Nello stupidario di Lombardia è molto ricca la voce Varese perché negli anni vi hanno contribuito, con autentiche trovate, politici e amministrativi delle realtà urbanistiche, viabilistiche, dei trasporti, sanitarie. Con una bella serie di flop è ben piazzato in classifica il nostro territorio che ha potuto contare in particolare sugli apporti dei responsabili della gestione della cosa pubblica bosina.
A confermare la grandiosità di questi contributi ci sono storie il cui racconto richiede ormai verbi al passato remoto, come l’abolizione delle funicolari, il massacro dei grandi simboli Liberty, la distruzione del teatro, l’inizio del dissennato inquinamento del lago.
Tra i flop giganteschi più recenti la rinuncia alla possibilità di trasferire in periferia gli ospedali, il Circolo e il Del Ponte: eppure sarebbe stata una scelta urbanistica decisiva per un salto di qualità di alcune zone della città, a cominciare da una centralissima come quella Giubiano-stazioni.
L’arco di tempo che ha richiamato l’attenzione dello stupidario varesino presenta due caratteristiche singolari, degne di nota. La prima: in anni in cui vennero infilate autentiche perle la mano pubblica interpretò l’urgenza e la modernità del progresso con una cultura da ruspa e così accompagnò la città verso il boom industriale e artigianale. Ci fu tuttavia uno slancio importante, mai più ricuperato: bastano a ricordarlo le vicende di questi anni dei trasporti e della viabilità, senza dimenticare l’anestesia totale propinata a Varese, città destinata a un grigio immobilismo tutelato dalla crisi economica nazionale.
Il ciclone Tangentopoli ha anche avuto effetti negativi sulla programmazione del futuro delle città, ma un risveglio improvviso per la verità a Varese venne registrato non molti anni or sono quando venne proposta una città verticale, vera rivoluzione urbanistica incentrata sulla realizzazione di una serie di grattacieli nel centro della città giardino pensata come una tascabile Nuova York.
Pur col dubbio di possibili speculazioni collaterali, resta il fatto che il progetto, illustrato pubblicamente a più riprese, ebbe se non altro il potere di ricordare a tutti quanto fossero immobili, profonde e scure le acque del nostro stagno.
E oggi, sessant’anni dopo, si discute e si progetta del teatro e di una piazza Repubblica “onorata” temporibus illis da un parcheggio in cambio del palazzo Standa, sfregio fatto al cuore della città dal modernismo commerciale degli immancabili passatisti del palazzo civico.
La seconda caratteristica dello stupidario bosino riguarda l’arco lunghissimo dell’impero della borghesia nel secondo dopoguerra. Ci fu sindaco dal 25 aprile 1945 al marzo 1946 il comunista Bonfanti, nominato primo cittadino dal Comitato di Liberazione Alta Italia, poi i varesini elessero il socialista Cova, espressione di una coalizione di sinistra e rimasto in carica sino a quando, nel 1951, lo sostituì Arturo Dall’Ora indipendente nella squadra pilotata dalla Dc.
Cova passò alla storia per un alato discorso tenuto all’hotel Europa che ancora oggi gli specialisti di misteri, anche di sinistra, tentano invano di capire e spiegare. Va ricordato però che si deve alla Sinistra l’acquisizione, grazie all’assessore Lanciotto Gigli, di Villa Mirabello e del suo parco.
Che Varese sia una città Cirio o Findus, cioè il massimo nei vari tipi di conservazione, lo dimostrano i 54 anni di potere di varie espressioni di Centrosinistra – Centrodestra. Ci fu una microparentesi (13 giorni) con il DC Angelo Monti sindaco e il PCI Daniele Marantelli vicesindaco: era il 1992, accadde durante Tangentopoli. La presunta rivoluzione leghista poi si materializzò come una bella retromarcia, oggi quindi l’ipotizzata, ma non elettoralmente sicura, svolta progressista con il PD non può avere un pedigree di grande spessore. È accaduto inoltre all’inizio e alla fine della civica storia democratica la politica progressista abbia avuto e abbia avuto situazioni imbarazzanti. Oggi ne presenta una fatta di possibili tradizionali frazionismi e un’altra peggiore se hanno riscontri veritieri i “rumori” di confronti, polemiche, indecisioni e silenzi sulla candidatura PD a sindaco.
I giovani si sentirebbero tutti renziani quanto meno in ordine alle rottamazioni, invece chi ha più anni ed esperienza politica alle spalle e conosce soprattutto i varesini punterebbe sull’usato sicuro. A Varese infatti lo hanno E nella fossa dei leoni c’è già stato, sa come si fa.
È il mio candidato? No, sono un borghese storico e poi di questi tempi mi incuriosisce molto di più la rottamazione vera che si impone in partiti che hanno una storia di lungo comando e si sono ritrovati in gran parte ricchi solo di stalagmiti.
Oggi come mai Varese ha bisogno delle garanzie offerte da una maggioranza intelligente e operativa e da una minoranza preparata e capace di un forte controllo.
Come a dire votiamo per persone in grado di essere all’altezza del ruolo che verrà loro affidato. A cominciare dal sindaco.
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