Lo scorso anno sono stati ricordati i sessant’anni dall’inizio dell’esperienza di Gioventù Studentesca – poi evolutasi nel movimento di Comunione e Liberazione – dovuta alla vivace presenza missionaria di don Giussani, insegnante di religione al liceo Berchet di Milano nell’anno scolastico 1954-55. In realtà Gioventù studentesca era una struttura ufficiale dell’Azione Cattolica milanese che si occupava di pastorale giovanile alla quale il sacerdote brianzolo impresse nuovo slancio unificando (cosa quasi scandalosa per l’epoca!) i livelli maschile e femminile e valorizzando l’esperienza del “raggio” (anch’essa preesistente essendo nata a Roma negli anni Trenta e a Milano nel 1937) come ambito formativo d’ambiente, formato dagli studenti di una stessa scuola ma aprendola a tutti, non solo agli iscritti all’Azione cattolica.
Da Milano GS/CL iniziò la sua espansione dapprima nella diocesi, poi in Italia e in tutto il mondo tanto che oggi il movimento è presente in circa novanta Paesi. Varese, con Lecco e altri centri della diocesi milanese può sicuramente vantare di essere stata tra le primissime realtà a subire il fascino del metodo educativo di Giussani, incentrato sulla piena adesione a Cristo e alla Chiesa ma contestualmente aperto al dialogo ed alla comprensione della realtà in tutti i suoi aspetti.
Ma quali furono più precisamente le circostanze che portarono GS a Varese? La sua presenza è sempre stata fatta risalire all’anno scolastico 1955-56 e ricerche d’archivio sono tuttora in corso ma c’è anche una circostanza che può ben considerarsi il punto di avvio: si tratta della inaugurazione della Casa della Cultura in piazza Beccaria 1, avvenuta esattamente sessant’anni fa, il 18 settembre 1955. Molti lettori la ricorderanno come la sede storica di GS e tale fu effettivamente sino alla fine del 1969 ma le sue finalità erano inizialmente un po’ diverse.
L’iniziativa nasceva dall’esigenza di dare spazio adeguato a una vasta serie di associazioni cattoliche ed aveva come principale ispiratore l’allora prevosto di Varese monsignor Francesco Rossi interessato, più del suo predecessore, monsignor Schiavini di formazione prevalentemente teologica, ad aprire un dialogo con la classe intellettuale varesina. Il settimanale cattolico Luce! ne parla principalmente come sede dei Laureati cattolici ma doveva ospitare anche gli altri livelli dell’associazionismo varesino: gli universitari della FUCI, i Maestri cattolici e gli studenti delle medie superiori.
A inaugurarla fu l’allora arcivescovo di Milano, Giovan Battista Montini, invitato a Varese in occasione dell’imponente pellegrinaggio diocesano di ventimila uomini di Azione Cattolica di cui momenti culminanti furono la Messa in piazza Monte Grappa, il Rosario alla XIV Cappella del Sacro Monte e, appunto, l’inaugurazione della Casa della Cultura. La Prealpina del 20 settembre dà ampio resoconto della giornata riportando, come allora usuale, i nomi di tutti i notabili presenti e citando ampi stralci dei discorsi inaugurali. Da lì ricaviamo anche altre notizie: l’edificio era stato costruito grazie al “generoso mecenatismo” del commendator Achille Cattaneo, imprenditore varesino, padrone della Conciaria Cornelia di Valle Olona, i cui nipoti hanno più recentemente donato alla cittadinanza villa Mylius con relativo parco. Peccato che pur essendo stato concesso in uso alla chiesa varesina l’edificio rimase in proprietà alla famiglia Cattaneo e dopo la morte del commendatore prese tutt’altre destinazioni.
Molti ricorderanno anche il moderno e funzionale arredo della sede, in particolare il salone al secondo piano con le sedie gialle e il bracciolo che fungeva da scrittoio, le gigantografie con gli affreschi di Masolino a Castiglione Olona, il crocefisso applicato direttamente sul rivestimento in legno della parete di fondo… Il tutto risale al 1955 ed era dovuto alla “estrosità di artista” dell’architetto Giorgio Pavesi mentre il crocefisso – a proposito: qualcuno sa dove è finito? – era opera di Angelo Frattini.
Ma torniamo a GS: nella galassia dell’associazionismo cattolico il livello (maschile) riservato agli studenti medi superiori era inizialmente denominato a Varese Movimento Studenti Medi Superiori, ovvero quella sezione dell’Azione Cattolica – tuttora esistente – che sin dagli inizi del Novecento rappresentava l’attenzione missionaria della Chiesa italiana agli studenti e al mondo della scuola media superiore.
Don Giussani ne era responsabile diocesano e in tale veste, poco dopo l’inaugurazione della Casa della Cultura, venne invitato a tenere una “quattro giorni” di studio a Villa Cagnola sul tema “La cultura”: ne parla Luce! citando anche alcuni punti salienti del suo intervento che anticipano quelli che saranno veri e propri “cavalli da battaglia” di Gioventù Studentesca: “Perché i giovani possano avviarsi ad una vera cultura è indispensabile immetterli in un ambiente scolastico adatto allo scopo (…) soltanto la scuola libera può assolvere a questa funzione (…) i cattolici devono lottare perché anche in Italia venga presto instaurato un sistema scolastico basato sul principio della libertà della scuola. In questo frattempo è compito del Movimento Studentesco aiutare gli studenti a farsi una vera cultura”.
Che cosa si intenda per vera cultura, è presto detto: “interpretazione unitaria e profonda della realtà” senza la quale sussiste “un’atmosfera di insoddisfazione, scetticismo, inquietudine” che è appunto quella che domina la scuola statale. Non dunque la difesa della scuola libera per interessi di parte ma la preoccupazione per una autentica educazione alla comprensione della realtà.
È però solo nel marzo 1956 che compare per la prima volta il termine “Gioventù Studentesca”: la fonte è il giornale studentesco Michelaccio nella rubrica VistaVision destinata a raccogliere notizie dai diversi istituti varesini. Sul primo numero si dà notizia di un corso presso la Casa della cultura tenuto dal professor don Giussani sul tema “risposte ai problemi dei giovani”. Nonostante l’articoletto titoli “Movimento Studenti” si cita esplicitamente come promotore il “gruppo culturale di Gioventù Studentesca”. Il breve resoconto accenna all’esiguo numero degli aderenti al corso che tuttavia viene definito “ottimamente riuscito”. L’estensore del pezzo non manca di sottolineare del relatore “la sua abilità psicologica nell’entusiasmarci senza schiacciare la nostra personalità”.
A Varese certamente anche un’altra figura giocò un ruolo importante nel favorire l’insediarsi dell’esperienza di Gioventù Studentesca ed è quella di don Sandro Dell’Era: prete dal 1950, a Varese dallo stesso anno fu, come ha ricordato su queste pagine Costante Portatadino, un sacerdote affezionato a Gesù Cristo e alla Chiesa, obbediente ai superiori, ma per nulla “clericale”, aperto cioè a incontrare anche personalità diverse dalla sua, libero di farsi affascinare dal carisma di don Giussani e disposto a seguirlo con passione e semplicità, senza la minima gelosia del proprio ruolo o dei risultati della propria azione pastorale.
Le citate presenze di don Giussani a Varese nel 1955-56 non furono sporadiche: la sua presenza a Varese e a Lecco ogni quindici giorni (come ricorda Robi Ronza) testimoniano di una attenzione alle realtà periferiche perfettamente in linea con l’incarico che gli era stato affidato a livello diocesano ma che si estenderà presto ben oltre i confini della diocesi stessa a dimostrazione della novità di un metodo educativo semplice ed efficace capace di trainare una intera generazione di studenti.
le foto della Casa della Cultura sono tratte da un volumetto edito dai Laureati Cattolici in occasione del Natale 1955 reperito presso l’Archivio della Basilica di San Vittore e da archivi privati
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