Siamo nel mezzo della stagione decisiva per il futuro sindaco di Varese. Cosa accadrà nel centrodestra non è impossibile da prevedere. Si rimetteranno insieme malgrado le contraddizioni, le liti, le difficoltà. Anche la collocazione di NCD dipenderà più da quello che succederà a Milano (la vera città pilota) che dalle volontà varesine. La scelta del candidato sarà oggetto di forte competizione ma è probabile che la Lega avrà ancora la meglio.
Non indecifrabile anche il destino delle liste civiche di cui tanto, e con ragione, si parla. Potranno avere un ruolo propositivo e critico rilevante sulla visione della città, sulla trasparenza amministrativa, sull’oculatezza della spesa, sulla partecipazione popolare, ma da sole non riusciranno a guidare Palazzo Estense. Risultato che potrebbero invece conseguire in una coalizione con dei partiti.
Più difficile e complicato il discorso per il centrosinistra al quale spetta l’onere di dare una necessaria (e fisiologica) alternativa alla città dopo quasi un quarto di secolo di dominio leghista. Bisogna essere molto netti, il centrosinistra non vince a Varese se non azzecca il candidato sindaco, il progetto-programma, la coalizione, la squadra di Giunta su cui sarebbe utile qualche indicazione già prima del voto.
Inutile scervellarsi adesso se venga prima la scelta del candidato, o il progetto, o la coalizione. In altri tempi avrei detto: tutto fa parte dello stesso processo unitario. Ora le cose sono cambiate. Non avendo trovato nessun candidato tanto condiviso da essere indicato come unica proposta ai potenziali alleati, il PD ha deciso per le primarie. A questo punto progetto-programma e coalizione sono le indiscutibili priorità temporali.
Qualunque programma anche il più fascinoso non riesce da solo a determinare le sorti di una elezione: raggiunge una minoranza di cittadini i quali sono peraltro abituati a considerarlo il libro dei desideri. Diventa però importante se fa “sognare” una svolta reale con effetti anche oltre i confini amministrativi. Una sterzata che metta Varese in grado di dialogare con Milano e con i suoi grandi progetti come il dopo Expo. È su questo piano che prende senso la parola magica della discontinuità.
Tutto ciò è dirimente per stabilire i confini della necessaria coalizione. Ciò che temo è che alla fine ci sia solo la lista del PD (con personalità di area) più una lista del candidato sindaco. Sarebbe insufficiente. C’è un elettorato disperso al centro e alla sinistra del PD che si sente senza rappresentanza e che difficilmente confluirà in queste due liste. L’esempio dei Cinquestelle è significativo, alle politiche raccolgono tanti voti, alle amministrative molto meno. Dove finiranno questi voti?
È necessario che dei gruppi civici si auto-organizzino per attrarre il voto non di appartenenza e meno politicizzato. Non uno specchietto per le allodole però, ma qualcosa di più serio, schietto e possibilmente già sperimentato in questi anni che possa misurarsi alla pari nelle primarie di coalizione. Sento dire che il PD trova difficile dialogare e trovare con loro un’intesa programmatica. Non fosse così sarebbe probabilmente inutile l’alleanza.
Se la fisionomia (la filosofia) della coalizione è nitida sarà più facile che il candidato ne sia coerente e conseguente espressione. Un candidato che dovrà essere autorevole e capace di leadership. Chi immagina che un buon sindaco debba solo mediare si illude fortemente e ha in mente una realtà immaginaria.
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