Un forte richiamo all’orgoglio nel fare impresa e un clima di fiducia nella prospettive a medio termine dell’economia dopo anni di pesante recessione. Questi i dati di fondo dell’annuale assemblea degli imprenditori varesini che si è svolta all’inizio di giugno, come è ormai tradizione nei saloni di Malpensa Fiere.
Il presidente uscente Giovanni Brugnoli dopo quattro anni di mandato (come suo successore è stato nominato il bustese Riccardo Comerio) ha voluto tracciare quello che potremo chiamare un “bilancio morale” della sua guida. Sono stati anni difficili, complessi, all’interno di una crisi che ha colpito duramente il sistema industriale italiano ed europeo. Ma sono stati anni in cui l’industria varesina ha saputo non solo difendersi, ma anche trovare nuovi obiettivi attraverso le strade dell’innovazione e della cooperazione costruttiva.
In un momento come l’attuale in cui risuonano spesso le sirene del post-industriale, della necessità di superare il tradizionale modello manifatturiero, dell’opportunità di guardare al terziario e ai servizi come nuovi motori dell’economia, è significativo che ci sia stato non solo un forte richiamo, ma un’analisi molto precisa delle potenzialità ancora presenti nell’industria e in particolare della forza ancora presente nel nostro territorio. Brugnoli ha citato le analisi della Fondazione Edison, riprese poi anche dal vice-presidente Marco Fortis, ricerche in cui appare con chiarezza come le province industriali lombarde, con Varese in prima fila, sono a livelli anche superiori rispetto a territori tradizionalmente considerati forti come la Baviera in Germania. “Abbiamo raggiunto risultati – ha sottolineato Brugnoli – che provano non solo la grande tradizione manifatturiera del nostro territorio, ma anche la capacità di cambiare marcia, di abbandonare le vecchie rendite di posizione, di affrontare i mercati con le strade dell’internazionalizzazione e dell’innovazione”.
Tre parole d’ordine sono state ripetute con forza: credibilità, reputazione, autorevolezza, ricordando anche il messaggio del presidente della Repubblica. Sergio Mattarella, all’inizio del suo mandato, aveva infatti elogiato le “imprese, piccole, medie e grandi che, pur tra rilevanti difficoltà, trovano il coraggio di continuare a innovare e a competere sui mercati internazionali e attorno alle quali si deve realizzare una robusta iniziativa di crescita”
Certo, non mancano i problemi. La crisi ha colpito pesantemente: molte imprese hanno dovuto ridimensionare produzione ed occupati. In cinque anni si sono persi quasi quindicimila posti di lavoro; la disoccupazione tocca ancora trentaquattromila persone anche se il tasso di occupazione in provincia è intorno al 65%, ben nove punti più alto della media italiana; le tensioni sul mercato del lavoro sono peraltro attenuate grazie all’ancora forte dinamica del lavoro frontaliero verso il Canton Ticino.
Ma insieme ai problemi non mancano i punti di forza, come il cluster aerospaziale e le iniziative di innovazione realizzate nel settore tessile. E un’enfasi particolare è stata dedicata dal presidente Brugnoli alle iniziative realizzate in stretto coordinamento con l’Università di Castellanza, la Liuc, che è stata creata proprio per iniziativa dell’Unione degli industriali e che realizza, a fianco del compito educativo e formativo, tutta una serie di iniziative legate all’imprenditoria giovanile, all’innovazione manageriale, alla promozione della cultura industriale.
I commenti degli imprenditori e delle autorità presenti all’assemblea hanno rimarcato il fatto che le parole del presidente sono state tutt’altro che di circostanza e hanno saputo esprimere con molta enfasi, ma senza retorica, un sentimento diffuso di volontà operativa e di sostanziale fiducia. I pur piccoli segni di ripresa uniti ad uno scenario favorevole aprono prospettive positive e danno concretezza alle previsioni di superamento della crisi. Siamo tuttavia in un mondo nuovo in cui non valgono gli schemi e le consuetudini del passato: le regole nuove sono la velocità, la connessione, l’innovazione a trecentosessanta gradi. L’industria varesina può ripartire da un modello vincente fatto di buone relazioni tra pubblico e privato, tra imprese e sindacati, tra scuola e lavoro, tra imprenditori e lavoratori. Il “made in Varese” è ancora un modello di successo.
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