Sempre sperando che le burrascose vicende di corruzione e degrado, che affliggono la capitale, trovino, se non una rapida soluzione, almeno una tregua nella ricomposizione dei vari interessi all’insegna del bene comune e della riorganizzazione dei servizi in un clima di confortante legalità, Roma conoscerà dall’8 dicembre di quest’anno sino al 20 novembre 2016 il Giubileo straordinario della Misericordia. È il principio che qualifica l’ispirazione di fondo e l’attività pastorale di Papa Francesco. È un cammino di purificazione e conversione personale, in particolare attraverso la pratica delle indulgenze, come in circostanze analoghe del passato, ma l’evento è destinato altresì ad assumere una dimensione squisitamente sociale.
Secondo il Levitico (25, 8-11) il cinquantesimo anno del Giubileo doveva restituire l’uguaglianza fra tutti i figli di Israele, con il ritorno d’ognuno nella sua proprietà e nella sua famiglia. “Non farete né semina, né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate” e ci sarà una revisione delle relazioni che strutturano Israele come popolo secondo i principi di giustizia e di riconciliazione: una revisione che riguarda la terra colla sua necessità di riposo, la proprietà terriera e la remissione dei debiti (con la liberazione degli schiavi, spesso diventati tali per insolvenza – Deuteronomio 15). Chiaro è lo sguardo al futuro dell’istituzione giubilare, all’orizzonte escatologico delle promesse messianiche, evidente la sua carica utopica e rivoluzionaria. Ma il Giubileo interroga anche il presente, smascherandone i limiti e le incoerenze.
Nel segno di Papa Francesco è l’occasione di rendere il mondo meno glaciale e insensibile, per cercare anche i lontani e arrivare agli incroci delle strade ad invitare gli esclusi. Qui sta il criterio di verità della fedeltà al Vangelo in un’ecumene contrassegnata dal paganesimo individualista dello spreco e del consumo esagitato, del rinchiudersi nel proprio egoismo, da cui sono umiliati i poveri con le loro pur elementari esigenze. Qui l’attenzione prioritaria a chi reca i segni tangibili del volto piagato di Cristo. Così possiamo sfuggire dalle insidie della società liquida colla sua estinzione di valori e scongiurare la sclerosi delle strutture. È un Giubileo per tutti e non solo per i credenti, a sanare gli inevitabili guasti del tempo, per un recupero del fondamento del legame sociale e della solidarietà, che significhi una radicale riconversione. Misericordia (quella di Dio) chiama misericordia. Si deve varcare la Porta Santa in direzione opposta rispetto al consueto, uscendo all’esterno.
L’invito del Papa è a celebrare l’evento in modo specialissimo nelle Chiese locali, in cui capillarmente si manifesta la presenza della Chiesa nella storia. Il nostro è un Dio d’amore, d’accoglienza, vicino a chiunque si trovi in situazione di fragilità, di ferita, di peccato, ha un volto concreto di tenerezza, che tra l’altro richiama il Dio misericordioso del Corano, onde la necessità per noi di un dialogo fraterno in dimensione ecumenica per un incontro religioso fecondo. Il motivo della misericordia animerà nell’ottobre (dal 4 al 25) anche il secondo Sinodo sulla famiglia. Già le Conferenze episcopali di Svizzera e Germania hanno reso pubblici i risultati delle consultazioni e la maggioranza delle Conferenze in campo mondiale li ha comunicati direttamente alla Segreteria del Sinodo (si tratta di 989 circoscrizioni ecclesiastiche nel mondo). L’Instrumentum laboris si chiuderà probabilmente a fine giugno. Per quanto concerne l’Italia al primo questionario hanno risposto 160 Diocesi; al secondo, articolato in 46 domande, 8 più che nel primo caso, 143 Diocesi e una ventina di Associazioni a livello nazionale. La situazione è indubbiamente drammatica : ad es. nel 2000 i bimbi nati fuori dal matrimonio si attestavano su una percentuale del 27,3% ; nel 2011 la percentuale è salita al 39,3%. In tutta Europa diminuiscono i matrimoni, aumentano i divorzi.
Mentre una minoranza vanta l’immutabilità della dottrina e della legge divina, senza slanci di comprensione, la regolazione naturale della fertilità, una più stretta osservanza del giudizio canonico tradizionale, c’è una maggioranza che troppo insiste sul valore ideale della famiglia, a prescindere dalle difficoltà del contesto sociale. Il gap tra vita reale e ideale è sottolineato anche dal cardinal Bagnasco. La pastorale deve essere comunque nutrita, ispirata, orientata più dalla Bibbia che dalla legge. Bisogna sempre più attendere alla formazione di una coscienza responsabile, non oscurare o eludere il significato della coscienza individuale quale ultima soggettiva istanza di decisione del singolo, approfondire in senso teologico il significato della pluralità delle forme di famiglia che esistono nella realtà. Nessun superamento della concezione naturale del matrimonio, ma uno sguardo di comprensione per quanti vincoli si stringano oltre l’atomismo di vicende che minano le basi stesse della società in un contesto di disgregazione.
È lo sguardo della misericordia, che va ben al di là delle querelles sull’accesso alla riconciliazione e all’Eucaristia dei divorziati risposati e sulla contraccezione. La giusta fermezza dei principi va riasserita, non favorendo però atteggiamenti di miope e ingenerosa esclusione senza carità. Il magistero di Francesco è di una coerenza esemplare col dettato evangelico.
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