“La dolcezza dello sguardo [di Maria] ci accompagni perché tutti possiamo riscoprire la gioia della tenerezza di Dio” (Francesco, Misericordiae vultus, 24). Queste parole del Papa contenute nella Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia ci toccano fin d’ora il cuore amplificando quel desiderio di dolcezza, gioia e tenerezza che sembra essere tanto deriso dalle atrocità ogni giorno compiute nel nostro mondo. C’è uno sguardo dolce che a tutti si rivolge: lo sguardo di Maria. È la dolcezza di una madre che custodisce il segreto della storia, il segreto di una madre che comunque ama, che non può non amare, il cui amore indomito comunque ha vinto. Anche se fosse rifiutato o dimenticato rimane porto accogliente per chiunque ritorna a casa. E il segreto di ogni madre e di ogni amore invitto è uno sguardo accolto nell’umile cuore di serva, di una donna al servizio della vita: Ha guardato l’umiltà della sua serva… grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente. Maria, custode dello sguardo di Dio che dà vita ad ogni uomo, custode dello sguardo di Dio sulla vita di ogni uomo, è umile serva di Dio e della nostra vita redenta (la grande cosa che ancora e sempre fa in Lei, nella Chiesa, l’onnipotenza di Dio). Ecco, Maria, la Chiesa, indomita, ama ogni uomo e ciascuno guarda con infinita dolcezza.
C’è una gioia da riscoprire, e la missione della Chiesa è “precisamente di ritrovare la fonte delle gioie perdute” (Bernanos, Diario di un curato di campagna). È la gioia che fece sussultare Giovanni nel grembo di sua madre al saluto di Maria, la gioia che accompagna ogni vita che nasce, la gioia custodita dalla tenerezza che riconosce la sacralità di ogni esistenza e fa sorgere un sole dall’alto per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace (cfr. Luca 1, 78 – 79). Sì, domandiamo la tenerezza che sappia giungere in ogni angolo di tenebra ed aprire la via della pace. Nelle tenebre del Calvario Maria stava, impotente custode della vita del Figlio e ancora madre per quella fecondità domandatale nell’agonia dal Figlio. Alla maternità, avvolta dalle tenebre, fu richiesta una nuova tenerezza custode della vita e della testimonianza del discepolo amato. Osiamo pensare che senza questa custodia che dice ad ogni respiro l’impossibile possibile a Dio, noi, con Giovanni, non potremmo accogliere la pace del Risorto. Saremmo come Tommaso, increduli e sfiduciati, vaganti lontano dalla casa della comunione, o come i due di Emmaus sconvolti, ottusi e con il cuore insensibile per il troppo dolore. Maria, la madre, ci custodisce così come siamo nella stanza al piano superiore, luogo di partenza di quella via di pace aperta dal Crocifisso risorto attraverso le tenebre del mondo. A lei ci rivolgiamo quando sfiduciati non comprendiamo il braccio di Dio che agisce nella storia. Lei preghiamo quando il nostro cuore è troppo gonfio per dire l’umile sì dei servi. Così ci farà scoprire la gioia della tenerezza di Dio che ha colmato il suo cuore, una povera gioia che sa accogliere il dolore, una gioia viva, piccola fiamma che brucia nelle tenebre fino a quando giungerà il giorno nuovo senza più notte.
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