Per semplificare al massimo, distinguiamo tre fasi.
Primo: la preparazione. Prima di recarti dal sacerdote per la tua confessione individuale, scegli un testo della Bibbia (dell’Antico o del Nuovo Testamento) e prenditi tutto il tempo per ascoltare Dio.
Il testo può essere tratto dalla liturgia del giorno o della domenica precedente; ma ci si può rifare a pagine scolpite nella memoria personale, o a chiari riferimenti all’esperienza che si sta vivendo… Interessanti possono essere – ad esempio – le parabole della misericordia, il messaggio delle beatitudini, la passione del Signore…
Letto con attenzione il brano, prova a rivedere la tua vita spirituale, personale, familiare, professionale, sociale, ecclesiale, alla luce della Parola.
Secondo: il colloquio penitenziale. Ci si può presentare in modo semplice e veloce al sacerdote (facendo riferimento alla situazione familiare, all’impegno nella comunità, alla condizione lavorativa, e indicando il tempo dall’ultima confessione). Il segno di croce e un saluto liturgico del ministro della grazia danno inizio alla celebrazione del sacramento.
Si confessa, anzitutto, la propria fede: ecco perché è bene iniziare ringraziando Dio per tutto ciò che ha fatto nella nostra vita, e poi descrivere ciò che ci allontana da lui. A partire dall’analisi e dall’accusa formulata, il sacerdote aiuterà a trovare come valorizzare la misericordia di Dio per superare quegli ostacoli che ci hanno separato da lui e dagli altri.
Si può cercare insieme un impegno di conversione o di penitenza (che potrà essere una preghiera particolare, qualche scelta di rinuncia, una iniziativa di solidarietà personale o comunitaria…).
L’atto di dolore può essere espresso in varie forme: al di là di quelle tradizionali, tipiche del proprio territorio di provenienza, il nuovo rituale ne indica parecchie tra cui scegliere. In molte chiese un apposito cartoncino ne presenta qualcuna, semplice e breve, ispirata a testi biblici, scritta in modo leggibile da tutti.
L’assoluzione è il momento in cui il sacerdote stende le mani sul capo e pronuncia le parole di rito, che si concludono con la formula: “Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. L’”Amen” dice l’assenso della fede, la coscienza del dono ricevuto, l’assunzione di responsabilità per una vita nuova. Il segno della croce che lo accompagna è “una sintesi tangibile della nostra fede. Si inizia dall’alto – dalla fronte – poiché tutto comincia dall’alto, con il Padre che è la sorgente della vita. Poi si passa al cuore; Dio scende dal cielo e diventa essere umano con Gesù, il Cristo che vive nei nostri cuori. La linea verticale discendente esprime l’incarnazione. Poi si va dalla spalla sinistra alla destra. È lo Spirito Santo a congiungere e unificare tutto. Dio è presente e agisce nel mondo dei nostri incontri e rapporti orizzontali tramite lo Spirito” (Wilfrid Stinissen).
Terzo: il ringraziamento. Chi ha sperimentato la grazia della misericordia che cancella tutti peccati di cui ci siamo sinceramente pentiti, rende grazie sostando in preghiera personale e poi rientra nella vita di tutti i giorni pronto e deciso a percorrere lo stile indicato nel Vangelo, e si dispone a partecipare a tutti il dono che ha ricevuto, offrendo a sua volta accoglienza, ascolto, perdono e aiuto a chi incontra e ne ha bisogno.
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