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Società

IL MISTERO DEL BENE

DINO AZZALIN - 29/05/2015

I premiati del Cesvov

I premiati del Cesvov

Di certo fa meno notizia un premio sul volontariato invece del più astruso, dei più inutili e variabili accordi tra i partiti del più sperduto paesello della Penisola. Il bene viene sempre messo da una parte così come la cultura, qualcosa sempre da lasciare ad altri. Conta solo politica coi suoi proclami, le sue alleanze, e i grandi economisti che, con le famigerate agenzie di rating hanno polverizzato le economie del pianeta riducendo alla fame un terzo dei suoi abitanti. Molti più di quelli che lo erano già a sud del mondo.

Oltre al politico di turno, sui giornali o negli insopportabili talk televisivi fanno più notizia infatti uno sgozzamento, uno stupro, un efferato delitto, una poltiglia di sangue e intrighi… Ma non le cose che valgono molto di più per il valore civico e la crescita di un popolo. Il mondo per quanto sia ormai diventato un imbuto fatale anche per l’uomo, comunica in modo globalizzato questa sorta di incomunicabilità dei valori, con la circolazione delle idee che non è la stessa della circolazione degli uomini e che non è neanche auspicabile in un momento in cui il mondo degli uomini non è più lo stesso di quello inventato da Dio. Perché la bellezza e il rispetto dell’altro non sono al primo posto nella scala valori della vita, anzi è esattamente il contrario. E la spregiudicata arbitrarietà dell’uomo ha reso ancor più schiavi gli esseri viventi degli ebrei nell’antico Egitto. Ha dato loro tutto e di più, ma li ha privati di due grandi cose: la libertà e l’eguaglianza. Gli odi razziali e religiosi hanno distrutto metà del pianeta, bombe “intelligenti” e la scelleratezza di uomini ciechi distruggono i patrimoni dell’umanità in nome di un dio invisibile e improbabile. E se nei secoli scorsi non esistevano né i diritti civili, né quelli umani, parole di cui oggi si fanno vanto tutte le nazioni del mondo, oggi si respingono i derelitti alle frontiere in fuga dalle povertà e dalle guerre, ma i sogni e la speranza, abitano lo stesso sangue e non fanno differenza di religione, di età o di razza o di confini. Le vere barriere sono dentro di noi, le più difficile da valicare e non quelle tracciate su mappe geografiche.

Un tempo anche chi non aveva la possibilità di viaggiare, come il movimento hippy, aveva uno spirito libero, seguiva l’avventura, la cultura, i costumi di un popolo, ed erano chiamati straccioni, capelloni, perché non arricchivano i tour operators, ora invece, come in pericolo ci si nasconde in hotel di lusso o in pezzi di natura splendida saccheggiata da villaggi esclusivi, e soprattutto ignorando che fuori c’è l’inferno della fame e delle diseguaglianze sociali.

Ma è comunque il bene ostinato, a dirla con Paolo Rumiz, a fare la differenza, la solidarietà, la bellezza, perché una ricchezza materiale se non è accompagnata da una crescita interiore porta al fallimento della esistenza stessa.

Mai come negli anni della crisi economica abbiamo visto un consumo degli psicofarmaci così elevato, crescono gli antidepressivi e ansiolitici bevuti nel mondo occidentale. Solo negli Stati Uniti in dieci anni le vendite sono triplicate. È boom di casi di depressione diagnosticati che potrebbero, in parte, essere il risultato di un’eccessiva medicalizzazione del sano “sintomo tristezza” e di criteri diagnostici ancora dubbi, quindi un eccesso di diagnosi e cure. Nostalgia, senso di inadeguatezza, tristezza, malinconia, non coincidono sempre con una malattia.

Secondo gli esperti molti di quei casi bollati come depressione potrebbero in realtà essere non altro che condizioni momentanee di pessimismo dovute a situazioni economiche o affettive critiche o all’indole individuale. Ma che vengano negli slum, dove si lotta per un pezzo di pane o vengano nelle grandi metropoli africane perché capiscano che la vera malattia è la fame…

L’uomo moderno è diventato triste, colpa della crisi economica, del clima o dei governi, l’uomo è diventato più fragile perché non accetta la sua mortalità, e a dispetto di una natura che nonostante i dispetti dell’uomo, resta per l’eternità. E questo lo rende vulnerabile e malinconico.

In Italia oltre sei milioni soffrono di problemi psichiatrici. Fra loro in molti sono afflitti dal “male di vivere”. Solo negli Stati Uniti dal 2007 al 2014 sono triplicati i casi trattati e cosi l’uso di antidepressivi. Secondo i dati Osmed in Italia il 12% della spesa farmaceutica riguarda antidepressivi e ansiolitici. E non mancano gli allarmi per il futuro: l’Oms infatti prevede che la depressione sarà nel 2020 la seconda causa di disabilità dopo le malattie cardiovascolari. E al 2020 mancano solo quattro anni!

Mi rendo conto di quanto sia difficile spiegare a un bambino di un anno come si fa a camminare o a un analfabeta imparare a parlare o a scrivere. Certo è che le occasioni per imparare a vivere ciascuno di noi le ha sotto mano tutti i giorni. Ma per stare bene basta ancora meno, un buon libro, una buona azione, un buon bicchiere di vino con un amico triste, un sorriso, una gentilezza o un fiore inatteso, l’ascolto di una voce che credevi perduta, possono bastare a cambiare l’esito di una giornata negativa.

Qualche sera fa ero in un noto bar del centro Varese con Claudio il mio amico giornalista e ci siamo imbattuti in un venditore di rose del Bangladesh come ormai a centinaia “affliggono” le vie o i ristoranti più frequentati, e mi regala due rose solo perché non lo avevamo cacciato, anzi ci siamo messi a parlare con lui. Io le ho portate a mia moglie e a mio figlio e ho avuto in cambio una serata piacevole con le persone che amo di più al mondo.

Qualche giorno dopo incontro Alì, il venditore di rose, che ha il mal di denti; lo invito nello studio, mi prodigo per guarirlo e al momento di pagare, io gli dico che lui mi aveva regalato una parte del suo lavoro e io gli donavo una parte del mio. Commosso si è messo a baciarmi le mani…

Ma la cosa non è finita, qualche sera fa ho accompagnato da mia moglie in un ristorante dove non andavo da anni, in un convivio di vecchi amici del Telefono Amico, mi si ripresenta ancora Alì, e lui rimane stupefatto nel vedermi. Mortificato per non avere rose per tutti, sparisce. Ricompare tra la sorpresa di tutti dopo mezz’ora, con un enorme mazzo di rose tra le mani, completa il giro dei tavoli e lascia il resto dei fiori nelle mani di mia moglie lasciando tutti senza parole. Senza chiedere nulla in cambio.

Ecco il mistero del bene, che ti lascia sempre a bocca aperta, ed è l’esempio di un bene spicciolo, con il senso profondo della gratitudine e della reciprocità. Ecco come il mondo può cambiare senza fare grandi cose, ma farne tante anche se piccole e osservarle con la lente d’ingrandimento per farle sembrare più grandi.

E così appena rientrato da un viaggio in Africa, nella Tanzania, mi sento rinascere di una nuova vita, e immagazzino una nuova e segreta forma di felicità. È vero, tutto questo per dire che ho ricevuto un premio dal Cesvov (Centro servizi per il volontariato della provincia di Varese), davvero inatteso e immeritato, che si chiama “Il sole d’Oro” Edizione XVI, ma non è questa la notizia, eravamo in dieci a essere premiati e solo due di Varese, l’altro era Ferruccio Zuccaro arzillo e intelligente avvocato novantenne, e neanche questa è una notizia, e c’era la mia famiglia, i miei fratelli, mio cognato, i miei nipoti, mio figlio, mia moglie, ma anche questa non è la notizia, la notizia vera è quella che è un premio sul volontariato e il Salone estense era gremito come non ho mai visto in nessuna riunione consigliare o partitica. Questa è la vera notizia. La vera rivoluzione sociale.

Il volontariato non ha età, offre una possibilità a tutti, insegna e “arricchisce”, ciascuno ne è protagonista, chi si offre e chi riceve si congiunge nell’arcobaleno ideale del dono, e può dare quello che può e quello che vuole, tutto il resto è luce. Sarebbe bello insegnare nelle scuole di ogni ordine e grado a occuparsi dell’altro, meglio se ultimo e indifeso, in forma del tutto disinteressata e gratuita, questa è la vera via alla felicità che ci abitua a non aver paura dei nostri simili come spesso accade.

Il razzismo nasce quasi sempre dall’ignoranza e dal panico che un diverso può suscitare. Luis Sepulveda, scrittore di rinomanza mondiale, in una recente conferenza a Luino, ha detto “abbiate care la diversità e l’amicizia perché sono quelle che ci insegnano più di tutte a sovvertire le abitudini e ci rivelano una nuova autentica bellezza”. Sì perché a volte è più preziosa e più sacra una mano che aiuta, di una bocca che prega.

E, certo, ho avuto anch’io i miei momenti bui e difficili, ma non ho mai fatto uso di psicofarmaci, né vanno demonizzati. Conoscere il male è una grande occasione per essere migliori. E a modo mio, emozionato come pochi, mi sono congedato dai presenti del Salone estense, dicendo che di fronte ai poveri bisognerebbe inginocchiarsi, perché non sono mai quelli che chiedono la carità agli angoli dei semafori o sul corso a mano tesa, perché i veri poveri non ne hanno la forza e sono coloro i quali che più soffrono, o quelli che non hanno un rubinetto da cui bere, o un abbraccio su cui contare. E ho citato Madre Teresa di Calcutta: “Quando sono affamato, Signore, mandami qualcuno da sfamare, e quando sono assetato mandami qualcuno da dissetare, e quando sono disperata, Signore, mandami qualcuno da consolare”.

E parafrasando Gabriele d’Annunzio, poeta complesso e multiforme, faccio mia la sua frase che amo di più: “Io ho quel che ho donato”, che cambio spesso in: “Io sono quel che ho donato”.

E cosa dovrei dirvi di più? Grazie: credete a quello che dico, è tutto vero!

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