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Editoriale

EUROPA

GIUSEPPE ADAMOLI - 29/05/2015

Mare-NostrumEuropa mai così vicina e mai così lontana. Tutte le decisioni dei governi del continente sono condizionate dal quadro europeo. Tutti i dati economici e sociali dei singoli Paesi sono comparati con quelli dell’Unione nel suo complesso: PIL, disoccupazione, consumi, esportazioni. Eppure così lontana, se è vero che sono sempre di più i cittadini che la sentono come un corpo politico-burocratico distaccato dai bisogni veri delle comunità. È certamente il momento peggiore per l’Europa a ventotto nazioni.
La responsabilità preminente è della crisi economica e sociale che dura da sette anni e di cui forse solo adesso si intravvede l’uscita. L’Europa ha il passo più lento rispetto ad altri grandi Paesi (USA, Cina, Brasile, India) e fatica a prendere decisioni politiche che non abbiano a che vedere con la finanza pubblica, decisioni della massima importanza ma che da sole non bastano ad alimentare il senso di appartenenza dei cittadini.
Un campo in cui si misurano tutte le crescenti difficoltà europee (non è il solo) è quello dell’immigrazione dall’Africa e dal Medio Oriente. È certamente l’argomento che suscita i maggiori timori in Italia e in almeno due terzi dell’Unione. Il dibattito politico sui media non aiuta affatto a dissipare la diffidenza.
Alcuni dati servono a spiegare la reale situazione. Secondo le Nazioni Unite i migranti (3% della popolazione mondiale) sono in aumento costante dal 1990. Quelli arrivati in Italia nei primi quattro mesi di quest’anno sono poco meno di quelli arrivati nello stesso periodo del 2014 (26.165 contro 26.664). Dopo la fine del programma di Mare Nostrum (novembre 2014) sono però terribilmente aumentate le morti in mare: nei primi quattro mesi circa 1.700 mentre la stima per lo stesso periodo del 2014 è solo di circa cento (molte di più erano state durante i mesi estivi). Una gigantesca crisi umanitaria.
Si poteva andare orgogliosi di Mare Nostrum, ma costava troppo per il bilancio italiano. Una volta che l’Europa ha preso in carica il programma di pattugliamento e salvataggio, i costi dell’operazione (ridimensionata) sono diminuiti ma gli effetti sono stati disastrosi. Un paradosso da risolvere rapidamente.
Oggi si parla di altre iniziative europee sotto l’egida dell’ONU. Affondare i barconi prima che partano dalla Libia o da altre coste? Benissimo se ci spiegano come e da quando. Altri due dati sono molto rilevanti. Non è il mare la principale via d’ingresso per i migranti in Europa. La maggior parte avviene via terra grazie a un regolare visto turistico. Secondo Frontex tra gennaio ed aprile sono entrati in Europa 40.000 migranti irregolari soltanto attraverso i Balcani.
Oltre alle tradizionali cause di miseria economica si sono aggiunte le catastrofi naturali e le guerre, profughi che richiedono asilo politico soprattutto dalla Siria. Nel 2014 l’Unione europea ha concesso asilo a 163.000 persone di cui 41.000 la Germania, 31.000 la Svezia, 21.000 l’Italia.
Siamo di fronte ad un fenomeno epocale, strutturale e di lunghissima durata che può essere affrontato solo da un’Europa forte e unita con l’aiuto delle organizzazioni mondiali. Lavorare con dei progetti di sviluppo realistici e concreti in Africa e in Medio Oriente è essenziale. Dalla loro riuscita dipenderà il sentimento europeista di molti europei. Immiserire questa discussione dentro la propaganda politica nostrana è da sciagurati.

 

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