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Attualità

GRECIA/1 L’EQUILIBRIO PRECARIO

ENRICO BIGLI - 10/07/2015

?????????Quel che è successo in Grecia col referendum ha una importante lettura politica: contro il pensiero unico liberista in Europa Tsipras avanza una diversa proposta che imporrebbe non una diversa interpretazione ma un profondo cambiamenti degli attuali trattati. Politicamente quindi si rafforza Tsipras, la Merkel ne è l’antagonista (ovviamente ben più grande e potente), sono smarrite le socialdemocrazie europee sinora allineate, seppure in modo critico, al mainstream. Ora sono costrette a scegliere tra il sostegno alle proposte di riforma dei trattati o diventare inutili reggicoda ai popolari. Tsipras spera on in un accordo con i creditori entro brevissimo grazie al mandato elettorale dei greci. Il suo obiettivo è ammorbidire ancora la posizione della Troika sulle pensioni e ottenere un impegno preciso in tempi e modi sulla ristrutturazione del debito. Ci riuscisse avrebbe portato a casa una vittoria clamorosa.

Politicamente tutto chiaro ma a me qui chiedono di fare un pezzo economico e non politico e la cosa è decisamente più complessa. Il 20 luglio scadrà un prestito della Bce che, in caso di mancato pagamento farebbe scattare automaticamente il default. In realtà la situazione in Grecia potrebbe precipitare molto più rapidamente. Nelle casse delle banche elleniche non ci sono più soldi, senza iniezioni di liquidità della banca centrale “in poche ore”, ha detto il presidente della National Bank of Greece, finirebbero anche le banconote da mettere nei bancomat. Si tratta di vedere quando la BCE si vorrà assumere la responsabilità di affossare definitivamente le banche greche. La liquidità di emergenza ELA è erogabile solo in presenza di accordi europei, può essere temporaneamente eccezionalmente mantenuta nel corso di trattative ed è anche per questo motivo che al momento nessuno vuole rompere l’esile filo di confronto in essere.

Lo scenario è molto pesante per l’economia greca – già ci sono i segni in questi giorni sulle forniture di carne, latte e farmaci – andrebbe rapidamente in asfissia. I greci non potrebbero più ritirare soldi nemmeno a 60 euro al giorno ai bancomat. Le conseguenze sociali sono immaginabili, accaparramenti ai supermercati, probabili tensioni di piazza, stato quasi d’emergenza nel paese. A quel punto, con ogni probabilità, sarebbe il governo a sancire l’uscita dall’euro, iniziando a stampare una nuova valuta per cercare di calmare la situazione e non precipitare il paese nel caos.

L’euro potrebbe essere sostituito dalla dracma o una divisa parallela – i cosiddetti “I owe you” – che non metterebbe definitivamente fuori corso l’euro. In entrambi i casi la nuova moneta andrebbe incontro a una rapidissima svalutazione e l’economia pagherebbe la conversione con un nuovo crollo del Pil dopo il -25% degli ultimi cinque anni. A beneficiarne sarebbe il turismo, ma per il resto il paese che anche sul fronte alimentare è molto dipendente dalle importazioni, pagherebbe un pedaggio molto pesante. A piccola speranza c’è da dire che nel 2014, per la prima volta da molti anni, la bilancia delle partite correnti è andata in pareggio.

L’Europa probabilmente non lascerà la Grecia alla deriva. Possibile quindi che Bruxelles vari a quel punto un piano di aiuti straordinari per aiutare la Grecia a uscire dall’euro. Piano che in virtù della situazione e del divorzio monetario ormai consumato potrebbe ottenere il via libera dall’Europa.

A questo punto la Grecia avrebbe chiuso la sua partita nell’eurozona?

Con una valuta parallela in teoria no. L’uscita potrebbe essere temporanea, come ha detto Schaeuble, il tempo per sistemare l’economia e poi rientrare nella moneta unica. Facile immaginare però che per completare il processo sarebbero necessari diversi anni.

Tutto sommato pur nella sua tragicità questo è lo scenario migliore. Si fosse fatto così nel 2010! Un accordicchio rinvierebbe l’epilogo finale con inutili ulteriori sofferenze al popolo greco.

Peggio di tutto non prendere decisioni, fare uscire la Grecia dall’eurozona nella indecisione e confusione, lasciare che diventi il punto di riferimento di Russia e Cina in Europa.

Per esigenze di impaginazione chiudo questo pezzo martedì 7 luglio, perdonate l’inevitabile mancanza di aggiornamento o il valutare come semplici ipotesi scenari nel frattempo concretamente avvenuti.

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