La crisi dell’ippica italiana è cosa arcinota sì che – in tutta sincerità – l’apparizione in TV del ministro per le politiche agricoli Mario Catania per confermarla ha avuto un po’ il senso della scoperta dell’acqua calda. L’ippica è in crisi da anni e, semmai, attualmente rischia addirittura di esalare gli ultimi respiri. Non occorreva essere maghi o abilitati a particolari vaticini, dunque, quando in un articolo di una quindicina (o forse più) di anni addietro, chi scrive ora si permetteva di confutare un parere espresso da quel grande fantino che fu Enrico Camici che si concedeva un’ottimistica visione sulla possibile ripresa dell’ippica nostrana. Allora, si esprimeva un parere decisamente contrario basato, soprattutto, sulla sostanziale sparizione dal nostro panorama ippico degli allevamenti, almeno di quelli di grande spessore (Tesio, De Montal, Razza del Soldo, Razza di Rozzano, Orsi Mangelli solo per alcune citazioni) che aveva già – e ancor più avrebbe avuto successivamente – come conseguenza la pressoché totale mancanza di prodotti indigeni da mettere sulle piste con sostanziale esclusiva necessità di acquisti all’estero e con totale abbandono delle scelte effettuate a domicilio tramite studiati incroci di sangue e quant’altro. Si profilava perciò (ma ad onor del vero era già in atto) uno scadimento “tecnico” delle corse, ancora prima che si verificasse la crisi di bilanci in dilagante esplosione.
In una situazione da respiro sempre più affannoso, ora gli addetti ai lavori hanno deciso la ribellione arrivando addirittura a sospendere l’effettuazione delle corse. A questo punto si è fatta avanti l’irritazione del ministro Catania. Questi – probabilmente secondo regola tipica degli italici settori sportivi seduto sul suo scranno per scelta politica più che per effettiva competenza – ha inflitto una pur contenuta tirata d’orecchi agli “scioperanti” invitandoli a riportarsi su posizioni più concilianti tornando prima di tutto alla ripresa delle corse e biasimando l’astensione. Forse il ministro ha totalmente espulso dalla sua mente il risaputo concetto “a mali estremi, estremi rimedi”. E poiché l’ippica è da tempo ormai agonizzante e poiché, ancora, nessuno ha mai, nonostante le infinite prese di posizione degli interessati, adottato il benché minimo provvedimento, appare strano che il ministro, appunto, non si sia reso conto che la ribellione decisa un senso doveva pur averlo, se non altro per evitare che all’agonia succedesse un possibilissimo trapasso. E neppure ha pensato, il ministro, che un provvedimento di astensione dall’attività prima che su ogni altro doveva avere conseguenze economiche negative proprio sugli operatori del settore pur costretti a seguire la strada più radicale. Sempre il ministro, invece, ha addirittura escluso la possibilità di interventi “assistenziali” da parte degli organi competenti. Insomma l’intervento ministeriale ha dato ampia facoltà di risorgere all’ippica. Purché faccia tutto da sola.
Per la verità, il ministro Catania non si è limitato a queste scoraggianti puntualizzazioni ma ha anche attribuito al settore, almeno in parte, la responsabilità dell’attuale flessione.
Il che non è fondato se non per la questione del dissolversi degli allevamenti peraltro imputabile più che a una flessione della passione che alla mancanza di patrimoni (dissolti o dirottati in altre direzioni) che parecchi anni addietro erano presenti nell’ippica, nella loro immensa solidità.
Nessuna colpa del settore, quindi, ma una crisi (sviluppatasi negli anni) di bilanci privati cui non hanno fatto riscontro interventi statali e, tanto meno, i proventi del gioco una volta fonte preziosa di assai cospicue entrate attualmente, invece, dirottate su altri sport o su altri e diversi sistemi (lotterie, slot machines e altro). Si è dimenticato nel criticare che una volta esistevano solo le “sale corse” dove si giocava “esclusivamente” sui cavalli. Oggi esiste ogni tipo di sala giochi in un numero limitatissimo delle quali si gioca “anche” sui cavalli, ma sempre in ridottissima misura.
E poiché l’ippica è sempre stata fatta di passione ma è sempre stata sostenuta dai proventi del gioco senza questi (e senza congrui interventi statali) l’agonia non potrà durare più di tanto.
Ovvio che a far cessare un coma possano essere anche le speranze che, fortunatamente, purché si avverino possono sempre costituire rimedi anche per le situazioni più disperate.
You must be logged in to post a comment Login