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Parole

MARCHIO

MARGHERITA GIROMINI - 11/09/2015

marchioIn un altro momento storico la parola marchio avrebbe evocato una marca di jeans. Magari campagne bucoliche dove pascolano pigre mandrie di bovini o di ovini, marchiati dal padrone con segni di riconoscimento che lo aiutino a ritrovare i propri animali quando si dovessero allontanare. In questi giorni, invece, il termine ha ricordato a tanti di noi i vagoni blindati diretti ai campi di concentramento dell’ Europa in guerra. Vagoni dai quali scendeva una fiumana di uomini, donne, bambini, marchiati tutti quanti per una inappellabile selezione: di qua, alla morte, di là, alla morte differita, per fame e stenti.

Era solo ieri, nelle campagne desolate dove sorgevano i lager.

Oggi, di nuovo, qualcuno imprime un segno di riconoscimento allo straniero giunto in posti vicini ai luoghi che sono divenuti nel dopoguerra dei sacrari alla memoria.

Ci sarebbe da inorridire. E invece …

Un ascoltatore telefona alla rubrica radiofonica del primo mattino che si occupa della lettura dei giornali e prova a minimizzare. Che cosa sarà mai un segno con un pennarello sul braccio, fatto solo per significare “Non ti conosco ma intanto ti conto e ti segno per poterti ritrovare”; l’ascoltatore prosegue, perché, afferma, se gli stranieri giunti in un paese europeo non hanno documenti, che altro si può fare? Dopotutto, anche quando ci sottoponiamo ad un intervento chirurgico, per esempio a un arto, il personale ospedaliero ci appone a pennarello una croce sulla parte da operare affinché i chirurghi non commettano errori nell’individuazione della zona interessata.

Il conduttore ascolta impaziente, lo si capisce dai sospiri, così taglia corto nella risposta, licenzia l’ascoltatore con un “grazie per aver espresso il suo parere, comunque io personalmente non condivido”.

Sono sconcertata dal paragone proposto dall’ascoltatore.

Altra telefonata, altro parere.

La persona ora al telefono non condivide l’esagerazione dei tanti quotidiani che esecrano il gesto del governo ceco. In fondo anche i nostri giovani, quando si recano in discoteca, vengono “marchiati” con un pennarello sul braccio o sulla mano, a dimostrazione dell’avvenuto pagamento. Così, al rientro dalla pausa fumo, possono accedere al locale mostrando ai buttafuori il proprio segno di riconoscimento.

È triste cominciare la giornata dicendosi che la storia non ci insegna molto; che la paura del diverso alligna dentro ciascuno e viene allo scoperto appena possibile.

È sconsolante dover attribuire sempre all’ignoranza, o alla scarsa conoscenza degli eventi storici, le cause delle svolte all’indietro della storia. Perché non di ignoranza si tratta, ormai tutti siamo ben informati: abbiamo letto articoli e libri, visto film e documentari, seguito dibattiti, incontrato testimoni con un numero impresso sul braccio, pudicamente nascosto ai propri e altrui occhi.

Possiamo dire a voce alta che un marchio è e rimarrà per lungo tempo ancora uno sfregio inaccettabile al cuore di ogni uomo?

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