Lo Spirito Santo, il Dio dell’Amore, sconosciuto eppure presente nella nostra vita, attivo nell’opera della creazione e della redenzione, continua ogni giorno l’opera della “nuova creazione”, chiamando ogni uomo, nella sua storia personale, alla salvezza, alla felicità, alla pace.
La missione – “massima sfida” per la Chiesa – affidata dal Risorto ai suoi apostoli, consiste nella remissione dei peccati, grazie alla quale i cuori impauriti diventano lieti, liberi, ardenti…
Recare ad ogni uomo l’annuncio della riconciliazione è la consegna urgente del Signore risorto, che col dono del dolce soffio dello Spirito, fa di noi i testimoni della pace, i missionari della gioia evangelica.
Nella sua enciclica Evangelii Gaudium Papa Francesco precisa che la causa missionaria è la ragione della missione della Chiesa, che ha nello Spirito Santo il suo architetto, la sua anima e il suo agente.
Non c’è maggior libertà che quella di lasciarsi portare dallo Spirito, rinunciando a calcolare e a controllare tutto, e permettere che Egli ci illumini, ci guidi, ci orienti, ci spinga dove Lui desidera. Egli sa bene ciò di cui c’è bisogno in ogni epoca e in ogni momento.
Apriamoci allora, senza paura, all’azione dello Spirito, disponibili a “lasciarci fare” da lui più che preoccupati di “fare” noi, perché così ci libera da rimanere centrati in noi stessi e ci espone nella missione verso gli altri.
San Giovanni XXIII, nel memorabile discorso di apertura del Concilio Vaticano II, diceva le ragioni della sua gioia e della sua fiducia, auspicando un atteggiamento di grande docilità a ciò che lo Spirito dice alla Chiesa: «È evidente come non mai che la verità del Signore rimane in eterno. Vediamo infatti, nel succedersi di un’età all’altra, che le incerte opinioni degli uomini si contrastano a vicenda e spesso gli errori svaniscono appena sorti, come nebbia dissipata dal sole. Non c’è nessun tempo in cui la Chiesa non si sia opposta a questi errori; spesso li ha anche condannati, e talvolta con la massima severità. Quanto al tempo presente, la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore; pensa che si debba andare incontro alle necessità odierne, esponendo più chiaramente il valore del suo insegnamento piuttosto che condannando» (Gaudet Mater Ecclesia – 11 ottobre 1962).
Lo Spirito, infatti, apre gli occhi della fede educando ad una lettura contemplativa della Parola di Dio, e profonda del vissuto umano. Serve – e quanto, anche oggi – uno sguardo positivo e cordiale, aperto alla speranza, capace di non cedere al pessimismo, al fatalismo, alla sfiducia. Uno sguardo conviviale, che riconosce la luce della grazia in mezzo all’oscurità dei peccati, discerne la verità eterna anche fra gli errori del secolo presente, apprezza i doni di ciascuno coordinandoli in vista dell’utilità comune.
L’annuncio della conversione e del perdono dei peccati va dato anzitutto con la testimonianza di una vita convertita e perdonata. Lo dice di sé monsignor Monari: “Non sono un buon cristiano; ma l’appartenere alla Chiesa non mi ha reso falso o ambiguo, anzi mi ha sempre aiutato a diventare più sincero e più autentico. Posso attribuire a me dei peccati; ma riconosco alla Chiesa il dono santo di Cristo e del Vangelo. Mi vergognerò dei miei peccati; ma non avrò mai da vergognarmi degli insegnamenti del Vangelo”.
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