Per decenni il calcio italiano è stato un Eldorado esplorato e vissuto intensamente da persone ricche d’avventura che dal pallone volevano notorietà, potere, soldi senza correre i rischi legati alle vicende industriali o commerciali.
Ci cono voluti decenni e scandali perché la Fgci riuscisse a imporre controlli e indicatori gestionali in grado di offrire garanzie in ordine ai bilanci e di fare diga alle intromissioni o meglio alle prepotenze dei politici, in particolare del Sud, per i quali il calcio era un serbatoio di voti. Il calcio è ancora una meta ambita se mantiene viva l’attenzione di imprenditori o professionisti che considerano un affare la gestione delle società nonostante ogni anno le cronache nazionali
abbondino di notizie di crisi, difficoltà di iscrizione ai campionati e fallimenti, nell’ambito appunto del calcio professionistico.
Non sono situazioni come quelle del Parma che voglio richiamare, ma quelle di casa nostra, dove in breve tempo per due volte si è trovato il modo di non rendere un buon servizio alla città.
Un avvocato radiato e un imprenditore con problemi giudiziari non definitivamente risolti sono stati designati ai vertici del Varese.Non li giudico, ma sarebbe stato meglio vederli insediati senza nuvolette in giro per il cielo biancorosso.
Se accadono queste cose significa che la Federazione non ha completato il lavoro, che il mondo del calcio non è ancora Doc: chi ci entra come dirigente dovrebbe avere particolari requisiti ed essere in pace con le istituzioni che tutelano la vita della comunità.
Non può essere il sindaco, come accade tradizionalmente a Varese, il garante del calcio presso l’opinione pubblica. Tanto più se il gruppo di lavoro che va a chiedere al sindaco una sorta di avallo conosce bene il timoniere che si è scelto.
Lo sport varesino è diventato grande e ha vissuto poi stagioni molto dignitose grazie alla generosità di uomini come Borghi, Orrigoni e i fratelli Castiglioni; oggi stiamo riconquistando una notorietà nazionale, davvero sgradevole, anche a causa delle inadeguatezze federali. La Figc infatti dovrebbe essere più partecipe del processo formativo dei dirigenti. Chi poi ama davvero il calcio e vuole dare un contributo importante per la sua crescita personale anche a livello dirigenziale, dovrebbe prendere in considerazione la costituzione di un albo che documenti la trasparenza di chi vi è
accolto. L’albo non esclude chi ha avuto problemi temporanei risoltisi al meglio, come potrà essere per i due dirigenti varesini.
È un fatto che ai tempi nostri, nei quali comunicazione e immagine hanno un ruolo importante, presentare due dirigenti come ha fatto il Varese ha dell’incredibile. Come sempre potrà essere il comportamento della squadra, se non verrà smembrata, a far almeno dimenticare i problemi più grossi. Ci vorrà un miracolo: l’uomo di campo, l’allenatore, Ernestino Ramella, potrebbe esserlo.
Il secondo miracolo: uomo di riferimento… e soldini di marca rigorosamente bosina. Li abbiamo trovati dopo la seconda guerra mondiale, chissà…
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