Il mondo del benessere considera i propri percorsi economici e civili. Expo Milano, si afferma, “…coglie l’urgenza di descrivere e confrontarsi sulla storia dell’Uomo e sulla produzione di cibo, nella sua doppia accezione di valorizzazione delle tradizioni culturali e di ricerca di nuove applicazioni tecnologiche…
Non più solo una vetrina industriale ma soprattutto una tappa del percorso culturale, di crescita e di cambiamento che valorizza l’interazione tra i popoli nel rispetto del Pianeta…”. Obiettivo di Expo è quello di rendere il visitatore attivo, il suo tema è “Nutrire il Pianeta, Energia per la vita”. A noi appaiono aspetti di Expo che il clamore della comunicazione e dell’attesa richiedono qualche necessario approfondimento.
Il tema principale enunciato come viene interpretato? Con un luogo articolato fondato sulla terra e la sua coltivazione per produrre cibo. La complessità del processo di definizione dei contenuti di Expo 2015 credo sia bene espressa da Aldo Bonomi, sociologo. Mentre le Expo del passato volevano celebrare un’idea di progresso e sviluppo economico e sociale che credevamo senza limiti “…oggi il mondo è entrato in una fase storica nella quale al centro è la riflessione sui limiti dello sviluppo. Più che crescita illimitata è la sostenibilità la parola d’ordine. L’Expo di Milano aspira a essere il primo grande evento globale che ragiona di modelli di sviluppo facendo i conti con la scarsità e limitatezza delle risorse alimentari, energetiche, ambientali…”.
Con riferimento all’organizzazione degli accampamenti romani, l’area è impostata su un ‘cardo’ e un ‘decumano’. Al centro la piazza Italia. Circonda l’area un canale che è alimentato con le acque del Villoresi. È stata stabilita una rigorosa scansione in lotti. La concezione originaria ha subito alcune evoluzioni non da tutti condivise.
Si parlava di ‘orto planetario’ con la creazione di un paesaggio che fosse intrinsecamente monumentale, privo di vanità architettoniche. Uno degli elementi centrali era la riconsegna del sito all’uso agricolo. “… Purtroppo – stigmatizza Jaques Herzog, che attualmente sta realizzando per l’esposizione il padiglione Slow Food – non sono stati fatti i passi necessari per incoraggiare i partecipanti ad abbandonare l’idea di progettare il proprio padiglione a favore della presentazione dei loro paesaggi agricoli in strutture semplici fornite dagli organizzatori…”. Le regole poi definite hanno riguardato la dimensione del lotto assegnato ai partecipanti che si affacciano sul ‘decumano’ per venti metri. Il lotto può essere occupato solo per la metà della superficie.
I padiglioni realizzati, oltre cinquanta, devono essere smontabili e recuperabili. Ciascun Paese presente ha interpretato a suo modo l’evento e caratterizzato la propria presenza e il proprio messaggio. Il padiglione Italia stupisce per la complessità del progetto. Si afferma che ha scelto di rappresentare all’Expo “…la forza dei territori di un Paese che non si è affatto arreso alla crisi e che ha molto da dire sul senso del limite e sull’dea di uno sviluppo sostenibile…”. Il progetto del Padiglione Italia è il risultato di un concorso internazionale di progettazione aggiudicato nell’aprile 2013 al progetto di Nemesis e Partners con collaborazioni diverse di strutturisti e impiantisti.
Palazzo Italia è ispirato a una ‘foresta urbana’con un involucro esterno complesso e ramificato.
L’energia di una comunità è rappresentata da una piazza interna. Il percorso di visita inizia da qui. I volumi dell’edificio si allungano verso l’alto dove una grande copertura vetrata molto articolata e complessa protegge la piazza. Si comprende la volontà espressiva di una concezione condivisibile.
Si è un po’ perplessi sulla imponenza dei mezzi adottati per la sua realizzazione.
Sono già arrivate, naturalmente, le delegazioni diei Paesi partecipanti che dovranno gestire il proprio padiglione e trasmetterne il relativo messaggio. Anche nella nostra Provincia sono naturalmente presenti. E le Amministrazioni locali dedicano attenzione all’accoglienza. Dall’area di Expo si ammirano, con le Alpi, le nostre Prealpi. L’Area varesina si sente naturalmente coinvolta per l’ammirazione delle sue bellezze. I laghi e il Sacro Monte in particolare.
Ma ci siamo preparati all’accoglienza? Si sono incontrate le nostre Amministrazioni locali, gli Enti preposti alla gestione e alla valorizzazione del nostro territorio prealpino? L’occasione ci è offerta, la nostra bellezza attende di essere ammirata. Convinta di poter dare il su apporto anche all’economia che la riguarda. Ma i prossimi mesi dovrebbero contare su una minima indispensabile organizzazione. Forse lasciando in secondo piano i ‘bandi’ per piazza della Repubblica.
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