Trentatrè presunti writers ( tra cui cinque minorenni) identificati e denunciati, 150 tags ovvero firme, inventariate, 5000 graffiti illegali contabilizzati. Sono queste le cifre del lavoro di indagine condotto nell’arco di nove mesi dalla Polizia locale in collaborazione con la Procura della Repubblica. Numeri che parlano chiaro e che dimostrano, se ancora ce ne fosse bisogno, quanto il fenomeno graffitaro abbia pesantemente colpito Varese e anche quanto sia stato sottovalutato dall’amministrazione comunale nel suo progressivo articolarsi.
Da anni i media – RMFonline con diligente assiduità – e la parte più avvertita e sensibile della cittadinanza hanno denunciato il dilagare del fenomeno che ormai interessa in eguale misura il centro, le castellanze e le periferie. Gli esempi più significativi sono sotto gli occhi di tutti: il tratto di corso Aldo Moro compreso tra piazza San Giuseppe e piazza Monte Grappa, sul lato sinistro per chi proviene da via Vittorio Veneto; via Como nelle adiacenze della scuola Mazzini comprese le Poste centrali e le varie viuzze di collegamento trasversale con via Morosini; piazza Marsala, piazza Ragazzi del ’99 e il relativo collegamento con via Carrobbio di recente ripulito ma già in via di ulteriore e reiterato imbrattamento; via Dazio Vecchio e gli ingressi alle Corti. Si potrebbe andare avanti all’infinito a conferma dei numeri collezionati dagli 007 dei vigili opportunamente tenuti sotto copertura.
Dunque meglio tardi che mai. Ma ora che un corposo passo avanti è stato fatto guai ad abbassare la guardia e pensare che il fenomeno di estinguerà o si ridimensionerà per via giudiziaria visto che gli “artisti” dovranno rispondere penalmente per danneggiamento e imbrattamento. Per contrastare in maniera duratura i graffitari serve un colpo d’ala nel segno del civismo capace di coinvolgere associazioni, agenzie educative e cittadini proprietari in primis che hanno visto i muri dei loro stabili diventare bersaglio privilegiato della subcultura graffitara. Quella subcultura che ha solide radici nella legittimazione artistica fornita da schiere di “intellettuali”, in genere sessantottini di ritorno, in servizio permanente effettivo anche a Varese.
Certo i veri writers non sono vandali come si è affrettata a precisare l’associazione WgArt che, in collaborazione con il Comune, ha allestito in città alcuni murales degni di nota tipo quello ciclistico di Bobbiate e altri. Dall’indagine sembra però emergere che alcune firme apposte su muri, pensiline, centraline telefoniche, cestini portarifiuti e quant’altro coincidano con quelle apparse sui veri murales. Se ciò verrà confermato in sede processuale ci aspettiamo che la benemerita associazione faccia la sua parte ed espella senza tentennamenti i doppiogiochisti. In nome dell’arte e senza fornire coperture di sorta ad alcun balordo della bomboletta.
You must be logged in to post a comment Login