Felice Orrigoni (Varese 1817-Milano 1865), il noto patriota varesino, scrive una lunga lettera all’amico Garibaldi ove si legge fra l’altro:
“Genova, 18 gennaio ‘61 Caro Garibaldi, Come ti scrissi l’altro giorno devo ricevere da Londra una casa in ferro, che non abbisognando perché imbarcato incaricai Caprile del trasbordo, e dell’invio appena giunge. Servitene alla meglio, ed in caso ci fossero spese pel diritto doganale d’introduzione, fammele conoscere, che ti spedirò subito il montante…”.Seguono altre lettere che aggiornano sulla spedizione della casetta; l’ultima conferma che:
“Torino, 5 marzo ’61 Caro Generale, Due parole per farti sapere che la casa non arrivò che il 27 per cui non la potei spedire con Menotti. Dimani vado a Genova a sollocitarne l’invio. Ti raccomando di conservare le casse poiché in caso che ti vendessero colla Sardegna anche Caprera ci servirebbero per trasportare altrove la casa. Bada che c’è pure una cassa contenente tutti gli utensili da Falegname, pensaci tu pei diritti il meglio sarebbe di non pagarne, le casse sono 38. Ho visto il tuo ritratto e quella di Tita da Zucali e mi piacquero tanto. Salutami tutti scrivimi a Varese dove ritorno e credimi. Tutto tuo Felice Orrigoni”.Da notare che Orrigoni è uno dei pochissimi che si rivolge con il “tu” a Garibaldi. La “casa di ferro” è un prefabbricato, realizzato in legno rivestito all’esterno in lamiera metallica in stile inglese, raro esempio di casa prefabbricata. Felice Orrigoni, l’aveva acquistata a Londra nel 1861, ove si era recato per acquistare dei fucili per Garibaldi, e fu spedita a Caprera in 38 casse, compresa quella con gli utensili per la costruzione. Era stata destinata dal Generale a ospitare i visitatori, a segreteria e infine a biblioteca.
Alla morte dell’eroe, il primo inventario dei libri di Garibaldi a Caprera venne redatto dal notaio Raimondo Altea che ne contava 3.866. Nel 1933, la Marina militare che aveva la tutela del compendio, ne riscontrò 4.499 in quanto la famiglia ne aveva aggiunti nel frattempo altri.
Nel 1959, dopo la morte della figlia Clelia, il loro numero si ridusse per il fatto che la stessa Clelia donò alla propria governante un congruo numero dei predetti libri. La governante ne vendette prima 670 alla Biblioteca Labronica di Livorno poi, alla stessa Biblioteca, fece dono di altri 530.
I quattro vani della “Casa di ferro” presentano l’arredo della biblioteca e accolgono anche la documentazione nella quale sono testimoniati momenti particolari e rapporti di Garibaldi con amici e ammiratori, oltre a carteggi tenuti dalla famiglia sino alla morte di Clelia.
Tiziana Olivari ha catalogato recentemente i volumi antecedenti il giugno 1882, data di morte di Garibaldi, tra essi troviamo alcuni che riguardano Varese:
- Brambilla Luigi, Guida al santuario della Madonna del Monte sopra Varese: illustrata con sei fotografie, Varese, Tipografia Galli Eugenio, 1877;
- Contini Pasquale, Nuova raccolta di poesie morali e civili ad uso delle scuole e delle famiglie italiane, Milano, Stabilimento tipografico ditta Giacomo Agnelli 1866, intonso, con la dedica autografa “All’illustre generale Giuseppe Garibaldi cittadino ed idolo dei due mondi in argomento di memoria, di reverenza e d’affetto l’autore. Como gennajo 1867”;
- De Vincenti Francesco, Delle elezioni politiche/per l’avvocato Francesco De Vincenti, 1865, 5 Milano, Tipografia del patronato, con dedica manoscritta “Al Generale Giuseppe Garibaldi”;
- De Vincenti Francesco, Illusioni e realtà / per l’avvocato Francesco De Vincenti, sindaco di Lozza, ( Varese, Tip. Carughi e C.), 1864, 2 copie;
- De Vincenti Francesco, I napoleonidi e l’Italia / per l’avvocato Francesco De Vincenti, 1864, ( Varese, Tip. Carughi e C.) 2 copie, con dedica a stampa “All’eroe nizzardo del popolo e dell’onesto partito d’azione capitano eletto nella santa alleanza sgomento per tutto l’orbe civile simbolo di fede e di speranza per l’Italia ricordo di gloria e grandezza l’autore umilia”;
- De Vincenti Francesco, Preoccupazioni finanziarie / per l’avvocato Francesco De Vincenti, Milano, Tipografia del P.I. di patronato, 1866.
L’avvocato De Vincenti fu sindaco di Lozza per cinque anni, e fu rimosso dalla carica di sindaco il 22 gennaio 1866 su proposta del ministro segretario di Stato per gli affari dell’Interno dopo una lunga diatriba con il parroco don Ambrogio Frontini che era anche appaltatore della manutenzione delle strade comunali; su questa vicenda il De Vincenti pubblicò anche il volume “La rimozione del sindaco di Lozza”.
Tutta la vicenda è narrata nel volume di Egidio Gianazza, Lozza: vicende storiche di una comunità, volume 1°, s.l., 1985.
La personalità di De Vincenti andrebbe approfondita soprattutto studiando i diversi volumi pubblicati: politica italiana ed estera, Napoleone, argomenti finanziari e altro ancora.
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