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Ambiente

LA TRASPARENZA DELLE ACQUE

ARTURO BORTOLUZZI - 26/06/2015

acqueÈ finalmente nata, presso la Provincia di Varese, Alfa SRL per la gestione del ciclo delle acque. Una società, fatta dai politici e gestita da amministratori, nominati dalla politica e controllata, solo, dal potere politico. In proposito, ho scritto al Presidente della Provincia di Varese, facendogli presente come non possa non essere tenuto conto che quello integrato delle acque, è un servizio essenziale, che non può essere lasciato solo alla gestione degli amministratori esponenti dei partiti politici.

In linea teorica, partendo dai miei studi e dalla esperienza sino ad ora maturata, non credo che ci possa essere politica che si possa attuare al di fuori dei partiti e contro il disegno costituzionale. È necessaria quindi una base ideologica e una visione molto più ampia di quella localistica o anche settoriale.

Mi rendo conto, però, nel dir questo, di non guardare a ciò che realmente accade. Ci sono voluti anni perché fosse fatta una società di gestione come Alfa.

La rete idrica perde, i corsi d’acqua e il lago di Varese sono inquinati, il sistema fognario è vetusto e sottodimensionato in molti ambiti. Questi dei banali esempi di quanto accade nell’area varesina.

Il fine che mi pongo con la Associazione che rappresento, è quello del bene comune. I partiti hanno una propria ideologia orientata a raggiungere questo fine? La ideologia sembra essere solo il paravento dietro il quale mascherare un beneficio di pochi sugli interessi degli altri: la collettività.

In passato ho mandato all’attenzione del Presidente della Provincia più di un messaggio di posta per chiedere la costituzione di un ufficio di controllo dell’ente gestore dell’acqua, da affidarsi alle associazioni ambientaliste del territorio. Ufficio di controllo che necessariamente doveva avere non un ruolo decisionale, bensì uno, puramente, consultivo.

Con le Associazioni sarebbe stato, però, fondamentale discutere e garantire una diffusione costante delle informazioni. Così non è stato e questo dispiace. Sembra che il dibattito in corso venga rivolto in maniera maggioritaria alle tariffe. In realtà, occorrerebbe che il dibattito sulla gestione dell’acqua, non sia solo riservato a questo aspetto.

La politica nei comuni ovvero in provincia dovrebbe occuparsi anche e soprattutto di altro.

Sarebbe una stortura pensare che ai cittadini interessi solo quanto pagano. Ai cittadini – secondo quanto ci risulta – interessa e deve interessare anche l’inquinamento dell’Olona e i buchi della rete idrica.

I politici, a capo delle istituzioni, ritengono di avere, solo, il compito di far spendere ai cittadini la minor quantità possibile del propri soldi (compito che quasi mai viene svolto efficacemente) e di poter governare a proprio piacimento gli amministrati senza avere altri doveri. Dico di no a questo modo di comportarsi che – oltre ad essere irritante – è anche antistorico e spocchioso. Il politico amministratore, invece, sarebbe meritorio che dibattesse e si occupasse di fare partecipare consultivamente gli elettori e senza, invece, spogliarsi del proprio potere decisionale conseguente ad una regolare elezione.

Ciò detto, informo che nei giorni scorsi la commissione ambiente alla Camera ha iniziato l’esame del disegno di legge numero 2212 concernente la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque, nonché le disposizioni per la nuova pubblicizzazione del servizio idrico, con delega al Governo per l’adozione dei tributi destinati al suo finanziamento.
Vale la pena ricordare che lo slogan “giù le mani dall’acqua” è stato un richiamo determinante per la partecipazione di massa al referendum abrogativo del 12-13 giugno 2011, anche se il voto espresso in tale circostanza sul quesito oggetto della consultazione, ha, poi, in realtà, scardinato non solo il proposito di privatizzare il servizio idrico, ma anche l’intero impianto normativo dell’articolo 23-bis del Dk 112/2008 convertito dalla legge 133/2008 recante la disciplina generale. A regime, questo, avrebbe dovuto imporre ai Comuni l’obbligo di affidare la gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica con gara a evidenza pubblica.
Come si ricorderà, dopo soli due mesi da quel referendum, il Governo si era affrettato a colmare il vuoto normativo, con l’adozione del Dl 138/2011, il cui articolo 4, ribadiva l’intento di liberalizzare i servizi locali ispirandosi ai principi della disciplina appena abrogata.
Per questa ragione la Corte costituzionale con la sentenza n. 199/2012, censurò l’intervento dell’esecutivo, per aver sostanzialmente riprodotto, se pure in altra forma, l’articolo 23-bis cancellato con il referendum, in aperta violazione del divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare (articolo 75 della Costituzione).

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