Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Cultura

LEONARDO TRA SCIENZA E ARTE

PIERO VIOTTO - 05/06/2015

 

Quella su Leonardo, che si è aperta al Milano il 15 aprile scorso, giorno dell’anniversario della nascita dell’artista (1452), aperta fino al 19 luglio, non è solo una mostra eccezionale per le duecento opere, di cui centoventi di Leonardo, provenienti da musei, istituzioni, collezioni private di tutto il mondo, con un catalogo a grande formato di seicento pagine, edito da Skira, ma è una mostra irripetibile, perché difficilmente sarà possibile radunare e mettere a confronto, un’altra volta, tante opere e costruire un percorso museale per ammirare la genesi e gli sviluppi del lavoro di un genio che spazia in tutti i campi del sapere.

Nelle sale del Palazzo Reale sono esposti quadri provenienti dal Louvre, prestati eccezionalmente per questa mostra; disegni autografi della Biblioteca Ambrosiana e della collezione del regina Elisabetta II, modelli di macchine progettate da Leonardo del Museo della Scienza e della Tecnica di Milano. La mostra si articola in dodici sezioni, le cui opere nel catalogo, dopo la introduzione dei curatori Pietro C. Marani e Maria Teresa Fiorio, sono analizzate attraverso venti saggi specialistici. Il catalogo introduce ogni sezione con la riproduzione a tutta pagina di un particolare dell’opera più significativa ed integra le opere presenti in mostra con le immagini di altre opere che non è stato possibile esporre e lavori di altri artisti, che si sono ispirati a Leonardo.

Due sono le idee guida per la lettura delle opere esposte che si possono ricavare da questi saggi, e si rintracciano nello stesso “Trattato della pittura”, pubblicato per la prima volta nel 1651, un’opera compilata con appunti e disegni dell’Artista, di cui sono presenti in mostra copertine e pagine di diverse edizioni. La prima: la pittura esige un raccordo tra arte e scienza, perché soltanto conoscendo la natura e le sue leggi ci si può confrontare con la realtà. La seconda: è necessario unificare tutte le conoscenze per potere garantire l’unità del sapere, e di fatto, per Leonardo, questa unità è data dalla matematica, perché “il punto è il principio della geometria”, che coglie la struttura della realtà.

Ma sarebbe un errore considerare quella di Leonardo una visione puramente naturalistica, perché la sua filosofia si muove nell’ambito del neoplatonismo fiorentino, che riconosce una intrinseca razionalità delle cose sulla base dell’esistenza di Dio. Leonardo afferma che non solo la scienza ma anche l’arte è “nipote di Dio”: “Se tu sprezzerai la pittura, la quale è sola imitatrice de tutte l’opere evidenti de natura, per certo tu sprezzerai una sottile invenzione, la quale con filosofica e sottile speculazione considera tutte le qualità delle forme: aire, siti, piante, animali, erbe, fiori, le quali sono cinte d’ombra e lume. E veramente questa è scienzia e legittima figliola di natura, perché la pittura è partorita da essa natura; ma per dir più corretto, diremo nipota de natura, perché tutte le cose evidenti sono state partorite dalla natura, delle quali cose è nata la pittura. Adonque rettamente la chiamaremo nipota d’essa natura e parente d’Iddio” (Trattato della Pittura, § 12).

Non posso presentare tutte le dodici sezioni, mi soffermo su alcune. La prima titola “Il disegno come fondamento” perché in Leonardo il disegno è la radice della creazione artistica, anzi, in un certo qual senso, la motivazione stessa del suo pensiero, sia nel cercare la struttura intelligibile della natura, sia nel progettare immagini pittoriche e macchine operative. Leonardo disegna di tutto, il movimento delle onde ed il volo degli uccelli, la struttura del corpo umano e le emozioni psicologiche di un volto, cartoni per pale di altare e macchine da guerra, architetture di palazzi e planimetrie di quartieri urbani. Un’altra sezione è dedicata al “Confronto tra le arti” e M. T. Fiorio nel suo saggio “Corrispondenza tra pittura e scultura nell’opera e nella mente di Leonardo” scrive: “La visione dinamica del Verrocchio non poteva non affascinare Leonardo, rivelandogli non solo l’incessante modificarsi di volumi liberi nello spazio circostante, ma anche la possibilità di applicare alla pittura e al disegno principi propri della scultura come spazio, volume e molteplicità di punti di vista, in una concezione globale dell’operare artistico, che implica un proficuo interscambio tra le due arti”. Così si può rapportare il volto della Belle Ferronière, presunto ritratto di Lucrezia Crivelli, ad una scultura del Verrocchio, la Dama col mazzolino, come anche il volto del celebre San Girolamo con il leone, rimanda ad un busto di terracotta di San Girolamo del Verrocchio, andata perduta, ma di cui è rimasto un dipinto. Leonardo rappresentata il Santo in una posa scultorea e si serve di diversi assi compositivi, che permettono una percezione quasi tridimensionale.

Il genio non nasce dal nulla, è immerso nella storia ed influisce sulla storia. Una sezione riguarda il “paragone con gli antichi” e rileva l’influenza della statuaria romana nella progettazione ed esecuzione del cavallo per il monumento a Francesco Sforza Le ultime due sezioni studiano i leonardeschi analizzando l’eredità che Leonardo ha lasciato nei primi imitatori come Boltraffio e Solario, trasformandosi, poi, in un mito con Procaccini e Corot, fino a provocare banali derisioni con Enrico Baj e Andy Warhol, nel mondo contemporaneo, un tempo di pensiero debole.

Attraverso i numerosi disegni di volti umani, talvolta singoli, altre a gruppo, si può constatare come in Leonardo ci sia una correlazione tra la fisionomia e la psicologia della persona ritratta. La quinta sezione “Anatomia fisiognomica e moti dell’animo” presenta una ricca documentazione, confrontando i ritratti di Leonardo con quelli di Antonello da Messina e Giovanni Bellini. In mostra c’è un disegno della Madonna con Bambino, sant’Anna e un agnello del 1500-1501 circa, un primo abbozzo del capolavoro del Louvre databile 1510-1513 riprodotto in catalogo insieme al cartone della National Gallery di Londra. Si può cosi seguire la genesi dell’opera e studiarne le varianti.

Bernard Berenson paragona la monumentalità delle figure di questo quadro alle sculture sul Partenone di Fidia. Ci sono pure in mostra i disegni preparatori di opere andate perdute, come la testa di un guerriero per la Battaglia di Anghiari che doveva affiancarsi alla Battaglia di Cascina di Michelangelo in Palazzo Vecchio a Firenze. Un olio ed una acquaforte, successivi, riproducono la Battaglia di Anghiari con un gruppo di cavalli e cavalieri in lotta.

In catalogo sono affiancate a tutta pagina due opere che ci aiutano a comprendere l’indefinito nella pittura leonardesca, si tratta della troppo nota Monna Lisa e di uno poco noto Salvator Mundi che lo storico dell’arte Martin Kemp, così presenta: “L’indefinitezza non è una questione esclusivamente ottica; Leonardo la sfrutta efficacemente in relazione a un nuovo tipo di contenuto spirituale. Nel Salvator Mundi, la mancanza di una definizione fissa implica la presenza di un ambito divino, al di là di quello accessibile all’intelletto umano quando studia l’ordine divino racchiuso nella natura. È il regno di quello che Leonardo chiama il “Primo Motore”, la fonte ineffabile di potenza e movimento al di là dei vincoli fissi del cosmo, l’entità che ha dato inizio al moto nel mondo celeste e in quello terreno. Cristo non tiene il globo tradizionale, quale si vede di solito nei dipinti del Redentore, ma una sfera di cristallo di rocca. La sfera di cristallo è la sfera celeste, visibile dalla terra come la sfera delle stelle fisse. Cristo diventa così il salvatore del cosmo, non solo della terra. Risorto e asceso al ciclo, egli esiste con il Padre nel regno infinito al di là della sfera delle stelle fisse”. L’opera attribuita a Leonardo è stata ripresa da un pittore lombardo del XVI secolo, olio su tavola presente in mostra.

Anche il quadro San Giovanni Battista, dove il santo emerge dal fondo nero e con una mano indica il Cielo, come il Salvator Mundi, ha questi caratteri di indefinitezza ed inoltre un sorriso simile a quello della Gioconda, che non è un segno di ambiguità, ma della sottile malinconia di chi comprende la precarietà della vita, ma ha una speranza per l’oltre la morte.

La conclusione che si può trarre dalla visita a questa mostra, non può che essere una sola, la celebrata Monna Lisa, la Gioconda, non è il vertice dell’opera leonardesca. Questo artista, genio proteiforme, ha generato capolavori nei diversi campi del suo impegno creativo che comprendono il ritratto e il paesaggio, i disegni e le macchine, l’arte della guerra e la meditazione religiosa, sempre alla ricerca dell’assoluto del sapere.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login