Tempo fa, non molto, possiamo parlare di alcune settimane, mi venne chiesto di segnalare il nome di una donna distintasi in attività che avessero ricadute di un certo profilo nell’ambito della nostra comunità.
In quell’occasione mi fu possibile rilevare che a livello istituzionale c’erano state alcune segnalazioni di concittadine meritevoli di attenzione particolare, tuttavia si è rimasti nemmeno nell’ordine di grandezza di una ronda.
La città non ha coinvolto adeguatamente le donne o la Varese al femminile non è stata presa in considerazione per scarsità di requisiti?
Anche nell’occasione della più recente ricerca di bosine doc da parte di benemeriti della cultura alla fine come celebrazione non si è andati oltre una rinfrescatina a un giardinetto già dedicato alla scrittrice Liala. Pochi giorni dopo accadeva però che, per iniziativa privata, all’aeroporto di Calcinate gli appassionati di volo a vela potessero ammirare una statua di Adele Mazzucchelli Orsi, principessa delle nuvole, collezionista di primati e vittorie.
La Martinella a Luigi Zanzi è stata l’ultima di un lungo elenco di varesini eccellenti meritevoli del ringraziamento di Palazzo Estense ai suoi figli, ma in più di venti edizioni la campana ha suonato per una sola donna, Daniela Colonna Preti, presidente della Polha, associazione che segue i disabili nelle attività sportive.
Credo che valga la pena di riflettere su questa disattenzione istituzionale e del territorio e di pensare a un osservatorio cittadino costituito e organizzato a cura dell’assessorato alla cultura che ogni anno segnali al sindaco e alla giunta attività e benemerenze di donne impegnate in attività a favore della comunità. Diversamente la città magari un giorno si ritroverà a dedicare una strada o una piazza a una donna che a Varese è nata ma poi i traguardi li ha raggiunti lontano dal Sacro Monte, come è capitato a Felicita Morandi, combattente del Risorgimento, poetessa, scrittrice, educatrice, una pasionaria dell’istruzione e della tutela degli orfani, della formazione professionale. Lavorò nelle istituzioni di parecchie città, persino a Roma. Non ricordo cenni di una sua attività a Varese.
La statua dedicata ad Adele Orsi per certi versi è una sconfitta per Varese e anche per noi giornalisti che quasi sempre dedichiamo la massima attenzione solo agli sport di massa. Ci sono anch’io, anzi sono in prima fila, perché in passato ho collaborato alla ricostruzione della carriera sportiva di Adele Orsi. Mi impressionarono i traguardi raggiunti, il suo riserbo e anche l’essere mamma esigente verso i figli perché la loro famiglia aveva doveri precisi verso quelle degli operai delle loro fabbriche.
Una grande concittadina. Meritava l’attenzione di tutti.
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