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Lettere

ISOLINO VIRGINIA: QUALE PROGETTO?

- 01/09/2015

Ho recentemente scritto al Sindaco di Varese per chiedergli, di aiutarmi a comprendere quale idea progettuale il Comune di Varese abbia riguardo la gestione dell’Isolino Virginia, Patrimonio dell’umanità Unesco.

Da solo, proprio, non  riesco ad individuarla.

Dopo anni di incuria in cui l’Isolino Virginia è stato persino inaccessibile ai numerosi turisti internazionali che hanno seguito le diverse competizioni di canottaggio sul Lago di Varese, ora è stato ripulito dal Comune di Varese (proprietario dell’Isolino) e reso frequentabile al pubblico con il suo ristorante.

Ora lo ha fatto. Bene! Avrebbe dovuto garantire l’apertura al pubblico molto in precedenza come avevamo chiesto con plurime lettere rimaste lettera morta ma comunque l’ha fatto.

Rimangono, però, irrisolte alcune questioni da noi, anche recentemente, fatte presenti.

Non ha senso che il Comune di Varese agisca o faccia agire, senza tener conto delle ragioni di un dibattito svoltosi dieci anni fa sulla necessità o meno venisse realizzato un pontile tra terraferma e Isolino . Dibattito al quale aveva partecipato anche il Soprintendente archeologico di Milano e che aveva espresso un no risoluto, tenendo conto delle indicazioni provenienti dal Direttore dei musei civici di Varese, Bertolone. Egli aveva sostenuto in plurime occasioni  come  l’impalcato preistorico al di sotto dell’Isolino Virginia fosse da trattarsi con estrema prudenza, in quanto delicato ed estremamente fragile.

Sono e siamo nati, pertanto,  ascoltando questo monito e questa avvertenza.

Altra questione è: perché l’isolino è unico al mondo?  Semplice è rispondere: perché si è conservato fino ad ora senza farlo calpestare senza regola.

Se tutto questo fosse, come è, vero, fare un pontile per far arrivare tanta gente sull’Isolino sarebbe una follia

Esprimiamo la nostra piena contrarietà a creare uno  stabile collegamento tra Isolino e la terraferma e che possa far venire sull’Isolino un peso eccessivo di fruitori non sopportabile da questo.

Dico basta ad una politica che si dimostri incapace di fruire di un bene prezioso, se non consumandolo fino al suo esaurimento.

Faccio sempre la stessa proposta: l’Isolino deve essere completamente conservato e divenire la pietra preziosa al centro di un anello circondato dalle palafitte preistoriche di cui si fregiano molti comuni del lago. Palafitte ora abbandonate al loro stesse.

Un sistema di questo genere (intercomunale e aperto), se ben congegnato e gestito, sarebbe capace di attirare turisti e di far nascere una economia del territorio e una correlata ragione per la nascita, attenta, di alberghi e ristoranti. Non stio predicando qualcosa di irraggiungibile e di futuribile molti altri siti Unesco nel mondo hanno saputo sfruttare il riconoscimento ricevuto da un territorio  ovvero da un’opera nel territorio, per far nascere e fiorire  alla sua base una solidità economia. Ci vorrebbe una intraprendenza e una lungimiranza politica, ma ci vorrebbe anche una imprenditoria che dimostri di avere un pari sentire.

Ritengo che la Soprintendenza ai beni archeologici ma anche l’Ufficio Unesco presso il Ministero ai beni culturali  debbano farsi sentire e partecipare delle proposte operative ai Comuni competenti, che ora non si muovono preoccupati dalla penuria di fondi. Non è possibile che gli organismi  citati aspettino, senza far niente (come è stato per il Castello di Belforte), di assistere al decesso di un bene culturale, intervenendo solo per certificarne la morte.

Una proposta io l’ho fatta  sopra forte e chiara. Do la mia  piena disponibilità –  e della Associazione che rappresento – per poterla concretizzare. Questa potrebbe essere un’azione politica seria.

Attendo solo un cenno di un ente superiore sotto il cui cappello  noi si possa lavorare per poter perseguire un interesse  collettivo.

Che io  non  stia scrivendo di aria fritta o di qualcosa di irrealizzabile, lo dice quanto è scritto nel sito internet che spiega come l’inserimento nella lista Unesco costituisca una notevole opportunità per il territorio in termini di immagine e di visibilità positiva; una opportunità che per essere colta appieno richiede siano attuate le misure necessarie a mantenere le condizioni di eccellenza del sito e a migliorare nel tempo le condizioni per una loro adeguata fruibilità turistica. Tutte queste attività sono ispirate dalla Carta del Turismo culturale redatta, in Messico nell’ottobre 1999, dal Comitato Internazionale del Turismo Culturale dell’ICOMOS. Tale carta riprende, i primi timidi esperimenti risalenti agli anni ‘70, e contiene una serie di principi innovativi per la valorizzazione e la gestione dei siti culturali. L’obiettivo principale è promuovere un turismo culturale che protegga, conservi ed interpreti il patrimonio culturale, risorsa non rinnovabile dell’industria turistica.
La Carta muove dalla constatazione che il turismo, soprattutto quando è eccessivo, può provocare la degradazione e la distruzione dell’ambiente naturale, delle culture delle comunità d’accoglienza, e insiste sulla necessità di garantire una partecipazione attiva delle comunità locali, fino ad ora troppo spesso lasciate ai margini dello sviluppo turistico.
La Carta del Turismo culturale, inoltre, apre nuove prospettive nel richiedere che il patrimonio culturale, attraverso l’esperienza turistica, sia reso accessibile al grande pubblico, e correttamente presentato. Dunque, la gestione dei siti deve prevedere, in linea con i metodi della Heritage interpretation, programmi didattici d’interpretazione volti a rendere comprensibili le componenti storiche, culturali e ambientali del sito.
Quindi, la Carta si basa su un concetto di patrimonio culturale esteso, eterogeneo e dinamico, che abolisce le tradizionali e rigide divisioni concettuali fra settori della cultura ed integra le nozioni di paesaggio, di siti naturali, di beni monumentali ed architettonici, di pratiche culturali tradizionali e post-moderne.

A tal proposito, è facile dedurre che far parte di una lista di luoghi e monumenti “eletti” come Patrimonio dell’umanità è un fattore importante per il territorio ed il suo sviluppo.
Per capire cosa pensi la popolazione, sono state elaborate delle statistiche da parte dell’ISNART (Istituto Nazionale  Ricerche Turistiche, dicembre 2009) che invitiamo a leggere e a considerare ma, soprattutto, a concretizzare.

Riflettiamo, a questo punto  riguardo a chi abbia assunto ogni decisione di cui sopra: la Giunta comunale di Varese.

È stata, proprio, la Giunta comunale a decidere di realizzare il pontile, a intrattenere i rapporti propedeutici con la Regione Lombardia e con la Soprintendenza ai Beni Archeologici, a affidare, dietro apposito concorso la gestione del ristorante sull’Isolino al Centro Gulliver, a redigere un apposito accordo di programma per regolare i rapporti con il medesimo. La città sapeva di tutto ciò?

La risposta che  mi sento di dare  è negativa.

Questo comportamento non lo ritengo conforme  né alla Convenzione di Aarhus, né ai primi tre commi (subalterni compresi) del Testo unico sui Beni ambientali.

Si tenga presente che noi riguardo l’Isolino Amici della Terra Varese -che, come ho scritto, rappresento- aveva mandato nel corso dell’ultimo anno più missive rendendo palese il proprio  interesse allo stesso. Da quanto ha scritto il consigliere Civati sugli organi di informazione locali, neppure il Consiglio Comunale  di Varese era informato di quanto si stava compiendo.

È giusto tutto ciò? Secondo la mia  opinione, assolutamente no!

La città deve essere informata e responsabilizzata soprattutto in ordine alle decisioni che devono essere assunte riguardo ad un bene di alto valore e di proprietà pubblica qual è  Patrimonio dell’Umanità Unesco. Deve poi essere debitamente informato e coinvolto il terzo settore interessato. E’ ovvio che a decidere debba essere solo il consesso che ha ricevuto il benestare in virtù delle elezioni politiche.

Questo non deve più decidere da solo il da farsi e al chiuso delle proprie stanze.

Il Vice Sindaco del Comune di Biandronno, secondo le cui dichiarazioni, come raccolte dalla stampa locale, ha detto che non bisogna preoccuparsi del peso di pochi turisti, quando sull’Isolino è stato da anni posto un ristorante ben più   ponderoso.  Egli ha detto il vero: costruirlo è stata una azione priva di ragione e costruirlo, per quanto ho scritto, è stato un errore. Teniamone, allora conto.   Come dice il proverbio, Errare è umano ma perseverare sarebbe diabolico. Non continuiamo ad aggiungere pesi all’Isolino. Si faccia più attività di gestione intercomunale e non solo politica utilitaristica. Pensiamo alle prossime generazioni che vorranno godere di un tesoro archeologico del lago di Varese perfettamente conservato.

Arturo Bortoluzzi

 

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