Gianfranco Fabi in un suo mirabile scritto su queste pagine, definisce Varese “bella addormentata, immobile sempre eguale a se stessa”. Come dargli torto. Del nostro lago inquinato all’inverosimile si parla e si scrive da oltre mezzo secolo, da quando Giorgio Bocca sulla stampa nazionale ebbe a denunciare che la bella Varese si specchiava nella m…da. Cosi del Sacro Monte, così della viabilità urbana soffocata dentro e fuori il centro cittadino, così delle stazioni ferroviarie. Se ne può parlare sempre, riempire pagine di giornali. Sopratutto nelle settimane estive quando i cronisti hanno poco altro da proporre ai lettori. L’amico Chiericati giustamente scrive di una Varese poco reattiva, disattenta alle vicende pubbliche, distratta. Una distrazione che non hanno certo dimostrato potenti gruppi di interesse promotori di quella cementificazione diffusa ottenuta grazie a scelte urbanistiche operate dapprima da forze politiche forse culturalmente impreparate, non lungimiranti, e poi anche inquinate da malaffare (pensiamo a Tangentopoli, inizio anni Novanta).
Di solito preferisco guardare al futuro ovviamente con gli insegnamenti di un passato che non si cancella, ma non è certo male, una volta tanto, rivolgere un’occhiata allo specchietto retrovisore. Mi piacerebbe farlo, anche con spirito autocritico, insieme ad altri amici ospiti di queste pagine che con me hanno passato brevi o lunghi periodi nel Consiglio Comunale di Varese. Penso a Ovidio Cazzola, a Costante Portatadino, a Giuseppe Terziroli, tra i pochi testimoni e protagonisti di un periodo in cui la città ha avuto una sua radicale trasformazione. Personalmente mi sento una parte di responsabilità nelle scelte urbanistiche anche se dal vertice dei banchi del PCI non ho mai approvato un Piano Regolatore. Sempre all’opposizione con ricchezza di proposte. Forse un rimpianto per non avere avuto la capacità (e i numeri, cioè i rapporti di forza) di convincere le maggioranze del momento a fare meglio.
Indiscutibilmente un buon risultato della prima giunta di centrosinistra, con la presenza dei socialisti, fu quello di avere stroncato le folli volumetrie. Un errore invece l’avere concesso edificabilità diffusa su gran parte del territorio comunale, con la buona intenzione di favorire tanti piccoli proprietari desiderosi di costruirsi la casetta. Su terreni magari avuti in eredità dagli avi, anche se ai margini di boschi in estreme periferie. Risultato: una dissipazione del territorio, ingenti oneri di urbanizzazione, difficoltà di collegamento ai pubblici servizi. Lo specchio (invisibile) di questa situazione, per esempio, era dato dal fatto che oltre il 40% dei varesini abitava in case non collegate direttamente alla rete fognaria!
Intanto Varese aveva esaurito la carica propulsiva del suo passato, ottimo sviluppo economico specie nel settore manifatturiero. Tanti bamboccioni, eredi dei valenti capitani d’industria che hanno dato valore al nostro territorio, hanno preferito ritirarsi, evitare i rischi d’impresa, godersi le rendite finanziarie e la bella vita. Una grande borghesia che rinunciava ad un ruolo sociale.
Il meraviglioso comparto del pellame rappresentato da concerie, calzaturifici, valigerie era agli sgoccioli. Chiudevano bottega, o delocalizzavano oltre i confini comunali, le cartiere Sterzi, i Mulini Marzoli, le carrozzerie industriali, la stessa Aeronautica Macchi, e persino il rinomato settore dolciario della Suchard, Mera e Longhi, Bulgheroni. Enormi aree cittadine rimanevano da recuperare. Come riconvertirle, quale indirizzo dare attraverso i Piani regolatori? Quali “vocazioni” di sviluppo favorire? Nulla. Decenni di piccolo cabotaggio amministrativo, il “benino” del tutto in ordine, salvo qualche punto di risveglio nel costruire nuove scuole nei quartieri per affrontare i bisogni primari dello sviluppo demografico. Nessuna scelta strategica per il futuro. Povertà di idee per le infrastrutture.
I fatti lo dimostrano. Il Corso Europa venne proseguito verso Casbeno, dimezzato, a solo due corsie a dimostrazione che i progetti per raggiungere Masnago e realizzare un anello stradale attorno alla città venivano abbandonati per sempre.
Di costruire una doppia rete di fognature, per acque bianche e nere, per salvare il lago non se ne è parlato più. Tutto affidato al depuratore di Bardello. E le stazioni ferroviarie? Da unificarsi anche funzionalmente creando un sistema di trasporti rapidi con Milano e, perché no, con Malpensa. Ma a Varese si pensa che quello aereo non è un problema nostro: viene venduta, anziché aumentata, la partecipazione azionaria del Comune nella società che gestisce l’aeroporto! Ancora oggi nessuna voce da Varese si alza per denunciare la vergogna dei ritardi per il collegamento ferroviario Lugano – Varese – Malpensa come se il problema debba riguardare unicamente i Comuni di Arcisate e di Induno Olona. Infatti parliamo sempre della Arcisate – Stabio, e mai di Varese – Centro Europa.
Eppure erano tempi in cui le capacità di finanziamento anche di grandi opere pubbliche erano consentite al Comune tramite l’ampio ricorso ai mutui e addirittura tramite l’emissione di prestiti comunali di scopo.
Quando la Lega si affacciò sorprendentemente sulla scena politica era da almeno una decina di anni che il Comune beccheggiava senza porti precisi cui indirizzare la nave. Furono la stanchezza, la speranza di avere davanti una forza politica capace di profondo rinnovamento a concedere ampia fiducia alla Lega? Anche chiudendo un occhio sull’anti-italianismo, i propositi di secessione, il padanesimo e beceri atteggiamenti folcloristici? È certo che in un errore di giudizio sono caduti, per più o meno breve tempo, non solo parti della sinistra ma pure illustri cittadini non legati ad alcun partito. Persone come i professori Luigi Zanzi, Giuseppe Armocida, Francesco Ogliari, il pittore Enrico Baj, mossi da disinteressata passione civica hanno accettato anche incarichi esecutivi in Giunte Comunali leghiste sinceramente convinti di poter dare un contributo di rinnovamento profondo della vita varesina. Se ne sono andati. Presto, scoprendo il grande inganno.
Sono rimasti a gestire il nulla i Fassa, i Fumagalli, i Fontana. Senza voli, senza colpi d’ala. Anzi, procurando seri danni alla città come l’aver permesso la costruzione del nuovo Ospedale nei sedimi di quello vecchio anziché nelle libere aree di Bizzozero. E pure concedendo l’ampliamento assurdo e costoso dell’Ospedale Del Ponte nella congestionata sede di Giubiano anziché negli spazi del vecchio Ospedale di Circolo.
Per il primo quinquennio di sua gestione il Sindaco Fontana non può invocare alcun patto di stabilità. Non ha alibi. Ora dopo nove anni, avviandosi alla fine del mandato, fa interviste e ci promette la presentazione di tanti progetti, per lo meno le solite opere. Progetti… Di fatto garantisce solo un ampio piano di asfaltatura delle strade finanziato vendendo gli ultimi gioielli di famiglia, gli utili accumulati da numerosi anni di buona gestione di servizi pubblici da parte dell’ASPEM poi trasformati in azioni dell’A2A.
Sicuramente Fontana, la Lega e i sempre rimorchiati forzisti ci lasciano un Piano di Governo del territorio nato dopo sette anni di travagliata gestazione privo di indirizzi, privo di idee per il futuro della città.
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