Il problema degli immigrati ha assunto proporzioni imponenti; un intero continente, l’Africa, si sta svuotando e milioni di persone fuggono dalla Siria e dal Medio Oriente di fronte all’ISI, lo Stato Islamico che ha conquistato con la forza e il terrore intere regioni e tuttavia raccoglie un certo consenso da parte della popolazione più povera a cui viene assicurato il minimo vitale.
I flussi migratori rischiano di destabilizzare i Paesi in prima linea, come l’Italia e la Grecia, mettendo sotto accusa la politica ritenuta incapace di affrontare la situazione; in realtà si tratta di un fenomeno epocale che non può essere risolto dai singoli Stati ma necessita dell’impegno di tutta l’Unione Europea e delle stesse Nazioni Unite. Siccome la marea di profughi riguarda ormai tutti i Paesi europei, non è improbabile che un accordo possa essere trovato.
Fino al 15 Agosto scorso sono sbarcati in Italia 103.226 immigrati; nei dodici mesi del 2014 sono stati 171.100 (molti però sono proseguiti versi i Paesi del Nord). La Germania, da molti anni, ne accoglie molti di più: quelli che provengono dall’Est europeo lasciato dal Comunismo nel sottosviluppo; eppure i tedeschi non si lasciano prendere dall’isteria come facciamo noi. Colpa dei populisti, come Salvini e Grillo, che fanno una campagna per seminare paura nei cittadini, li istigano al razzismo senza contribuire a risolvere un esodo biblico come quello che abbiamo di fronte.
Bisogna stare attenti a non delegittimare i Governi che, nonostante insufficienze ed errori, affrontano una situazione che non si era mai verificata prima; la politica è certamente inadeguata in entrambi gli schieramenti, ma la sua assenza può portare alla disgregazione dello Stato e al caos, come nei Paesi da cui provengono i migranti in fuga.
Nella Repubblica Federale Tedesca molti sono preoccupati che l’annunciato “giro di vite” del governo possa provocare il collasso del suo generoso “stato sociale” se non si accoglieranno ogni anno tra i 300 e i 500 mila migranti, secondo le previsioni dell’Istituto statale per gli studi sul lavoro. Anche un fenomeno negativo può comprendere tuttavia aspetti positivi, “in primis” l’incontro tra popoli diversi e l’integrazione delle culture, due fattori che possono favorire in futuro la pace nel mondo.
Secondo tutti gli economisti i posti di lavoro non si creano con “l’effetto sostituzione”, cioè con l’esodo dei lavoratori anziani o di quelli stranieri, bensì con le politiche di sviluppo: l’aumento della produttività del lavoro derivante da una ottimale combinazione dei fattori produttivi, l’innovazione, la ricerca, la formazione professionale.
Dato il basso tasso di natalità in Italia mancano ogni anno circa duecentomila persone: la popolazione invecchia, anzi tra una generazione o due la nostra specie rischia di scomparire, il nostro sistema di sicurezza non sarebbe in grado di sostenere i maggiori costi senza i contributi degli stranieri.
Non è vero che gli immigrati “rubano il posto” ai nostri giovani; se non c’è domanda di beni, nessuna impresa vuole assumere dipendenti anche se teoricamente si creano posti vuoti.
I migranti vengono anche sfruttati da parte dei molti connazionali disonesti: quelli che li pagano 25 euro al giorno per raccogliere frutta e verdura, quelli che affittano loro “in nero” abitazioni spesso fatiscenti, anche alcune cooperative che “si ritagliano il pizzo” sulle diarie stabilite dal governo delle quali, alle persone, rimangono solo tre euro.
L’Unione Europea stabilisce che possano essere accolte le persone in fuga da guerre, persecuzioni (profughi) e quelle che sono fuggite o espulse dal proprio Paese a causa di discriminazione politiche, religiose o razziali (rifugiati); tutti gli altri sono “clandestini” anche se affrontano un viaggio difficile e rischioso per sfuggire alla fame e alla miseria.
Nei Paesi dell’opulenza, avere fame non è una motivazione sufficiente per ottenere ospitalità. In pratica l’Europa accoglie (con il contagocce) i migranti provenienti dall’Eritrea (non a caso una ex colonia italiana, insieme alla Somalia) e dalla Siria; e gli altri?
L’Italia non è inadempiente rispetto ai rimpatri dei “clandestini: ogni settimana partono due voli “charter”: uno per il Cairo e l’altro per Tunisi; una volta al mese ne parte uno per la Nigeria.
Quest’anno sono stati rimpatriati 8497 migranti; non sono molti ma neppure pochi: pensate alla disillusione di chi ha varcato il deserto e il Mediterraneo, correndo rischi gravissimi, e poi si vede rispedito a casa.
L’Italia ha poi intrapreso una via che la pone nettamente al di sopra della assenza di politiche dell’UE; ha iniziato i negoziati con Costa d’Avorio, Senegal, Ghana, Bangladesh, Pakistan per riaccogliere i propri migranti in cambio di aiuti economici per finanziare progetti di sviluppo. Inoltre, in coordinamento con l’UE sta cercando di stabilizzare la Libia e di contrastare i terroristi. La Lega aveva detto: “aiutiamoli a casa loro”; lo sta facendo invece il nostro governo.
Di fronte a un fenomeno epocale questa è la via, lunga e difficile, per superare l’emergenza e arrivare ad una soluzione accettabile del problema.
I flussi migratori sono una costante della storia; nel secolo scorso furono gli italiani ad alimentarli verso le Americhe; quello attuale è anche il risultato nefasto del colonialismo europeo degli ultimi tre secoli e degli errori commessi negli anni scorsi verso i popoli del Medio Oriente. È un fenomeno impossibile da bloccare completamente; ma si può e si deve governarlo.
L’assistenza prestata in mare per il salvataggio di migliaia di profughi da parte della nostra marina e delle altre unità europee è una esperienza di grande valore umano e civile (purtroppo i morti annegati sono stati circa 2500) ma la successiva opera di assistenza ha evidenziato pecche vistose da parte della nostra organizzazione pubblica: si sono mai visti dei vigili urbani aiutare i migranti? Lo fanno invece, egregiamente, le associazioni di volontariato.
I populisti esprimono sentimenti e risentimenti ben radicati nel nostro popolo; l’immigrazione crea indubbiamente disagi di vario tipo, ma non è vero che essa sia esorbitante ed ingestibile: durante le ultime due guerre mondiali abbiamo affrontato situazioni peggiori.
Si vuole incrementare il redditizio “mercato della paura” per ottenere voti suggeriti dalle emozioni e non dalla razionalità, ma i movimenti xenofobi si guardano bene dal portare il benché minimo contributo alla soluzione dei problemi.
Il successo dei populisti arriva da un elettorato frustrato, deluso dalla politica e diffidente verso lo Stato ma anche disinformato, con una conoscenza del tutto superfiale di un tema così complesso, delle sue cause e connessioni.
Nella desertificazione dell’associazionismo (nelle periferie urbane sono scomparsi circoli associativi, sezioni di partiti, sedi sindacali; restano solo le parrocchie) non ci sono più gli strumenti educativi per aiutare i cittadini a leggere criticamente la realtà; i partiti sono scomparsi o sono diventati dei comitati elettorali, la pletora dei sindacati si è rinchiusa nella difesa di chi è già tutelato, ha abbandonato qualsiasi elaborazione culturale e analisi sociale.
Che cosa propongono, in positivo, i vari Salvini, Grillo e compagnia? Quando dicono che non c’è più posto e che i “clandestini” vanno respinti, non indicano i mezzi per farlo. Devono essere lasciati annegare in mare, magari speronando le loro fragili imbarcazioni? No, fino a questo punto non possono arrivare perché sarebbe un altro “olocausto” che la nostra gente, pur insofferente ma educata nei principi del cristianesimo e del rispetto delle vite umane, non accetterebbe.
Oppure riportarli nei Paesi donde sono partiti? Purtroppo i migranti provengono da un continente vasto come l’Africa, dal Medio Oriente e da Paesi asiatici ancora più lontani i cui governi, quando ci sono, non sono disponibili alla cooperazione e sono spesso corrotti. Metterli in una “enclave” della Libia? Ma è una terra dilaniata dalla guerra civile, con due governi che si combattono l’un l’altro e fazioni settarie e bellicose; per sbarcare sulle coste libiche si dovrebbero intraprendere azioni di guerra.
Il problema non riguarda solo l’Italia, i migranti ora approdano anche in Grecia, vengono dal Medio Oriente, attraversano tutta l’Europa per raggiungere terre più ospitali (Francia, Gran Bretagna e Paesi scandinavi sono alle prese con lo stesso problema) e i Paesi dell’UE non possono più continuare a rinfacciarsi le loro responsabilità. Serve una soluzione politica, un colpo d’ala come quello che gli Stati Uniti realizzarono nel dopoguerra per risollevare le sorti del vecchio continente distrutto dalla guerra. Ma per farlo occorre “più Europa”, occorre un potere democratico ma sovrannazionale che sappia attuare una “governance” all’altezza di questa sfida epocale.
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