Crediamo che nessun capo di Stato al mondo, del passato e del presente, sia mai stato protetto meglio dei presidenti degli Stati Uniti, una protezione che fonda su di un’organizzazione che prende in considerazione ogni tipo di minaccia, dalla più semplice alla più tecnologica, prevedendo addirittura quelle metafisiche come i riti del voodoo. Insomma intorno al presidente v’è un’impenetrabile cortina di uomini e di sofisticata tecnologia. Ebbene, in Iraq il 14 dicembre del 2008, questa perfetta macchina fu messa in crisi da un giornalista locale, Muntazar al-Zaidi che, durante una conferenza stampa, in segno di disprezzo, si sfilò le scarpe e le lanciò contro il presidente George W. Bush che stava parlando contornato come il solito dagli uomini del suo servizio di sicurezza che avevano già “bonificato” l’ambiente. Almeno così pensavano.
Sempre in Iraq, agli inizi dell’invasione per eliminare Saddam Hussein, i super tecnologici marines americani ebbero moltissime perdite causate da bombe di mortai che essi non riuscivano a localizzare nonostante l’ottima copertura dall’alto fornita dagli elicotteri. E ciò per una ragione semplice: i guerriglieri sparavano con dei mortai (che, in fondo, sono semplici tubi basati su piastre di ferro) collocati su dei carretti tirati da sbilenchi asinelli e che, dopo aver lanciato due, tre bombe, venivano nascosti sotto la paglia dei carretti che dirigevano rapidamente verso una vicina stalla. Come dire che in ambedue le circostanze i cyber professionisti della forza americani, abituati a utilizzare una tecnologia da “guerre stellari”, si fecero trovare impreparati da un atto e da una tattica che siccome risalenti alle gesta di disprezzo ed alle guerre narrate dalla Bibbia, essi non erano stati in grado neppure di immaginare. Tutto ciò per dire che, secondo noi, la prima difesa contro il terrorismo non deve essere di tipo militare classico o tecnologico, ma mentale e cioè deve saper penetrare le dinamiche intellettuali di chi si ritiene possa attentare alla nostra sicurezza, curando di conoscere almeno i fondamenti delle sue tradizioni etiche e religiose perché sono esse, in definitiva, a fornirgli motivazioni e “metodologie”.
Siamo partiti da episodi che seppur lontani dalla Lombardia geograficamente, serviranno a dare l’idea di ciò che andremo a sostenere per quanto attiene alle misure di sicurezza messe in atto per Expo 2015 dal governo, al fine di fronteggiare eventuali attentati terroristici che nessuno, ma proprio nessuno, è capace di prevenire in assoluto come abbiamo appena dimostrato. Ebbene, per quanto ne sappiamo oggi, per tutta la durata di Expo saranno impiegati per la sicurezza esterna 1.300 Poliziotti, 700 Carabinieri, 600 uomini dell’Esercito e aliquote dei servizi d’intelligence che si avvarranno dell’ausilio di 2.500 telecamere, per buona parte piazzate nelle stazioni ferroviarie e del metrò, oltre che di 162 tornelli e 108 macchine a raggi x per individuare pacchi esplosivi e per sorvegliare un’area di un milione di metri quadrati compresa tra Milano, Rho e Pero. Di là del fatto che ci inquieti un pochino apprendere che la sicurezza all’interno di Expo sia stata demandata a un consorzio la cui capofila è la stessa società che doveva garantire quella del tribunale di Milano, non ci scandalizziamo nell’apprendere che il tutto costerà diecine di milioni perché dopo l’11 settembre del 2001 garantire la sicurezza ha dei costi molto elevati in ragione del fatto che il terrorismo integralista ha da tempo alzato il tiro e si è “specializzato”, anche se su quest’ultimo aggettivo dobbiamo intenderci un po’ meglio.
La “sicurezza” cui ci riferiamo, infatti, non è di quelle che possiamo trovare nei programmi formativi dell’accademia Militare di Modena, di West Point o della École spéciale militaire de Saint-Cyr, programmi che si riferiscono quasi sempre al terreno dello scontro, cioè a cose che già sappiamo prevedere. E, invece, dovremmo dedicarci maggiormente a studiare ciò che ancora non sappiamo prevedere perché racchiuso nella testa e nel cuore di individui che traggono i loro riferimenti operativi, etici e morali da un libro sacro fermo al settimo secolo dopo Cristo. Ecco perché l’incapacità di retro proiettarsi è, secondo noi, il tallone di Achille dei servizi di sicurezza occidentali, Italia inclusa, che è come dire incapacità, quando occorre, a saper ritornare all’ABC dell’offesa e/o della difesa nello campo della sicurezza.
Probabilmente il complesso apparato messo in piedi per l’Expo milanese si rivelerà ineccepibile (almeno ce lo auguriamo di cuore) anche se il pericolo da fronteggiare, evidentemente, non è nella tecnologia che potrebbero mettere in campo gli eventuali terroristi ma, semmai, in quella mancanza di tecnologia che fa di ognuno di essi un “creativo” e perciò un imprevedibile destroyer.
Sì, perché sulla carta l’organizzazione della sicurezza messa in piedi per tutta la durata di Expo è anch’essa stellare ma l’esposizione si terrà su questa terra, curiamo di non dimenticarlo! Tornelli, raggi x, droni e laser servono a poco contro un terrorismo furbo e primitivo. Se, giusto per fare un esempio, tre individui insospettabili si presentassero ai controlli di sicurezza con in tasca uno delle pasticche di potassio, che è un banale disinfettante, uno con delle tavolette di zolfo, utilizzate per le malattie della pelle dei cani, e un altro con delle pasticche di carbone vegetale usate per assorbire l’aria nella pancia e che si distribuiscono senza ricetta in una qualsiasi farmacia, nessun addetto alla sicurezza si sognerebbe mai di fermarli. Eppure essi avrebbero in tasca gli ingredienti per poter produrre la polvere da sparo in un gabinetto di Expo! Ecco che cosa intendevamo per incapacità di retro proiettarsi dei servizi di sicurezza, limite superabile soltanto con l’arruolamento, anche a contratto, di soggetti di cultura e di religione islamica, gli unici in grado di rapidamente penetrare nella mente di un terrorista appartenente alla loro stessa religione e, in una qualche misura, prevederne/anticiparne le gesta. E non ci risulta che a Milano ciò sia stato fatto. Peraltro, mentre venivano spesi iperboliche cifre per poter garantire la sicurezza intorno ad Expo, il governo nazionale non ha curato di “filtrare” come si doveva, invece, fare le migliaia d’individui provenienti dall’orbe islamico e arrivati in Italia con i noti barconi, individui che, ci piaccia o no, costituiscono un bacino di reclutamento di terroristi che, ove Dio non voglia dovesse accadere, saranno stati portati a compierlo dalle stesse vittime. Anche se qualche sospetto che le cose stiano così deve essere venuto allo stesso premier Renzi che, prima di recarsi alla riunione straordinaria di Bruxelles sull’immigrazione, dove non ha ottenuto niente, ha tenuto a dichiarare che quelli che arrivano con i barconi «… non sono tutti innocenti». Continua la sindrome dissociativa di questo governo in materia di sicurezza!
Comunque, il primo obiettivo di movimenti come quelli dei terroristi d’ispirazione islamica che non si prefiggono scopi militari ma d’intimidazione, non è tanto d’infliggere danni al nemico ma procurarsi la più ampia “visibilità” allo scopo di far proseliti e assicurarsi, così, la beatitudine eterna nell’aldilà e la vendetta nell’aldiquà. Ovviamente per realizzare questi obiettivi un’anonima zona del Varesotto o di qualsiasi parte d’Italia non servirebbe ai loro scopi, una località ricca di simboli, d’istituzioni governative e di monumenti, invece, sì. In questo momento a noi tutti viene da pensare a Milano ma l’Italia è grande: ha ottomila chilometri di coste e delle frontiere che nessuno difende più. Come dire che possiamo stare tutti modicamente tranquilli anche se, come canta il tenore della Turandot di Puccini, è meglio che «… nessun dorma».
You must be logged in to post a comment Login