Un’altra estate ci ha lasciati, con giorni colmi di dolce tepore,con la cerchia delle nostre montagne che in certi giorni assumono una chiarezza di cristallo,che si alternano con altri in cui imperversano pioggia e vento.
È terminato il tempo delle vacanze: si ritorna a scuola (e tutti speriamo che sia veramente “buona”!), molti riprendono il lavoro, mentre altri, sempre più numerosi, intraprendono il cammino irto di traversie per trovarlo.
Nelle città ci si può dimenticare l’alternanza delle stagioni, ma per chi vive nella poca campagna ormai rimasta, i giorni sono regolati dai nuovi raccolti, dalla vendemmia e dalla ricompensa per un duro lavoro di tutto un anno.
È gradevole all’inizio di un nuovo anno lavorativo farci condurre dal ritmo delle opere e dei giorni regolato sul calendario dei santi così come si vede scolpito nelle enciclopedie di marmo delle grandi cattedrali medioevali: ottobre con la botte, novembre che ara, dicembre che spezza i ceppi per il fuoco, gennaio che uccide il maiale, febbraio che pota e via via.
Queste divagazioni, ricordi non intendono esaltare un tempo ormai passato e che non ritornerà più, ma al contrario vogliono purificare dalle incrostazioni storiche e dalle sedimentazioni folkloristiche tante nostre sagre popolari che di “sacro” non hanno più niente e che molti bigotti vorrebbero, magari in nome di una certa pietà popolare, far rivivere.
Incominciamo ricordando che il primo di settembre si è tenuta la nona giornata per la custodia del creato. I nostri nonni non avrebbero mai pensato che bisognasse invitare donne e uomini a riflettere sull’importanza di salvaguardare aria, acqua, terra dalla distruzione: ci pensavano loro col duro lavoro quotidiano a custodire questi bene preziosi! Da quest’anno Papa Francesco si è unito a tutti gli uomini di buona volontà nell’invitare i cristiani ad educare le nuove generazioni ad avere cura dei nostri paesi e delle nostre città.
Settembre è tempo di vendemmia: ai giorni nostri si comincia a raccogliere l’uva già in agosto, ma un tempo lo si faceva a metà settembre (“Da Santa Eufemia – 16 settembre – incomincia la vendemmia “- diceva mio padre). Anche nel nostro territorio non mancano i vigneti, anche se un tempo erano più numerosi. “Se ‘l setèmbar l’è bel – ghe bum ur grimèe” (Se settembre è bello, è buono il Grumello) – dicevano i bosini, riferendosi al Grumello, un vino che si ricavava da terreni argillosi.
Erano allora giorni di festa e nelle vigne popolate di vespe e calabroni giovani e anziani, donne, bimbi cantavano mentre disfacevano i grappoli appena punti. Il padrone della vigna invitava i vendemmiatori a cantare perché così era certo che gli acini non avrebbero riempito la loro bocca…Oggi, questo lavoro, che racchiudeva in sé un’aria di dolcezza inebriante, è compiuto da braccianti che lavorano sotto il sole cocente anche per quindici ore al fine di raggranellare quel poco per sopravvivere…
Se diamo un’occhiata al calendario, vedremo che a settembre sono numerose le feste dedicate alla Vergine e a santi, la cui ricorrenza segnava date importanti legate alla vita agricola.
S’incomincia l’8 settembre con la Natività della Vergine, a cui è dedicato il Duomo di Milano. È una festa cara alle chiese d’Oriente e ricorda la nascita di Maria nella masseria di Anna e di Gioachino.
In quel giorno, a Varese, inizia il settenario dell’Addolorata, a cui i varesini sono molto devoti e la cui memoria si celebra il 15 settembre.
Raccontano le cronache che nella prima metà del ‘500, venendo S. Carlo Borromeo in visita pastorale a Varese, vide un gruppo statuario ligneo, facente parte probabilmente di una sacra rappresentazione, che raffigurava le “tre Marie”: la Madonna che, alla vista del figlio morente, sta per svenire, mentre un’altra Maria (di Cleofe?) la sostiene e la terza Maria (di Magdala?) piange e rivolge lo sguardo al Crocifisso che non era alle loro spalle, come noi oggi lo vediamo, ma alla loro sinistra. S. Carlo ordinò che il gruppo statutario fosse collocato nel coro dei canonici. Più tardi, nell’800, venne spostato nell’attuale cappella.
Chi ha assistito allo strazio di una madre che ha visto spegnersi il figlio sa che il suo dramma è indicibile. Di quella sciagura si può raccogliere solo l’eco e trovare consolazione, vicinanza affettuosa, condivisione ai dolori della madre e nostri. Per questo, molte persone, anche non credenti, sostano davanti alla “madre dei dolori” per affidare a Lei le loro lacrime non perché le asciughi, ma perché le trasfiguri affidandole al Figlio.
Il 12 settembre si ricorda il nome di Maria ed è, quindi, l’onomastico di coloro che portano (poche, in questi tempi…) il nome della Madonna.
Alla vigilia dell’Addolorata si ricorda l’esaltazione della Santa Croce: “A Santa Cruz – se pertegà i nunz”( Alla Santa Croce si abbattono le noci) e il 21 si fa memoria di San Matteo. (“Da San Matio, ogni fruto xe compio”) È tempo di fichi e di noci, i cui alberi una volta erano compagni costanti delle case di campagna, inconsapevoli, nella loro contrapposizione, il primo per essere emblema dell’estate stessa, il secondo della decadenza dell’estate.
E poi si ricordano Michele, Gabriele, Raffaele: “Da San Michel – la merenda va in ciel”, dicevano nel mio Veneto. Il detto popolare si riferiva al fatto che, dal 25 marzo agli ultimi di settembre, i contadini aggiungevano, agli altri pasti, una merenda verso le quattro o le cinque del pomeriggio. Da San Michele terminavano i grandi lavori per cui si finiva anche di perdere…la merenda!
Erano altri tempi: i buoni pasti non esistevano ancora e i sindacati non avevano ragione d’intervenire!
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