C’eravamo quasi dimenticati. Delle serie minori, si vuol dire. Avevamo preferito essere diventati amanti della B o anche meglio. In C, invece, siamo ripiombati nella più infausta delle maniere: senza mezzi termini e, soprattutto, senza dignità.
Una retrocessione ci può stare ma lottando per evitarla, stringendo i denti con tenacia. Stavolta in C si va al galoppo, a briglie sciolte sul collo del cavallo per l’assoluta incapacità totale sia tecnica ma ancor più societaria, di dargli una minima guida. Peggio di così solo la famosa “autoretrocessione”, consigliata da un gruppo privo assolutamente della benché minima competenza calcistica a un presidente, peraltro, non solo onestissimo ma appassionato e impegnato con notevoli esborsi alla guida della società.
Un presidente che poi, per rimediare la perfetta “cavolata” consigliata e per rimediare ancora all’offesa fatta alla città ritenendo la squadra varesina – testualmente – degna solo di una serie inferiore e dilettantistica, non esitò l’anno successivo a cercare la risalita con notevole impegno finanziario.
Ora all’autoretrocessione in termini stretti non si è arrivati ma il risultato è stato identico. Con il particolare quanto a pessimismo che, allora, chi aveva cavalcato (si fa per dire, meglio sarebbe puntualizzare ancora, accettato un consiglio balordo) era rimasto in sella per rimediare. E invece ora la sella appare del tutto libera e sguarnita da ogni occupante.
Che, poi, le cose possano ribaltarsi riportandosi sulla retta via è nei desideri di tutti (anche perché nello sport – e nel calcio soprattutto – ciò non è mai apparso impossibile). Ma al momento certo è che speranze non se ne possono coltivare.
Questo è il pessimismo vero e proprio ma dovuto. Doc, insomma. Nulla, per il momento, autorizza a deviare su un atteggiamento meno sgradito. Le porte dei miracoli sono sempre aperte. Si tratta solo di saperle valicare.
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