo, cioè sgambettare un bambino, per la reporter ungherese diventa un atto lecito.
Da un giornale straniero Petra Laszlo è stata incoronata come “Miss Male Mondo”. Miss Male Mondo, un’etichetta sinistra, certo esagerata, però…
Così, dopo le foto del bimbo morto sulla spiaggia, ci è toccato assistere in diretta al pianto di Zaid fatto cadere in una situazione di estrema confusione e nel pieno del marasma della fuga. Ci siamo indignati? Io sì, pochi giorni dopo essermi commossa per Aylan.
Petra Laszlo si è difesa con una lettera inviata alla stampa ungherese, ha lamentato di aver ricevuto un diluvio di esecrazioni, di insulti e di minacce, soprattutto sui social network di ogni parte del mondo. La Laszlo prova a scusarsi, ci racconta di essere lei stessa una persona in difficoltà, una madre disoccupata con figli piccoli.
A noi dispiace, davvero, che siano dei bambini a pagare per un gesto disonorevole. Ieri Aylan, oggi Zaid, e ancora oggi, gli incolpevoli figli della reporter Petra.
Consoliamoci, però, la brutta storia si è conclusa con il lieto fine: il piccolo Zaid, con il papà e il fratello maggiore, ha finalmente raggiunto la Germania.
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