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Chiesa

LA VOCE DEL PAPA

LIVIO GHIRINGHELLI - 31/07/2015

mondoL’Enciclica Laudato sì ci mette di fronte al rischio di autoannientamento, che l’umanità corre grazie alla febbre tracotante di dominio, che non conosce più limite, né a livello sociale di sfruttamento del prossimo, né a livello ecologico, considerando la natura solo come materia bruta a nostra incondizionabile disposizione. Nell’era tipica dell’homo technocraticus c’è tutta una frammentazione del sapere che ci ha fatto perdere il senso della totalità. La velocità della dinamica dei sistemi complessi è tutta in contrasto con la naturale lentezza dell’evoluzione biologica. Il supersviluppo più che mettere a disposizione i beni necessari secondo equità sul pianeta dissipa e accentua la cultura dello scarto. La finanziarizzazione dell’economia ha creato voragini di debito pubblico, strumento di controllo, disoccupazione, squilibri. La politica ha declinato il suo ruolo di responsabilità nell’orientamento coraggioso delle scelte e rinunciato ad avere una visione ampia e realistica dei problemi, seppellendosi nell’urgenza del quotidiano e delle soluzioni sempre effimere. Siamo così diventati in misura maggiore o minore francamente insensibili al grido dei poveri, al grido della terra.

Ecco perché c’è bisogno di un’ecologia integrale, secondo un approccio globale, non parcellizzato, che veda l’esistenza umana fondata positivamente su tre relazioni essenziali: con Dio, con il prossimo, con la terra. Dio ce l’ha data perché ne apprezziamo la bellezza, ne utilizziamo le risorse con moderazione e sobrietà, la rispettiamo e garantiamo alle future generazioni non degradata e spossata. L’inequità, nemica della pace, della serena dialettica delle culture, non può che configurare e determinare scenari continui di guerra. Quand’anche la biosfera avesse qualche possibilità di recupero e di sopravvivenza, che sarà della specie umana? (sempre sull’orlo della catastrofe nucleare, che uno strano processo di rimozione sembra annebbiare nella coscienza come fenomeno possibile). Dio ci ha creato secondo un prodigioso disegno di libertà e d’amore: ne siamo minimamente degni?

Alla ricerca spasmodica del petrolio (con aumento esponenziale di gas serra) ora è successa quella dell’acqua, sempre più privatizzata, nonostante sia un diritto umano fondamentale, con possibilità di scatenare conflitti a ripetizione; le monoculture hanno eliminato l’agricoltura di sussistenza, legata alla giusta sopravvivenza di tante forme di cultura rispettose dell’ambiente; c’è tutta una caccia all’acquisizione di nuovi suoli; con la perdita continua di foreste e di boschi, di larghe zone della foresta amazzonica, di specie ci si avvia più o meno frustrati a una specie di suicidio di massa; la tendenza dei consumatori nei paesi ricchi a salire lungo la catena alimentare crea un bisogno di carne sproporzionato, cui è funzionale l’impiego intensivo di cereali a dismisura; convivono bulimia e anoressia; rapporti disordinati con il cibo provocano la necessità di diete che prima curavano prevalentemente l’anima.

Le 192 pagine e i 246 paragrafi dell’Enciclica rivolta non solo agli Episcopati e alle comunità cristiane, bensì universalmente a tutti gli uomini di buona volontà, si articolano in un quadro di drammaticità e insieme di gioia, di semplicità, cercando di favorire la reazione in una metanoia di grandi progressivi cambiamenti nella politica, ma anche di piccoli gesti quotidiani, di tante soluzioni che chiamano in causa capillarmente la nostra sensibilità (v. i numeri 163-201). Ad un’Enciclica non spetta di prospettare soluzioni di carattere scientifico-tecnologico e neanche di carattere politico in senso stretto sviluppate a prescindere dalla concretezza e delicatezza delle situazioni. Importa che prendiamo coscienza del nostro pericoloso relativismo, con tutti gli interessi egoistici e contingenti che l’accompagnano, che ci riaccompagniamo umilmente alla logica della sobrietà, rifiutando ogni perversa logica d’alienazione, che ritroviamo nella cultura del dialogo propria di Papa Francesco e del Santo la valorizzazione della persona, di ogni persona. Che la parola globalizzazione non significhi sotto le varie maschere affermazione dello spirito di dominio, di onnipotenza. Il linguaggio di Papa Francesco fermo ed umile al contempo, non connotato ideologicamente, ha il respiro del Vangelo: di qui un’autorità morale che i più gli riconoscono unica in un paesaggio di desolazione.

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